Non c’è forse profumo che, più di ogni altro, è capace di evocare i sapori della tradizione culinaria nostrana: quello del basilico, che cresce rigoglioso al sole del Mediterraneo. E che, invece, a guardare bene le sue origini, di mediterraneo non ha proprio nulla. Quelle amate foglioline che abbiamo sapientemente imparato a sminuzzare per farne il pesto “alla genovese” (secondo condimento più venduto al mondo), appartengono, in realtà, a una pianta indigena originaria del Punjab, in India, poi domesticata in una zona dell’Asia centrale e da lì, attraverso l’Egitto, arrivata fino a noi. E, ancora a proposito di pesto, anche per quanto riguarda i pinoli – altro ingrediente fondamentale della ricetta nella sua versione tradizionale ligure – difficilmente saranno quelli del nostrano Pinus pinea, il vero pino da pinoli, molto diffuso in tutta Italia.
Per quegli strani meccanismi che governano il commercio mondiale, è più facile che oggi, nel condimento che prepariamo noi o acquistiamo già pronto, ci siano piuttosto i pinoli del Pinus koraiensis, il pino coreano, che costano meno e si sono presi grandi fette di mercato nella grande distribuzione (con buona pace dei rispettivi alberi di questa varietà che, invece, per la qualità del loro legname, vengono abbondantemente disboscati illegalmente, soprattutto in Russia).
Questa del basilico è solamente una delle tantissime storie raccontate da Alberto Canu nel suo ultimo libro, Il mondo in un carrello, ma abbastanza significativa dar fornire la chiave di lettura del viaggio intorno al mondo che si dipana pagina dopo pagina in questo saggio ricchissimo di informazioni: la storia di quello che acquistiamo ogni giorno è molto più complessa, e spesso ben diversa, da quella che immaginiamo. Ecco perché conoscerla è il primo passo per imparare a comprare “meglio”.
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