Usa: la legge sulle etichette “Allevato umanamente” è una bufala – Video
La realtà degli allevamenti di polli mostra situazioni al limite della decenza, eppure quella carne potrà essere etichettata come “allevata umanamente”…
“Quando arrivi a questo punto, stai soffrendo”. A parlare è Craig Watts, allevatore di polli che vive e lavora a Dillon, nella Carolina del Sud: tiene in mano un pulcino, evidentemente in fin di vita, del suo allevamento ed è di lui che sta parlando. “Questi animali non sono felici, vorrei farli stare all’aperto, ma non posso, il contratto che ho con la Perdue me lo impedisce” spiega alle telecamere di CIWF, l’associazione americana (con sede anche in Italia) che si occupa del tema del benessere degli animali negli allevamenti. Ed è da questo tipo di allevamenti che arriva la carne che, con la nuova legge sulle etichettature in discussione negli Stati Uniti, potrebbe tranquillamente essere etichettata con espressioni come “Allevato in un ambiente confortevole“, basterà che il produttore ne faccia richiesta dando la sua definizione di “ambiente confortevole” alla United States Department of Agriculture, ossia il dipartimento di stato negli USA che si occupa di agricoltura e allevamento.
Il video, girato e diffuso proprio da CIWF, racconta una realtà certamente non singolare: gli allevamenti di pollo negli Stati Uniti sono fra i più numerosi perché è questa la carne più richiesta dal mercato: “In un capannone con 30mila polli è normale che in sei settimane ne muoiano almeno 1000 per ogni lotto, è una perdita accettabile, ma non sono sani, e certamente non sono felici” – continua Watts che è uno dei primi allevatori che ha aperto le porte dei suoi capannoni a CIWF contro il parere della grande azienda Perdue con cui l’allevatore ha un contratto di fornitura. I pulcini che sopravvivono abbastanza da diventare polli, crescono ad una velocità innaturale, tanto da sviluppare un petto talmente grande da non poter essere sorretto dalle zampe “è per questo che stanno praticamente sempre accovacciate a terra, sempre sulle loro feci, sviluppando ferite e infiammazioni molto gravi”.
Insomma, questa etichettatura sembra una “presa in giro ai consumatori” racconta sempre Watts è per questo che ha deciso di parlare, “prendono in giro anche noi allevatori”. Sì, perché il prezzo di una carne “allevata umanamente” è più alto anche se senza nessuna reale giustificazione. La verità, da quello che si può leggere direttamente sulla documentazione online del progetto sull’etichettatura dello United States Department of Agriculture, è che non esiste una regolamentazione reale su ciò che può essere o non essere definito “compassionevole” o “umano” riguardo l’allevamento ed è questo il vero problema.
Le associazioni animaliste si stanno già battendo per fare in modo che questa regolamentazione venga boicottata e modificata. Michelle Pawliger dell’ Animal Welfare Institute ha dichiarato: “Questo non significa altro che avvolgere uno stato di fatto in un bel pacchetto regalo”. Sta di fatto che alcune etichette che segnalavano allevamenti “umani e confortevoli” sono già state segnalate e rimosse, senza troppi clamori, dalla stessa Perdue. Ora la legge rimane aperta per 60 giorni ai commenti sia politici che dei singoli cittadini e qui è possibile leggere la documentazione e inviare la propria opinione.