Le immagini violente sugli animali negli allevamenti sono davvero utili? Un dialogo
Tre prospettive in un incontro virtuale su un tema importante: come comunicare al meglio la realtà della sofferenza animale?
La domanda è lecita: mostrare la violenza di ciò che si nasconde dietro il cibo di origine animale attraverso fotografie e video, può davvero generare un cambiamento nelle persone che guardano?
Abbiamo messo attorno ad un tavolo virtuale la psicologa Annamaria Manzoni, autrice di libri importanti sul tema come “In direzione contraria“, il portavoce dell’associazione animalista Essere Animali, Simone Montuschi e il coordinatore italiano di The Save Movement, Simone Scampoli, associazione nota grazie alle “veglie” per gli animali, per capirne di più e avviare una riflessione importante sulla comunicazione di un tema sempre più urgente: il nostro rapporto con gli animali.
Combattere le bugie edulcorate
Il punto comune che emerge da tutte e tre le posizioni è chiaro: mostrare le immagini che arrivano dalle investigazioni fatte all’interno dei macelli o degli allevamenti, spiegare con video e immagini da dove arrivano i prodotti che la maggior parte delle persone consuma, è fondamentale ed imprescindibile. “Le immagini possono avere una potenza straordinaria. Il loro ruolo è quello di aiutare a comprendere la gravità della situazione – spiega Montuschi – si tratta di una prova inconfutabile di ciò che da tempo sosteniamo, ossia che attuale sistema di produzione di carne e prodotti di origine animale comporta, oltre all’uccisione, anche sofferenze sistematiche per gli animali”. Inoltre, quello che le immagini possono fare è combattere il sistema del racconto edulcorato della pubblicità, come spiega Scampoli: “Il sistema manipolatore ci bombarda di false immagini che riportano false realtà: animali felici negli allevamenti o che vanno volentieri incontro alla morte. Dobbiamo contrastare le false informazioni“. Le persone dovrebbero vedere sempre di più e noi abbiamo il dovere morale di mostrare le storie degli animali”.
Il rischio dell’assuefazione
Eppure sono in molti a tirarsi indietro davanti a quelle immagini perché “troppo forti”: c’è il rischio che diventino controproducenti? “Di questo “materiale” bisogna fare un uso adeguato – spiega Annamaria Manzoni, psicologa – vale a dire in un contesto preciso, informativo o didattico; secondo me mai certe foto dovrebbero, per esempio, essere usate come sfondo di un post o come immagine di copertina perché il rischio più che reale è quello di una sorta di assuefazione. L’abuso di immagini di atrocità può dare vita ad una sorta di adattamento, che finisce per neutralizzare le emozioni connesse all’esperienza della visione.” Un pericolo reale, quindi, quello di abituarsi ad immagini che non denunciano una condizione “illegale” o “sporadica”, bensì normale: gli animali per diventare cibo devono essere allevati a miliardi e poi uccisi.
Eppure ognuno di questi animali era un essere vivente singolo del quale però sembriamo non accorgerci del tutto. Ecco perché è importante anche mostrare immagini positive: “Nella maggior parte dei casi le immagini che mostriamo- spiega Scampoli che insieme a Save The Movement organizza le veglie davanti ai mattatoi per confortare per un’ultima volta gli animali che viaggiano verso i macelli – non riportano scene di violenza o sangue, perché spesso mostriamo gli animali sui camion mandati al mattatoio. Mostriamo gli occhi e le espressioni degli individui che incontriamo che parlano e mostrano la sofferenza”. Anche le immagini degli animali tratti in salvo nei santuari è importante: mostrare che una mucca o un maiale possono avere le medesime reazioni di un cane o ci un gatto, colmare l’apparente disparità fra animali definiti “da reddito” con quelli che solo per cultura definiamo invece “da compagnia” è uno dei nodi centrali del movimento antispecista e vegano: sono le immagini e i video nella maggior parte dei casi a fare la differenza.
La televisione: fondamentale baluardo
Maggiore diffusione o minore diffusione, quindi? Se Manzoni sostiene il pericolo assuefazione, il portavoce di Essere Animali, pur riconoscendolo, sostiene che uno dei nuovi fronti da raggiungere maggiormente sia la tv: “Una delle sfide delle organizzazioni per i Diritti Animali sarà portare un serio dibattito sulla scelta vegan all’interno della televisione, percepita dalla maggioranza delle persone come la fonte più autorevole di informazione. Da anni riusciamo a diffondere le nostre indagini nei programmi televisivi, ma spesso il nostro messaggio viene parzialmente annacquato, per renderlo più fruibile, ma – continua Montuschi – ben vengano questi servizi, che hanno un potere deterrente contro il compimento di reati simili, ma anche se vi sono allevamenti che rispettano le leggi, perché continuare a uccidere e mangiare gli animali quando potremmo evitarlo? Queste sono le domande che milioni di persone, di fronte alla televisione, devono essere stimolate a farsi.”
Un punto è importante: colpevolizzare chi mangia carne o beve latte non è utile e quindi mostrare immagini cruente con quell’intento è per la maggior parte dei casi, controproducente. Contestualizzare, dialogare, svelare con fatti e dati certi lo stato delle cose è la sola strada. Attraverso le immagini, le sole parole, o le storie di animali che consideriamo cibo solo perché in realtà non li conosciamo, è possibile mostrare una via diversa e percorribile fin da subito con facilità: l’alimentazione e la scelta 100% vegetali.