California: tre attiviste arrestate per aver cercato di salvare un vitello

Tre giovani donne hanno tentato di salvare un vitello agonizzante da una fattoria, in California. Subito fermate, sono state arrestate con l’accusa di furto e violazione di domicilio 

Attiviste vegane arrestate

Tre attiviste vegane sono state arrestate ieri con l’accusa di furto e violazione di domicilio in un allevamento: siamo in California e le protagoniste della vicenda sono tre giovani – identificate come Julianne Perry, Priya Sawhney e Alicia Santurio – che hanno preso parte a un sit-in di protesta, insieme ad altri 60 attivisti, organizzato dall’associazione per i diritti degli animali Direct Action Everywhere (DxE). Obiettivo della contestazione la fattoria Ray-Mar Ranches, che alleva diverse razze di bovini da latte e da carne e che è stata accusata di maltrattamento animale: il giornale The Intercept, in un’inchiesta shock, aveva definito come “macabre” le condizioni in cui gli animali vengono detenuti. Le ragazze ora sono state rilasciate.

La realtà dei vitelli

E non c’è altro modo per definire quello che gli attivisti hanno trovato davanti ai propri occhi in quell’allevamento: non solo un quantitativo enorme di animali vivi rinchiusi in gabbie minuscole, confinati in isolamento, ma anche decine di animali morti accatastati l’uno sull’altro, come in un raccapricciante film dell’orrore. Proprio su questa pila di corpi senza vita, le tre attiviste hanno trovato un vitello sofferente ma ancora vivo, che hanno cercato di portare all’esterno dell’edificio. Inutile dire che qualsiasi tentativo di salvare l’animale è stato immediatamente fermato dalle forze di polizia, che hanno arrestato le tre giovani (nella foto qua in basso) mentre il vitello è stato lasciato a terra.

attiviste vegane arrestate

Le tre attiviste fermate per aver tentato di liberare un vitello dall’allevamento

Ray-Mar Ranches: la fattoria degli orrori?

Secondo l’inchiesta condotta dal The Intercept, le indagini sull’allevamento in questione sarebbero iniziate già due anni fa da parte di alcuni attivisti che, grazie all’impiego di telecamere nascoste, avrebbero documentato una realtà allarmante: bovini reclusi in spazi angusti, impossibilitati a muoversi e a esprimere il loro comportamento etologico, coperti di feci e sporcizia, condannati a una vita di stenti dalla nascita fino al momento di finire al macello.

Nonostante i ripetuti tentativi del giornale di ottenere delle dichiarazioni da parte dei proprietari dell’allevamento, questi ultimi hanno sempre negato perfino di possedere dei bovini, in netto contrasto con le immagini rubate nella struttura ma anche con le testimonianze degli attivisti. Nick, un vitello salvato da quell’inferno, è diventato simbolo della lotta a un’attività tanto crudele, che a quanto pare sarebbe ancora fiorente.

fattoria California vitelli morti

Un’immagine rubata dagli attivisti nell’allevamento in questione, che mostra vitelli morti accatastati l’uno sull’altro

Il commento degli attivisti

Secondo gli attivisti di DxE, l’arresto delle tre giovani sarebbe “l’ultimo atto di un modello di inattività portato avanti dal governo e dalle aziende di fronte alla crudeltà sugli animali”. Secondo i media queste non sono, infatti, le prime accuse rivolte agli attivisti di questa associazione, che nel corso del tempo hanno dovuto affrontare una serie di denunce in tutto il paese, tra le quali spicca quella contro 58 attivisti accusati di reati multipli per aver tentato di salvare dei polli da una fattoria di Petaluma, in California, lo scorso 29 settembre.

Per difendersi, DxE si è rivolta a un illustre avvocato secondo il quale il ranch Ray-Mar sarebbe accusati di crudeltà nei confronti degli animali, e che gli attivisti sarebbero, di fatto, legalmente giustificati nel tentare di salvare questi ultimi ma soprattutto quelli che hanno bisogno di cure immediate. “Un vitello malato che viene lasciato morire ha un valore economico negativo per l’azienda” – ha dichiarato Wayne Hsiung, co-fondatore di DxE ed ex professore di diritto – Questi arresti illegali non hanno nulla a che fare con la giustizia, ma tutto sembra avere a che fare con la protezione dei profitti aziendali e con la volontà di nascondere la verità ai consumatori” chiosa.

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