No, Manzini non è vegetariano, ma il suo appello sulla carne è una buona cosa
Il tema delle parole e di quello che significano è importante, soprattutto su un tema così dirimente per il futuro degli animali e di noi umani
Sul quotidiano online La Stampa la giornalista Caterina Soffici incontra e dialoga con Antonio Manzini, regista, sceneggiatore ma soprattutto noto per aver regalato ai lettori amanti dei gialli il Vicequestore Rocco Schiavone. Ma questa volta nell’articolo non si parla di libri o di nuove avventure poliziesche, bensì della scelta “vegetariana” di Manzini che però, leggendo bene l’intervista, si rivela in realtà una scelta reducetariana pur sempre interessante, sia chiaro, se non altro per il messaggio forte che manda in relazione alla carne “dei mammiferi”.
Lo scrittore racconta di aver scelto di non mangiare più carne 12 anni fa proprio mentre conduceva delle ricerche per un suo libro. Visitò un mattatoio e quello che vide lo segnò profondamente. “Non sono capace di uccidere gli animali, perché dovrei mangiarli? Non mangio i mammiferi in generale, ora nemmeno gli uccelli. Eticamente credo che sia ora di cambiare rotta”. Parole sante. Manzini spiega che quelle proteine non sono necessarie e che anche il suo approccio all’alimentazione in generale è cambiato: predilige cibo non processato e sicuramente non fast-food. Ma alcuni passaggi dopo lo scrittore, alla domanda “È anche diventato vegano?” risponde:”No. Però mangio pochissimo pesce. Evito i polipi e il pesce spada e non mangio pesce di allevamento”.
La questione è che non è nemmeno vegetariano perché “mangiare poco pesce” non significa eliminare la carne dalla propria scelta alimentare, così come suona strano l’appello all’etica o all’orrore che – giustamente – si prova davanti a quello che accade in un mattatoio ma non applicare lo stesso criterio anche ai pesci (se non ad alcuni anche se non è chiaro secondo quale motivo).
Qual è il problema? Sempre lo stesso: la confusione e l’informazione sempre poco chiara su temi importanti. Sia chiaro, le parole di Manzini sono una cosa buona, perché è sempre meglio un piccolo passo che nessun passo soprattutto se a “scoprirsi” è un personaggio amato e seguito, ma le definizioni hanno un ruolo importante, e purtroppo anche per la questione climatica che Manzini cita come uno degli “indotti” della carne (e anche qui, parole sante) il problema rimane che il sistema di produzione della carne fa capo allo stesso meccanismo di quello di uova, latte e formaggi (e dello stesso parmigiano che Manzini si concede). Inoltre passa un messaggio strano: è come se i pesci fossero meno animali di altri, e la domanda è “perché”?
Questo significa che i soliti vegani stanno facendo il pelo a quello che fa Manzini a tavola? In realtà quello che da anni ci preoccupa come giornale che fa informazione sul tema dell’alimentazione e della cultura vegana è che passi un messaggio incompleto o sempre “rassicurante” del tipo: “Mangiate poca carne o un po’ di pesce, e formaggio e uova se dal contadino ancora meglio e va bene così”. Il problema è, fra gli altri, che la “produzione contadina” non potrebbe mai fare fronte ai consumi e alle richieste della popolazione mondiale (ma anche solo quella del nostro Paese) e che in ogni caso quello che gli animali creano (latte e uova) è degli animali e anche di quello possiamo ampiamente farne a meno.
Ecco perché il messaggio, soprattutto quando arriva da nomi importanti dovrebbe essere chiaro magari evitando definizioni scorrette che in qualche modo “annacquano” una questione urgentissima per gli animali non umani e per noi.