“L’uso del collare antiabbaio è reato” ma venderlo è legale

La Cassazione riconosce l’uso del collare elettrico come forma di maltrattamento ma le normative confondo: la vendita di questi strumenti rimane legale. Cosa comporta questo grande gap?

La Corte di Cassazione ribadisce il concetto: l’uso del collare antiabbaio, che genera una scossa elettrica, è considerato un reato perseguibile per legge. Di recente, infatti, il tribunale di Verona ha confermato una precedente sentenza del 2014 con cui condannava un uomo di 35 anni per aver utilizzato sui propri cani un collare elettrico con il fine di addestrarli.

La situazione si è riaperta dopo il ricorso dell’imputato che si è appellato all’impossibilità di stabilire con certezza se gli animali sottoposti a questa pratica provino sofferenza. La Cassazione ha rifiutato la richiesta e confermato l’ammenda di 800 euro a suo carico, nonché il versamento di 2mila euro nella Cassa delle ammende. Secondo la sentenza “Il collare elettrico concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso, tale da incidere sensibilmente sull’integrità psicofisica dell’animale” è stato quindi confermato il nesso tra la sofferenza degli animali e l’utilizzo del collare antiabbaio.

Il reato di maltrattamento è oggetto dell’art. 544-ter del codice penale ma qui è stato sottoscritto in art. 727 c.p. con cui si punisce chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze. “Non ci sono dubbi che i cani siano stati maltrattati tramite il collare elettrico – dichiara la Cassazione – dal momento che erano stati trovati dai Vigili all’interno di un recinto, vicino a un capannone e muniti di collare antiabbaio funzionante; un testimone inoltre aveva detto che i due poveri setter indossavano quello strumento di tortura in modo permanente”.

La vicenda inizia nel 2009, data in cui viene effettuata la prima segnalazione alla Lav di Verona. Da quel momento l’associazione ha lottato per ottenere giustizia, si è presa cura dei due setter e successivamente ha trovato per ognuno di loro una nuova casa in famiglie amorevoli: oggi si può finalmente cantare vittoria. Ilaria Innocenti, Responsabile LAV Area Animali Familiari sostiene: Ci auguriamo che agli innegabili passi avanti compiuti dalla giurisprudenza in tema di maltrattamento animale, faccia riscontro un altrettanto sensibile cambiamento culturale, affinché sia chiaro a tutti che arrecare dolore ad un essere senziente è un atto da censurare senza eccezioni, da segnalare alle competenti autorità, e che non può in alcun caso essere considerato ‘soluzione’ per problemi di disturbo pubblico, né un mezzo di addestramento”.

Uno dei setter protagonisti della causa, ora nella sua nuova casa.

Uno strumento di tortura

I collari antiabbaio sono strumenti che tendono ad addestrare i cani ricorrendo alla tecnica del rinforzo negativo, ovvero quello di associare ad un “comportamento sbagliato” un’ esperienza del tutto negativa (come la scossa elettrica) per indurre l’animale a non ripetere più l’azione indesiderata dal padrone. Il collare, infatti, ha due dispositivi che mandano le scosse elettriche al cane, il tutto è gestito da un telecomando a distanza governato dal padrone, attraverso cui è possibile scegliere l’intensità nonché il momento per somministrare la scossa. Ad usare questo metodo barbaro, sono soprattutto i cacciatori ma la pratica si è diffusa anche tra i padroni che vogliono semplicemente far smettere di abbaiare i propri cani con il fine di non disturbare. Ma l’abbaio altro non è che una forma di comunicazione specifica dei cani, allora perché reprimerla? I bambini piangono, le persone parlano e allora perché se un cane abbaia deve essere sottoposto a scossa elettrica? Che sia una forma di maltrattamento è quindi indubbio ma la legge cosa fa effettivamente a riguardo?

Il collare elettrico: la storia legislativa

Da un punto di vista amministrativo, ad oggi non sussiste un esplicito divieto di vendita e commercializzazione dei collari elettrici, però la giurisprudenza non ha mancato di chiarire nel tempo la contrarietà di tale utilizzo rispetto al concetto di “benessere animale” e la conseguente rilevanza penale della condotta. La questione del collare elettrico è quindi molto lunga e controversa, inizia infatti 11 anni fa, ma nonostante questo non ha ancora trovato una soluzione ben definita.

2007: la Terza Sezione della Corte di Cassazione collega l’uso del collare elettrico all’articolo 554-ter c.p. inerente i maltrattamenti sugli animali, in quanto si ritiene che tale strumento provochi inutili sofferenze ai cani. Questa sentenza è stata confermata dal Tribunale penale di Bologna che ha condannato, per la violazione del suddetto articolo, un addestratore di cani decretando che l’uso del collare elettrico con finalità punitive di addestramento “costituisce trattamento dannoso poiché la somministrazione di scariche elettriche per condizionare i riflessi dell’animale ed indurlo tramite stimoli dolorosi a comportamenti desiderati produce nell’animale effetti collaterali quali pausa, ansia, depressione ed aggressività”.

2010: la legge 201, art.7 del 2010 pone il divieto di addestrare gli animali con mezzi artificiali che possano causare ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili”. Tra le varie tipologie di addestramento non adeguato, da un punto di vista fattuale, rientra anche l’impiego di collari elettrici.

2011: arriva la prima condanna di 1000 euro da parte del giudice Monica Izzo nei confronti di un cacciatore di Mori di 52 anni che usa il collare antiabbaio per addestrare il suo cane. Il suo caso entra nel repertorio delle sentenze della Corte Suprema e fa giurisprudenza.

2012: sempre nel Trentino, precisamente a Riva, un cacciatore viene multato per aver usato il collare elettrico con il suo cane solo perchè abbaiava sempre in cortile, ma questa volta la pena è minima e l’imputato, denunciato dai carabinieri per maltrattamento di animale, è obbligato a pagare solo una multa di 80 euro. La sentezza arriva dal giudice Corrado Pascucci il quale afferma di non aver ravvisato il maltrattamento dell’animale, trovato invece in salute dal veterinario che lo ha tenuto in custodia durante il sequestro.

2013: la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ritorna sull’argomento affermando che: “Il collare elettronico è certamente incompatibile con la natura del cane“. Viene denunciato un uomo del veronese per aver usato il collare sui suoi due setter inglesi, l’imputato viene condannato ma decide di fare ricorso, perdendo. E qui si giunge alla notizia odierna (2018).

2015: si segnalano decine di denunce ai danni di molti cacciatori della zona di Ascoli Piceno per l’utilizzo di collari elettrici indossati dai cani da caccia. La Guardia Forestale ha individuato diversi cacciatori con a seguito i propri segugi muniti di questo tipo di collari, attivi e perfettamente funzionanti. Così nei loro confronti è scattata l’accusa di maltrattamento di animali. E sono arrivati anche i primi avvisi di chiusura delle indagini con la richiesta di rinvio a giudizio.

Non si discute sul fatto che l’uso dei collari elettrici sia considerato una forma di brutalità, ma la legislazione sembra ancora acerba su questo argomento e, dall’iter mostrato, risulta evidente come ancora non ci siano delle linee guida ferree e univoche a riguardo, che possano fare maggiore chiarezza. La vendita dei collari elettrici non è impedita dalla legge e questo risulta evidentemente in contrasto con le sentenze, creando una zona grigia che mal si concilia con il benessere degli animali.

 

 

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