Will Tuttle: “Vegan o antispecismo? No herderismo”
Scrittore, musicista, educatore. È noto in tutto il mondo per il suo bestseller “The World Peace Diet“, volume del 2005 (edito in Italia, col titolo “Cibo per la pace“, dalle Edizioni Sonda) che ha rappresentato un salto di qualità per il veganismo in tutto il mondo. Lui è Will Tuttle, 62enne poliedrico personaggio che con le sue parole è riuscito a dare una marcia in più al movimento vegano e alle sue idee. In una video intervista pubblicata su Youtube dal canale del Progetto Vivere Vegan Onlus, Tuttle afferma: «Sono diventato vegano quando ho saputo dei maltrattamenti sugli animali per produrre cibo e altri prodotti. Allora mi sono reso conto che l’unico motivo per il quale mangiavo carne e latticini era la società in cui sono cresciuto. Finito il college, a 22 anni, ho vissuto con alcune persone che erano vegetariane che mi hanno raccontato le crudeltà subite dagli animali e che usiamo tantissimo grano per nutrire gli animali mentre milioni di persone soffrono la fame. Allora sono diventato vegetariano, mentre cinque anni dopo ho saputo degli abusi compiuti sugli animali per produrre latte e uova e quindi sono diventato vegano. Questo succedeva 35 anni fa e credo che sia stata la scelta migliore che io abbia mai fatto nella mia vita».
L’herderismo di Will Tuttle
Quando gli chiedono se sia meglio parlare di “veganismo” o di “antispecismo”, lui salva entrambe le parole e poi spiega: «Io ne ho creata un’altra, herderismo: l’idea fondamentale è che nasciamo in una società che si organizza intorno a greggi di animali, animali che ci appartengono e che utilizziamo come cibo. In ogni società basata sul mangiare animali e quindi sul commettere violenza sugli animali – dice – ci sarà specismo e uno stile di vita non vegano. Se capiamo questo possiamo anche comprendere che viviamo in una società che si basa sulla violenza endemica». E ancora: «Lo specismo porta al razzismo, al sessismo, al classismo e a tutte le ingiustizie umane che esistono: quando guardiamo un animale vediamo solo un oggetto da usare, stiamo compiendo una violenza e diventa molto facile fare la stessa cosa anche tra di noi. L’idea principale è vedere il veganismo essenzialmente come la definizione data da Ronald Watson nel 1944, ovvero la voglia di minimizzare l’abuso e la crudeltà sugli altri esseri viventi. Credo dunque che il concetto di “herderismo” spieghi l’esistenza di queste parole nate in una società dove esistono greggi controllati. È ora – sostiene Tuttle – di creare una cultura senza greggi, basata sul lavoro della terra, sul prendersi cura degli animali e delle piante e sul vivere una vita interamente vegana, dal cibo a qualsiasi altro prodotto».
Tuttle: “Vegani intolleranti? No, sono consapevoli”
Altro argomento spinoso: i vegani sono intolleranti verso i non vegani? Tuttle risponde da un punto di vista quasi sociologico: «Non credo che siano “tolleranti” o “intolleranti”. Credo che la questione sia di rendere le persone consapevoli. In ogni crimine pubblico che viene commesso partecipano tre ruoli: la vittima, l’autore e colui che assiste, il testimone. Nella situazione attuale abbiamo molte vittime, gli animali; e molti autori, le persone che pagano per avere carne. Autori e vittime sono collegati da una relazione di violenza. Quindi, esattamente come in un episodio di violenza, le vittime sperano che i testimoni dicano qualcosa e che li aiutino. Allo stesso modo noi vegani siamo gli unici che possiamo risolvere questo problema e cercare di ristabilire l’armonia. Credo che noi – insiste – dovremmo imparare a essere capaci ed efficaci nell’aiutare le persone che mangiano cibi di origine animale a interrogarsi su questo comportamento. Questo è l’unico modo per fermare la distruzione del nostro pianeta. La questione quindi è rendere la gente consapevole e aiutarla a scoprire la saggezza e la compassione naturale che abbiamo dentro di noi». Poi aggiunge: «Credo che esista un’idea principale che dobbiamo condividere con i non vegani, ossia che l’unico motivo per cui si mangia cibi animali è che ce lo ha insegnato il sistema culturale in cui viviamo, e che quindi noi stiamo solo eseguendo gli ordini. Noi vegani siamo riusciti a interrogarci e ad allontanarci dalle storie che la società ci ha insegnato. Questa idea è molto importante perché se qualcuno mangia cibi animali non lo fa per volontà propria ma perché sono ordini che sono stati inculcati sin da quando erano bambini e che non sono nel suo interesse. È devastante per noi, per il pianeta, per la popolazione, per gli animali, per le prossime generazioni, per le persone affamate, per i lavoratori nei macelli. Bisogna rendersene conto e portare questa consapevolezza a tutti».
“Mettere in dubbio le storie ufficiali della società”
Come ultimo punto, lancia un messaggio per vegani e non vegani: «Bisogna mettere in dubbio le storie ufficiali della nostra società. Bisogna interrogarsi sulla storia delle proteine, sul fabbisogno di calcio, sulla superiorità degli umani, e imparare a ritrovare saggezza, compassione, il senso di giustizia, gentilezza che tutti portiamo nel cuore, e lasciare che siano questi valori a condurre le nostre azioni. Se riusciamo a farlo e lo facciamo tutti i giorni – conclude – saremo più felici e più sani noi stessi, ma potremmo creare un mondo più felice, sano e sostenibile dove la pace, la libertà e la giustizia potranno finalmente esistere».