Allevamenti intensivi, il Parlamento Europeo vota la Pac e conferma i finanziamenti
La plenaria di Bruxelles ha approvato la nuova Politica Agricola Comune confermando i sussidi agli allevamenti intensivi. A favore anche quasi tutta la delegazione italiana
Un’occasione mancata. Il Parlamento Europeo ha votato poco fa la relazione finale al testo di riforma della Pac, la Politica Agricola Comune, confermando, di fatto, i finanziamenti agli allevamenti intensivi. Un voto trasversale, frutto dell’accordo tra Socialisti, Popolari e Liberali, al quale ha dato il via libera anche la quasi totalità della delegazione italiana, nonostante le pressioni delle associazioni animaliste e ambientaliste che da tempo chiedevano lo stop ai sussidi.
La Pac e i finanziamenti agli allevamenti intensivi
I fondi gestiti attraverso la Pac, ovvero la Politica Agricola Comune oggi riformata nel suo complesso con questo voto, ammontano in totale a un terzo dell’interno bilancio europeo, circa 400 miliardi di euro, che dovranno essere spesi nei prossimi sette anni. Durante i lavori per la messa a punto del testo, la Commissione ambientale del Parlamento aveva trovato un accordo sul taglio ai sussidi per il sistema degli allevamenti intensivi e per aumentare i finanziamenti per le misure sostenibili, in accordo con quanto previsto del Green New Deal. La plenaria del Parlamento ha, però, bocciato la proposta votando a favore di un maxi-emendamento trasversale voluto da Socialisti, Popolari e Liberali che, sul tema degli allevamenti, di fatto non prevede alcuna modifica rispetto alla situazione attuale.
“Nel maxi-emendamento – spiega Eleonora Evi, eurodeputata del Movimento Cinque Stelle che ha votato contro – c’è un elenco di spese non ammissibili, quindi che non possono essere sostenute attraverso la Pac, e tra queste si specifica che sono inammissibili gli investimenti non coerenti con la normativa in materia di salute e benessere animale, peccato che tale normativa sia molto vecchia e, di fatto, non rappresenti una condizione sufficiente ad evitare che vengano ammessi investimenti anche per pratiche intensive“.
Per questo, Evi aveva presentato due emendamenti che chiedevano l’aggiornamento della normativa in tema di benessere animale sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche e la messa a punto di una definizione precisa di “allevamento intensivo” dalla quale far dipendere o meno l’erogazione dei sussidi della Pac. Entrambi sono stati boccati. “Il maxi-emendamento prevede una serie di misure annacquate e debolissime che, di fatto, non modificano in alcun modo la situazione attuale. Su questo punto, come su tutto il testo di riforma della Pac – commenta ancora l’europarlamentare – abbiamo assistito a un compromesso al ribasso dei grandi gruppi politici europei. Con il voto di oggi continuiamo a premiare agricoltura e allevamenti intensivi”. A votare a favore sono state anche tutte le forze politiche italiane, con una spaccatura all’interno dello stesso Movimento Cinque Stelle, con il voto contrario di Evi e di altri quattro europarlamentari su nove.
Le reazioni
Il sostegno agli allevamenti intensivi ha sollevato subito le reazioni di grande delusione di associazioni animaliste e ambientaliste, attivisti e cittadini che fino all’ultimo si erano spesi moltissimo per ottenere un cambio di rotta sui sussidi a livello europeo con la campagna #VoteThisCAPdown.
Dear MEPs, your vague distant climate targets will have no meaning if you fail to #VoteThisCAPdown and keep supporting the commercial lobby interests.
This is your chance to turn empty words into action. The eyes of future generations are upon you. No more excuses.#FututreOfCAP pic.twitter.com/Z60fWqnZd0— Greta Thunberg (@GretaThunberg) October 23, 2020
“Gli europarlamentari – ha commentato Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali – hanno votato a favore dello status quo: fondi che per anni sono andati a finire nelle mani di allevamenti intensivi e mega aziende agricole inquinanti continueranno a finanziare lo sfruttamento degli animali e delle risorse naturali del nostro pianeta per il profitto di pochi. Il Green New Deal, ovvero la tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’Ue – ha aggiunto prevede la promozione di un’agricoltura biologica e di piccola scala, la riduzione dell’utilizzo di pesticidi nei campi e di antibiotici negli allevamenti. Questo voto segna, invece, un cambio di rotta a favore di un sistema colpevole di averci portato al collasso climatico e al depauperamento delle risorse naturali terrestri”. Di un voto che “rischia di annientare sul nascere gli obiettivi del Green New Deal europeo” ha parlato anche Greenpeace, che ha definito la nuova Pac “un disastro per le piccole aziende agricole, la natura e il clima”.
Cosa succede ora
Il testo di riforma della Pac approvato oggi, prima dell’entrata in vigore ufficiale attesa per l’inizio del 2021, dovrà essere sottoposto al confronto con quello approvato da Commissione e Consiglio Europeo che, insieme al Parlamento, dovranno poi trovare un accordo su un testo finale da sottoporre in via definitiva nuovamente al voto del Parlamento. Di fatto, però, i giochi sono fatti: “Il Parlamento è l’ambito nel quale si riesce di solito a portare avanti le posizioni più avanzate e innovative, non possiamo aspettarci alcun miglioramento nei passaggi successivi”, conferma Evi, che sottolinea come la riforma della Politica Agricola Comune approvata oggi “non sia per nulla in linea con il Green New Deal. Il testo votato è figlio della vecchia Commissione Junker ed è, quindi, un testo già vecchio, che non tiene minimamente conto del fatto che il mondo si stia accorgendo della grande crisi ambientale e di biodiversità, della maggior consapevolezza dei cittadini sul tema del benessere animale né tanto meno degli obiettivi che l’Europa si è data negli ultimi mesi con la Strategia per la biodiversità 2030 e la strategia Farm to Fork, che punta proprio a cambiare il modello alimentare europeo”.
L’Europa e la carne
Il voto sulla Pac, che conferma i sussidi agli allevamenti, è arrivato nello stesso giorno del voto contrario, invece, a quegli emendamenti che rischiavano di rendere fuori legge i prodotti a base vegetale con nomi che richiamano la carne, come burger e bistecca. Decisioni che vanno in direzioni opposte e contrarie sul tema dell’agricoltura e dell’alimentazione sostenibile e a base vegetale da parte dell’Europa, come dimostra anche il sostegno europeo alla campagna triennale “Let’s talk about pork”, rivolta ai giovani under 35, che ha l’obiettivo dichiarato “di informare il consumatore sulla realtà produttiva dell’intera filiera suina” per sostenere allevamenti e filiera di produzione della carne incoraggiandone il consumo tra le giovani generazioni.