Pubblicità vegan: “Sono troppo violente, ognuno fa quello che vuole”
Mi ha molto colpito una lettera di protesta che il giornale online “Il Piacenza” ha pubblicato pochi giorni fa. In breve una lettrice si lamentava per alcune campagne di affissione “pro-vegan” (nella foto l’immagine tratta dal giornale online) che mostravano senza troppi indugi “scene di animali ammazzati o addirittura appesi a testa in giù” e la signora continua: “se ognuno ha libera scelta in questa breve vita, perché ai signori vegani è permesso di propagandare una pubblicità che giova solo alle loro idee? Cosa facciamo vedere ai nostri figli per strada?”. E’ stata questa frase in particolare a farmi riflettere: mi piacerebbe incontrare questa lettrice indignata e domandarle invece “Che cosa non facciamo vedere ai nostri figli?”.
Sono ormai quasi 4 anni che ho il piacere di dirigere questo magazine online e devo dire che non abbiamo mai cercato di fare proselitismo fine a sé stesso, ma una cosa per me è imprescindibile, perché è la stessa che ho provato sulla mia pelle: prima di poter scegliere cosa mangiare è necessario capire che cosa c’è dietro quella nostra libertà, la stessa di cui parla anche questa lettrice.
Al di là del fatto che il cartellone pubblicitario possa essere la giusta chiave (e secondo me in parte lo è), il voltarsi dall’altra parte o la reazione: “Non voglio vedere quelle immagini altrimenti non mangio più” è il vero, grande problema di una società in cui siamo arrivati a non sapere più nulla di quello che si cela dietro i nostri piatti. Che gli animali siano diventati macchine per produrre carne, macchine cartesiane senza sentimenti né dolore (fisico né tantomeno morale), è una aberrazione che, nel 2016, non è più tollerabile né tanto meno necessaria. Voler ignorare quello che succede a 50, o 200 chilometri da noi, dietro le pareti di un macello o in un allevamento di galline da uova, oppure in una gabbia lontana migliaia di chilometri dove un animale è ingozzato di caffè che poi defecherà per fare in modo che la nostra esperienza di gusto sia “impareggiabile”, non è più sopportabile né eticamente, né economicamente, né a livello ambientale, quindi quelle pubblicità non sono pro-vegan bensì pro-buon senso. E’ vero, ognuno fa quello che vuole ma come ci hanno insegnato fin da piccoli (o almeno c’è da sperarlo) ogni azione ha una conseguenza ed è giusto conoscerla, prenderne consapevolezza e solo dopo decidere che cosa fare.