Linea Verde mostra il “benessere dei vitellini” nelle gabbie – VIDEO
La paura di raccontare con oggettività il motivo per cui i vitelli sono in gabbia apre nuovamente la discussione su che cosa sia e come funzioni l’informazione in televisione
Grazie per la segnalazione del video e della puntata a Fabrizio Naldoni
“Li teniamo nelle gabbiette, altrimenti si succhiano fra di loro”. Domenica 5 Marzo su Rai 1 è andata in onda una nuova puntata di Linea Verde, trasmissione storica che racconta il territorio italiano attraverso le sue attività, sia agricole che di allevamento. In particolar modo l’ultima puntata ha portato una delle conduttrici, la ex miss Italia, modella e giornalista Daniela Ferolla, a visitare un allevamento biologico di bufale.
Con il sottofondo di una musica allegra e rilassante, la conduttrice entra in una stalla dove sono tenuti decine di vitelli: tiene in mano un secchio dotato di biberon e mostra come il cucciolo si alimenti voracemente dalle sua mani. Ferolla domanda all’allevatore come mai i vitelli siano chiusi in gabbia, ed ecco la risposta: “Secondo il biologico possiamo tenerli nelle gabbiette per due mesi perché così sappiamo bene il latte che prendono e perché essendo separati non si succhiano fra di loro”. La conduttrice incalza: “Insomma, sempre per il benessere animale di questi vitellini”.
Peccato che la risposta non sia corretta: chiudere i vitelli in gabbie, separati dalla madre è una necessità aziendale, di produzione. Il vitello non deve bere il latte (in questo caso di bufala) che è destinato invece al mercato, come mostrano chiaramente le immagini di copertura che scorrono durante il servizio e che mostrano secchi colmi di latte che vengono lavorati nell’allevamento. Perché quindi raccontare che quella situazione serve al benessere del vitello?
Ma il racconto non finisce qui: la conduttrice sottolinea come il cucciolo stia bevendo latte di bufala e non “latte in polvere o vaccino”, e aggiunge: “Voi lo togliete in parte alle vostre bufale come si dovrebbe fare sempre”. Insomma, che un vitello beva il latte della propria madre è una cosa davvero eccezionale e il messaggio è chiaro: questo allevamento è virtuoso perché non solo tiene in gabbia i vitelli per evitare che “si succhino fra loro” (atteggiamento etologico non proprio spiegato chiaramente dall’allevatore) ma in più toglie del latte alle bufale per darlo ai piccoli, non solo alla produzione. Ma si continua: “Abbiamo un gruppo di bufale – spiega l’allevatore – che mungiamo apposta per alimentarli (i vitelli, ndr) in modo naturale”. Eccolo qui, il “naturale”, parola strizzata e maltrattata da tutte le parti: un vitello in gabbia che succhia latte da un biberon in gomma appoggiato in un secchio è l’alimentazione naturale per un vitello.
E’ evidente che, contando sulla certa buona fede della trasmissione e della conduttrice, forse non è davvero più chiaro che cosa significhi “naturale”. Raccontare che un vitello in gabbia separato dalla madre appena nato sia qualcosa di naturale, che alimentarlo in questo modo sia il metodo migliore per garantirgli il massimo benessere, risulta davvero un’informazione scorretta. Da RaiUno ci si aspetterebbe qualcosa di più che informazioni travestite da favole: raccontiamo al pubblico come stanno le cose davvero: solamente così gli spettatori/consumatori potranno farsi un’idea di quello che comprano e smetterla di credere che il benessere di un vitello (o di un maiale o di una mucca o di una capra) siano in una gabbia.
Sincerità: quegli animali sono lì perché sono nati per essere nutriti (con più o meno prodotti di qualità) e poi portati al mattatoio, dove diventeranno carne, quella che compriamo al supermercato. Nessuna frase o immagine cruenta, nessuna “tirata da animalisti pazzi” (commento che spesso troviamo in questo ambito): solo la verità. Ma forse è meglio mostrare la conduttrice che nutre amorevolmente il piccolo vitello o che tiene in braccio un agnello come farebbe con un cucciolo di cane (vedi puntata del 26 marzo scorso e foto qui sopra) mentre l’allevatrice dice velocemente che quelle pecore sono “da carne”.
La trasmissione, anzi le trasmissioni, che raccontano allevamenti e tipicità del nostro territorio hanno tutto il diritto di farlo, ma come mai omettono parti fondamentali dell’informazione? Perché, lasciando da parte la questione etica, si racconta l’allevamento travestito da “benessere animale”? Perché la televisione ha paura di mostrare il collegamento fra il cucciolo di agnello e l’abbacchio in tavola?