Marzo 2025: record per le temperature medie registrate in Europa
I dati sono stati forniti dal programma di rilevazione satellitare europeo: le temperature continuano a battere nuovi record negativi e gli allevamenti intensivi continuano ad essere un punto fondamentale del problema.

Il mese di marzo 2025 ha segnato un nuovo record climatico in Europa, registrando temperature senza precedenti. Secondo il Copernicus Climate Change Service (C3S), marzo 2025 è stato il mese di marzo più caldo mai documentato nel continente, con temperature medie superiori di 2,41°C rispetto alla media registrata nello stesso mese nel periodo 1991-2020.
A livello globale, marzo 2025 si è classificato come il secondo più caldo mai registrato, con una temperatura media di 14,06°C, superata solo da quella di marzo 2024. Questo valore è di 1,6°C superiore ai livelli pre-industriali, evidenziando una tendenza al riscaldamento globale che continua a destare preoccupazione.
Oltre alle temperature elevate, l’Europa ha affrontato condizioni meteorologiche estreme: alcune regioni hanno sperimentato il marzo più piovoso degli ultimi 47 anni, mentre altre hanno vissuto il mese più secco nello stesso periodo. Queste anomalie sono attribuite ai cambiamenti climatici in corso, che intensificano sia le siccità che le precipitazioni intense.
Il ruolo dell’alimentazione nella crisi climatica
Il settore agricolo e zootecnico è tra quelli maggiormente coinvolti nella crisi climatica, a causa delle sue forti emissioni di gas climalteranti. Ma in che modo gli allevamenti sono collegati all’aumento delle temperature mondiali? E perché le nostre scelte a tavola possono fare la differenza?
Partiamo dalle basi: l’allevamento di miliardi di animali su terreni che spesso sono stati sottratti ad aree forestali — come nel caso emblematico del Cerrado brasiliano, una vasta savana tropicale e un’ecoregione del Brasile, caratterizzata da una grande biodiversità — ha un impatto diretto. Negli ultimi anni, questa area è stata ampiamente compromessa dall’espansione agricola, sia per creare nuovi pascoli, sia per coltivare monocolture come la soia, un legume che rappresenta uno degli ingredienti principali dei mangimi per suini e bovini allevati intensivamente.
Queste sono cause dirette: distruggere le foreste per produrre cibo genera gravi squilibri climatici. Ma esiste anche un’altra evidenza, meno immediata ma cruciale: l’inefficienza del tasso di conversione alimentare dei prodotti di origine animale rispetto alle risorse impiegate e all’impatto ambientale.
Il professor Pete Smith, Direttore Scientifico del Climate Center of Expertise in Scozia, spiega:
“Il bestiame ha un tasso di conversione che oscilla fra il 10 e il 15%, e questo rappresenta un enorme collo di bottiglia nell’efficienza del sistema alimentare.”
I dati sui tassi di conversione forniti da Smith delineano un problema concreto, economico e matematico:
“La conversione delle coltivazioni in mangimi per animali è in gran parte inefficiente: solo il 3% delle calorie che i bovini ricavano dal mangime vegetale viene convertito in calorie sotto forma di carne.”
Il secondo anello della catena di problemi, quindi, è proprio l’inefficienza del sistema produttivo e alimentare basato sulla nascita, crescita e macellazione degli animali: in termini di calorie disponibili per l’uomo, il risultato è del tutto sproporzionato rispetto alle risorse spese per allevarli.