La strategia del broccolo: perché l’economia dovrà dar retta ai vegani
Il mercato cambierà inevitabilmente per fare fronte alla crisi climatica: la risposta è adeguarsi per tempo verso un’alimentazione sempre più vegetale.
Forse non è una sigla notissima ma la Principles for Responsible Investment (PRI) è una della principali organizzazioni mondiali che, sostenuta dalle Nazioni Unite, si occupa di analizzare e consigliare al meglio gli investitori sul piano globale tenendo conto delle implicazioni (inevitabili) dei fattori ambientali, sociali e di governance sul “dove mettere i soldi”, per capirci.
Che fare?
Sul loro sito uno dei punti principali sottoposti agli investitori per metterli in allerta, riguarda proprio la crisi climatica. “Le aziende non sono ancora adeguatamente preparate ad affrontare gli scenari che si presenteranno – sostiene PRI – dato che non si tratta più di capire se i Governi agiranno, ma quando”. Ecco quindi che all’interno dei report e delle analisi realizzate dall’organizzazione indipendente, salta fuori un punto decisamente interessante, sottolineato anche dai magazine Vegconomist e da Forbes:
Di cosa abbiamo bisogno esattamente? I primi punti sono il cambiamento delle nostre abitudini alimentari, l’economia dell’idrogeno, l’economia circolare nonché le misure, in ultima istanza apportate delle tecnologie che non sono ancora state provate e che dovranno essere sviluppate (carne in vitro, ndr)
Insomma il passaggio ad un nuovo tipo di alimentazione che si allontani da carne e derivati, si legge sempre nel report, “non sarà facile ma sarà inevitabile“.
L’economia, quindi, il primo attore che muove le istanze di carattere politico, sembra dovrà fare i conti non tanto con le scelte singole delle persone, che ancora, si legge, non muovono sufficienti masse di denaro, bensì con la necessità di diminuire le emissioni di CO2 attraverso una rivoluzione dei consumi a tavola.
“La riduzione dei consumi dei prodotti animali, in particolar modo di quelli derivati dai ruminanti, potrà sostanzialmente ridurre le emissioni pro capite associate al sistema alimentare globale, nonché la competizione per l’accaparramento delle terre” – Sagarika Chatterjee, direttrice del settore “Cambiamento climatico” al PRI
Scelte personali e spinte economiche
Quando leggiamo che le scelte alimentari sono “personali”, ci troviamo davanti, arrivati a questo stadio della crisi climatica, ad una affermazione falsa. Le implicazioni dei consumi a tavola sono evidenti e non è più possibile pensare che la nostre azioni non abbiano un ruolo. Detto questo, è chiaro che il ruolo decisivo, secondo l’analisi di PRI, sarà quello degli investitori e, di conseguenza, delle aziende che dovranno compiere passi decisi verso l’alimentazione a base vegetale e verso scelte a sempre minor impatto ambientale, spinte anche dalle azioni dei Governi che, teoricamente, dovranno promuoverle. Si potrebbe trattare, in ogni caso, di un doppio circolo virtuoso: da una parte la domanda da parte dei consumatori, muovendo i consumi verso il vegetale, dall’altra le aziende che, sostenute, dovranno investire in nuovi scenari e promuovere queste scelte.