La biodiversità: i piani d’azione sono in ritardo di due anni causa Covid

Un milione di specie di piante e animali rischiano l’estinzione ma i tempi per gli incontri e i relativi accordi sono in ritardo di due anni.

La velocità con la quale la pandemia di COVID-19 si è trasformata in una corsa contro il tempo, catalizzando l’attenzione di governi e sanità, ha fatto sì che altri piani d’azione finissero in secondo piano come l’urgente necessità di contrastare l’estinzione di alcune specie e tutelare la biodiversità. I rappresentanti di quasi 200 Stati membri della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD) si sarebbero dovuti incontrare a Kunming, in Cina, nell’ottobre 2020, per finalizzare una bozza di accordo: questo comprendeva 21 obiettivi di conservazione, come la protezione del 30% della terra e dei mari del mondo.

L’incontro però, più noto come quindicesima Conferenza delle Parti, fu annullato a causa della pandemia di COVID-19 e da allora è stato rinviato più volte. Riprogrammata provvisoriamente per la fine di agosto e l’inizio di settembre 2022, la conferenza potrebbe essere ritardata ulteriormente. La Cina infatti, in quanto presidente della conferenza e paese ospitante, non ha confermato la data e adesso con le misure restrittive estreme del Paese a Shangai e il notevole aumento di casi Covid a Pechino, la possibilità di tenere l’incontro viene messa nuovamente in dubbio.

 

Un ritardo che non ci possiamo permettere

I ricercatori sono sempre più preoccupati per il ritardo di oltre due anni nel rispettare il programma stabilito. Attendere ancora per ufficializzare l’accordo, che mira a proteggere gli ecosistemi vulnerabili, significa inficiare le capacità di alcuni paesi nel raggiungere gli obiettivi ambiziosi di protezione della biodiversità entro il 2030: senza i fondi delle nazioni più ricche è davvero troppo difficile. “Ora abbiamo solo otto anni per fare del nostro meglio, mentre molti paesi stanno affrontando una recessione e stanno cercando di dare la priorità alla ripresa economica. Più aspettiamo, più diversità si perde”, afferma Alice Hughes, biologa della conservazione presso l’Università di Hong Kong sottolineando che soprattutto nei paesi in cui mancano le risorse per poterla conservare, si concentrano i più alti livelli di biodiversità. Gli accordi globali devono dunque avere luogo per consentire quanto prima il rilascio di fondi stanziati, per aiutare i paesi nei quali la situazione è più critica, come ad esempio il Global Environment Facility: in una riunione preliminare nell’ottobre del 2021, il presidente cinese Xi Jinping aveva impegnato 1,5 miliardi di yuan (223 milioni di dollari) in un fondo per la biodiversità di Kunming ma i dettagli su tali fondi non sono ancora stati resi noti. 

Lo stato delle cose per la biodiversità

Un rapporto del 2019 ha stimato che circa un milione di specie di piante e animali rischiano l’estinzione e molte probabilmente spariranno nel giro di decenni. Solo negli ultimi 2 anni, la red list dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha classificato più di 100 specie come estinte, tra cui

  • il grande lemure bradipo (Palaeopropithecus ingens)
  • la volpe volante di Guam (Pteropus tokudae)
  • il tritone del lago Yunnan (Cynops Wolterstorffi).

“Un monitoraggio approssimativo significa che la reale entità della perdita delle specie e degli habitat, resta sconosciuta” ha affermato Hughes. Inoltre, le foreste tropicali, soprattutto in Brasile, stanno scomparendo rapidamente, le salvaguardie ambientali sono state allentate in alcune regioni e i ricercatori hanno documentato il bracconaggio di piante in preoccupante aumento. “Ogni anno continuiamo a perdere la biodiversità a un ritmo senza precedenti ed è inaccettabile. Questo sta minando non solo la natura ma anche il benessere umano”, afferma Robert Watson, uno scienziato ambientale in pensione ex-professore presso l’Università dell’East Anglia a Norwich, nel Regno Unito. Aban Marker Kabraji, consulente delle Nazioni Unite per la biodiversità dei cambiamenti climatici, ha dichiarato che l’importanza del raggiungimento di un accordo globale sulla biodiversità non può essere sopravvalutata. “È estremamente importante che questi incontri si svolgano nel ciclo in cui sono pianificati altrimenti alcuni governi potrebbero astenersi dall’aggiornare o dallo sviluppare le proprie strategie”, afferma Kabraji.

Che cosa si sta aspettando?

Il segretariato del CBD a Montreal, in Canada, ha affermato che la conferenza di Kunming si svolgerà nel terzo trimestre del 2022, ma si rimane in attesa che la Cina confermi le date. David Ainsworth, responsabile delle informazioni per il segretariato, ha dichiarato anche che i preparativi per l’incontro sono in corso, compreso anche il piano per isolare i partecipanti dell’incontro dai residenti locali così come è stato fatto per le Olimpiadi invernali di Pechino a febbraio.
Si è avanzata anche la proposta di spostare l’evento in una nuova location ma la decisione di trasferire l’incontro richiederebbe l’approvazione della Cina, e secondo i ricercatori è altamente improbabile che si riceva il suo consenso. È molto più probabile invece che, come ha affermato Ma Keping, ecologista dell’Accademia cinese di scienze dell’Istituto di botanica di Pechino, l’incontro sarà posticipato dopo settembre o addirittura nel 2023.

Indipendentemente da quando e dove si terrà l’incontro quello che non può essere ignorato è l’importanza per il pianeta di riuscire concretamente a tutelare la biodiversità, perché se da una parte il ritardo può aver concesso più tempo per elaborare un piano di sviluppo migliore, sono ancora molti i punti significativi sui quali diversi paesi sono in disaccordo. Le nazioni ora non hanno più tempo da perdere e dopo l’incontro preliminare che si terrà a Nairobi, in Kenya, a giugno, si spera che l’accordo venga definitivamente finalizzato al vertice di Kunming entro la fine di questo anno.

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