LAV: “Allevamenti intensivi di visoni focolai di Covid-19: devono chiudere”
Contagi tra esseri umani e animali e viceversa: questi allevamenti incrementano il rischio di ulteriore diffusione della pandemia.
La LAV-Lega antivivisezione ha segnalato che in Italia almeno 2 campioni di visoni di un unico allevamento intensivo sono risultati positivi al SARS-CoV-2, già ad agosto. Secondo ANSA il virus è stato trasmesso dagli allevatori ai visoni, diffuso tra gli animali e ritrasmesso (mutato) ad alcuni lavoratori dell’allevamento intensivo, che poi hanno contribuito al contagio di altri esseri umani. La stessa dinamica è stata rilevata anche nei Paesi Bassi, ad aprile.
LAV denuncia che sebbene questi casi positivi siano stati rilevati dal Ministero ad agosto, le informazioni sono state diffuse solo nelle ultime ore, dopo numerosi e insistenti appelli da parte dell’associazione iniziati a maggio. L’associazione critica la gestione del contagio da parte del Ministero che si è limitato all’osservazione clinica dei casi accertati, senza avviare uno screening più rigoroso in tutti gli 8 allevamenti intensivi di visoni in Italia, che contano circa 60.000 animali.
Il 19 agosto, in risposta alla LAV, la Regione Lombardia escludeva “la presenza di visoni con alterazioni delle funzionalità respiratorie o gastroenteriche o con altri segni clinici riconducibili ad infezione da SARS-CoV-2” e attualmente in un allevamento a Cremona sono stati condotti alcuni test diagnostici, ma non viene specificato se questi si limitino ai sintomatici o cerchino di intercettare tutti i visoni asintomatici.
Sofferenza per gli animali, più alto rischio di contagio per gli uomini
Per questa ragione la LAV ha avviato una petizione rivolta al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, “affinché l’attività di allevamento di visoni da pelliccia venga bandita con la massima urgenza, quindi già entro l’anno, evitando così di dare il via a nuovi cicli di “produzione” di quelli che ormai sono vere e proprie fabbriche di virus.”
Simone Pavesi, responsabile LAV area Moda Animal Free, dichiara che “Di fatto, questi allevamenti, oltre a causare gravi sofferenze agli animali, sono anche dei serbatoi del coronavirus. Non avere condotto accertamenti specifici – prosegue – su tutti gli allevamenti di visoni in Italia ha esposto, ed espone tuttora, la salute pubblica ad un oggettivo rischio”
Casi di contagio anche in altri Paesi europei
La diffusione del coronavirus tra i visoni è stata registrata in diversi Paesi europei: l’Olanda, in cui sono stati identificati 67 allevamenti focolaio, la Danimarca con 149 allevamenti , la Spagna e anche recenti casi in Svezia. Ci sono stati casi di contagio anche in Utah, negli Stati Uniti, in cui si contano quasi 10.000 visoni morti per Covid-19. In un’intervista per la NBC in merito al caso, il veterinario Dean Taylor ha dichiarato che oltretutto i visoni presentano sintomi simili a quelli umani.
LAV sottolinea ancora le evidenze scientifiche sulla rapidità con cui il virus si evolve e muta all’interno degli allevamenti di visoni e che ci sono centinaia di casi di persone che hanno contratto la malattia Covid-19, non solo tra gli allevatori, ma anche all’esterno, nella comunità. Come in Italia, anche nel caso olandese, rilevato ad aprile, il virus si è trasmesso dall’allevatore al visone, mentre a maggio sono stati identificati due casi di contagio da visone a uomo. Negli allevamenti intensivi, anche decine di visoni possono essere rinchiusi in piccole gabbie e questo certamente non fa che favorire la diffusione del virus tra gli animali, sfruttati e maltrattati al fine di diventare pellicce.