L’alternativa all’olio di palma? Coltivato e vegan: potrebbe essere realtà nel 2025
Nasce grazie alla fermentazione di ceppi di lievito e scarti alimentari: al posto dell’olio di palma potremmo presto trovare un’alternativa decisamente più sostenibile
La Clean Food Group è un’azienda con sede nel Regno Unito che per 10 anni in collaborazione con l’Università di Bath, ha lavorato alla realizzazione di un ingrediente che potesse sostituire l’olio di palma in tutto e per tutto ma con costi ambientali e sulla salute umana molto minori. Dopo un finanziamento di 7.5 milioni di sterline grazie ad iniziative del governo UK, al momento il prodotto che si chiama “Clean OilCell” è pronto ed è arrivato un nuovo round di investimento da 2.5 milioni di sterline per il suo lancio commerciale entro il 2025.
Un’alternativa vera all’olio di palma
Come è ormai abbastanza noto, l’olio di palma è un grasso saturo di origine vegetale che viene impiegato in modo massivo a livello mondiale soprattutto dall’industria alimentare ma anche in quella cosmetica. Il problema di questo alimento è duplice: da una parte la sua coltivazione contribuisce alla deforestazione di ampie zone dell’Indonesia e della Papua Nuove Guinea. Essendo una monocoltura, infatti, le palme dalle quali si raccoglie il frutto da cui estrarre l’olio – e la richiesta enorme di questo ingrediente sul mercato globale – determinano la necessità di nuovi territori da coltivare o la riconversione di aree agricole precedentemente adibite ad altro. In secondo luogo l’olio di palma è un grasso saturo quindi dannoso per la salute umana, e la sua presenza di moltissimi prodotti (dai biscotti, alle creme spalmabili a molti prodotti anche vegani grazie alla sua texture vellutata) ne ha determinato un uso abbondante ma quasi inconsapevole da parte di moltissime persone. Solo negli ultimi anni, anche in Italia, il ruolo e il peso di questo ingrediente sono emersi con chiarezza.
Come è fatta?
Ecco come mai la Clean Food Group ha lavorato alla ricerca di un sostituto che potesse essere prodotto su grande scala e con un impatto minore sull’ambiente. Anche se i dettagli non sono chiari, è facile capire che il progetto vede al centro la creazione di un olio nato grazie alla fermentazione di alcuni ceppi di lievito insieme ad elementi tratti da scarti alimentari per ottenere, grassi, proteine, carboidrati, vitamine ed emulsionanti. Il prodotto ottenuto non è OGM ed è anche classificato dalla stessa azienda come vegano.
Alex Neves, CEO e co-fondatore di CFG, ha dichiarato: “Il capitale raccolto con Clean Growth Fund ci consentirà di accelerare l’espansione della nostra piattaforma tecnologica, portando avanti al contempo percorsi di approvazione legislativa e commerciale, con un piano di commercializzazione interamente finanziato in atto fino al 2025.” Insomma il prodotto c’è, è scalabile, “impatta per il 90% meno rispetto al classico olio di palma”, ma adesso tocca all’azienda farlo verificare dalla politica, da chi ne controlla la possibilità di immissione sul mercato (come l’EFSA per l’Europa) e anche la ricerca di partner commerciali che lo inizino ad usare su larga scala.
È interessante notare come quella britannica non sia la prima azienda che si sta occupando di questi sostituti, anzi. Per esempio, il sito Cultiveted X, spiega che “Unilever ha stretto una partnership con la società Geno con sede a San Diego per commercializzare un’alternativa all’olio di palma”.