Polpi, no ad allevamenti crudeli e contro natura: il report
Nella Giornata Mondiale del Polpo, CIWF analizza i motivi per i quali va fermato lo sviluppo dei progetti per l’allevamento intensivo e in cattività di questi animali
Confinati in un ambiente completamente contrario alla loro natura, esposti a indicibili sofferenze in vita e durante la macellazione, alimentati attraverso un sistema dannoso anche per l’ambiente. Sono alcune delle ragioni per le quali l’allevamento dei polpi “è crudele e deve essere fermato“. A fare il punto, e a lanciare l’appello sul tema, nel giorno della Giornata Mondiale del Polpo, l’8 ottobre, è Compassion in World Farming, che ha pubblicato il report Octopus Factory Farming – A Recipe for Disaster.
Un “disastro”, quello degli allevamenti intensivi di polpo, che riguarda molto da vicino anche noi. Come ricorda CIWF, infatti, proprio l’Italia ha il primato europeo per il consumo di polpo, con oltre 60.000 tonnellate nel solo 2018. La domanda cresce parecchio anche in altre parti del mondo, come Stati Uniti e Giappone, o in Spagna dove, a fronte di una riduzione delle popolazioni di polpo selvatico, si stanno conducendo ricerche per allevare i polpi in gabbie a rete e vasche in mare aperto, racconta CIWF.
Otto ragioni di un “disastro annunciato”
L’organizzazione, nel report tematico, analizza le 8 motivazioni per le quali l’allevamento del polpo andrebbe fermato. Solitari, intelligenti e curiosi, i polpi soffrirebbero moltissimo, proprio per la loro indole, se allevati in maniera intensiva. “In cattività sarebbero facilmente frustrati“, si legge nel documento. Senza considerare che “affollamento e alta densità tipiche degli impianti di acquacoltura potrebbero portare a scarse condizioni di salute, creando i presupposti per comportamenti aggressivi e territorialismo, fattori che a loro volta potrebbero indurre cannibalismo”. In sostanza, “l’allevamento di polpi rappresenta un tentativo di tenere in cattività animali selvatici che finora hanno sempre vissuto liberi. È pertanto probabile – rileva CIWF – che le condizioni di allevamento non riflettano le loro necessità e, di conseguenza, che gli animali soffrano”. Una sofferenza particolarmente forte se si considera la delicata e fragile struttura fisica di questi animali.
C’è poi il tema dell’impatto sulle altre popolazioni ittiche. I polpi sono, infatti, animali carnivori e per nutrirli in cattività servirebbero mangimi appositi creati con farine e olio di pesce: un cibo che, creato con altri pesci, causerebbe ulteriore sofferenza ad altre specie e priverebbe di alimento quelle che naturalmente si nutrono di piccoli pesci, come i pinguini.
Infine, la macellazione. Come avviene nella pesca tradizionale, tutti i metodi usati, dai colpi vibrati alla testa, alla lacerazione del cervello, fino all’uccisione per asfissia nella rete e uso del ghiaccio, risultano terribilmente crudeli per questi animali (lo ha documentato qualche tempo fa in una sua inchiesta Essere Animali).
No agli allevamenti
Da qui, l’allarme e la richiesta lanciati da CIWF perché “l’industria dell’acquacoltura non proceda in alcun modo nello sviluppo dell’allevamento di polpi al fine di prevenire sia sofferenze non necessarie che danni ambientali. Non si può lasciare – aggiunge – che questi affascinanti animali selvatici, intelligenti e senzienti vengano sfruttati, soffrano e vivano in impianti ittici che semplicemente renderanno la loro vita non degna di essere vissuta”.