Pikin salvata dal commercio di carne: McArthur vince il Wildlife Photographer of the Year
La fotogiornalista canadese Jo-Anne McArthur vince il primo premio dedicato alla fotografia che denuncia lo sfruttamento della natura: ecco la storia di Pikin
La piccola gorilla Pikin abbraccia il suo salvatore, l’attivista Appolinaire Ndohoudou, che l’ha appena sottratta a una morte certa: è questo lo scatto – realizzato dalla fotogiornalista canadese e attivista per i diritti degli animali Jo-Anne McArthur – vincitore del concorso di fotografia votato dal pubblico internazionale Wildlife Photographer of the Year (WPY) People’s Choice Award. La storia di Pikin è molto triste, ma non diversa da quella di tanti suoi simili: catturata per essere venduta per la sua carne – molto apprezzata in Africa – l’animale è stato salvato dall’associazione Ape Action Africa, attiva dal 1996 per proteggere scimmie, scimpanzé e gorilla orfani in Camerun, garantendo loro un rifugio sicuro dove poter vivere insieme ai propri simili.
Jo-Anne McArthur ha scattato questa fotografia (sbaragliando oltre 50 mila concorrenti al prestigioso premio) proprio nel momento in cui Pikin veniva trasferita dalla gabbia in cui aveva vissuto fino a quel momento, diventata ormai una prigione, verso un santuario di animali liberi, insieme a un altro gruppo di gorilla.
La competizione, che vede sfidarsi ogni anno migliaia di fotografi professionisti e dilettanti di tutte le età, ha come tema centrale la rappresentazione della natura, in ogni sua forma. Lo scopo principale del concorso è quello di puntare l’attenzione sullo sfruttamento delle risorse naturali e degli animali a opera dell’uomo, come dimostra anche lo scatto vincitore del premio dello scorso anno (qui in basso): un rinoceronte accasciato a terra, ormai esanime, privato brutalmente del suo corno.
foto vincitrice del Wildlife Photographer of the Years 2017 © Brent Stirton
Lo scatto della fotogiornalista canadese sarà esposto al Natural History Museum di Londra fino al 28 maggio 2018, così che possa diventare un mezzo per sensibilizzare il pubblico sul tema della caccia e del bracconaggio. Questa vittoria, in realtà, corona anni di duro lavoro che la fotografa ha dedicato all’attivismo per i diritti animali: dopo le toccanti foto scattate negli zoo, che dimostrano la vera e propria tortura a cui vengono sottoposti gli animali rinchiusi nelle gabbie, la donna è arrivata per la prima volta in Italia per documentare la situazione negli allevamenti suini nel nostro paese con un reportage di 50 scatti, volutamente forti.
A questo si aggiunge il cortometraggio “Promises“, frutto del lavoro del progetto “We animals”, di cui la donna è promotrice: un lavoro ambizioso per documentare, attraverso la fotografia, le condizioni di vita (e sfruttamento) degli animali nell’ambiente umano. Autrice anche dell’omonimo volume “We animals”, ha anche collaborato alla creazione del documentario animalista “The ghosts in our machine” e il suo lavoro è stato citato in numerosi libri e pubblicazioni internazionali.