Prof. Pete Smith: “Meno carne non è ideologia è evidenza scientifica”
Il professore scozzese spiega i dati e lancia il tema della responsabilità dei singoli: “Dobbiamo fare scelte nella giusta direzione, non dare la responsabilità ai governi”.
Sono più di vent’anni che il professor Pete Smith studia il tema dell’impatto dei nostri stili di vita e in particolare della nostra alimentazione sull’ambiente, lo fa in Scozia come Direttore Scientifico del Climat Center of Expertise. E’ lui a spiegare in un testo apparso sul nuovo report di Greenpeace dedicato al rapporto fra carne e clima, che la connessione non solo esiste ma che se non si interverrà in modo decisivo e convinto, le conseguenze saranno ingestibili.
L’insostenibile pesantezza della carne
Smith non ne fa una questione di allarmi o politica, solo di dati e riferimenti scientifici: il ruolo che la produzione di carne e derivati (compresi latticini e uova) sta avendo su scala mondiale è ormai evidente, come dire che due più due fa quattro: “Il nostro sistema attuale di produzione e la sua tendenza futura, detto molto semplicemente, non sono sostenibili”. Tema fondamentale quello del tasso di conversione alimentare, ossia di quante risorse in termini agricoli, di energia e di utilizzo delle risorse idriche sono necessarie per produrre una certa quantità di cibo edibile.
Non è per un’ideologia vegetariana o vegana o la smania di diventare un ecologista militante, ma unicamente per le evidenze scientifiche.
“Il bestiame – spiega Smith – ha un tasso di conversione che oscilla fra il 10 e il 15 % e questo rappresenta un enorme collo di bottiglia nell’efficienza del sistema alimentare”. I dati sui tassi di conversione presentati da Smith parlano di un problema reale, economico, matematico: “La conversione delle coltivazioni in mangimi per animali è in gran parte inefficiente: solo il 3% delle calorie che i bovini ricavano dal mangime vegetale viene convertito in calorie sotto forma di carne“.
Le responsabilità
Quando si parla di problemi globali sembra che le responsabilità diventino impalpabili, ma così non è. Smith è chiaro: “Pensare che le responsabilità siano da imputare in modo generico ai governi è sbagliato, in quanto persone singole che vivono su questo pianeta, ne sfruttano le risorse e che vogliono continuare a viverci, la responsabilità è del singolo, noi dobbiamo fare delle scelte e farle nella giusta direzione”. Dobbiamo tutti iniziare a fare scelte diverse, questa è la visione non solo di Smith, ma anche della FAO e ora anche di Greenpeace.
Tutti vegetariani?
Ancora una volta né il professor Smith né l’associazione ambientalista puntano su una conversione al vegetarismo o al veganesimo che sia totale o ideologica: troppo alti i numeri e le previsioni (si stimano nel 2018 , 76 miliardi di animali macellati per il consumo umano dell’aumento del consumo di carne) per poter pensare di utilizzare la sensibilità animalista o ambientalista per convincere i singoli ad abbandonare del tutto carne e formaggi, quindi si parte da un primo passo: “un consumo ridotto di carne e prodotto lattiero caseari ovvero consumare meno e meglio potrebbe avere un impatto significativo” scrive Smith.