Italia: 600 mila animali nei laboratori, ma la ricerca “alternativa” esiste
I dati relativi al 2015 parlano di migliaia di animali rinchiusi ogni anno per test scientifici che spesso non hanno valenza per l’uomo
Sono quasi 600 mila gli animali che in Italia, ogni anno, vengono stabulati e utilizzati per la sperimentazione scientifica. I dati, relativi al 2015, sono stati riportati in questi giorni da LAV dopo la loro pubblicazione da parte del Ministero della Salute. Si tratta di un numero molto alto, che risulta leggermente in calo rispetto al passato, ma che non deve comunque suscitare false speranze: per legge, infatti, la sperimentazione su cavie animali dovrebbe essere l’ultima via di sperimentazione, attuabile solo se non sono disponibili metodi alternativi. Ma i metodi definiti (impropriamente) “alternativi” ci sono e funzionano, come ha spiegato ai nostri microfoni la dottoressa Susanna Penco, ricercatrice dell’Università di Genova che da sempre lavora nel campo della sperimentazione medica senza l’utilizzo di animali.
Ricerca scientifica: “Test sugli animali di scarsa rilevanza per l’uomo”
La ricerca scientifica senza animali è una realtà concreta che potrebbe portare anche risultati migliori rispetto a quelli attuali. “I test condotti sugli animali sono per la maggior parte dei casi di scarsa rilevanza perché non sono specie-specifici – ha infatti affermato la dottoressa Penco ai nostri microfoni – tanto che il 90% (92%) dei farmaci testati sugli animali e risultati efficaci con quel modello, non passano poi passato i test clinici”. Questo non significa che i test condotti finora sugli animali siano stati del tutto inefficaci ma, secondo la dottoressa Penco, “la ricerca medica deve avanzare e non rimanere ferma sempre allo stesso punto, alla stessa metodologia di ricerca”. Questo perché, in realtà, per quanto riguarda la ricerca sugli animali “non ci sono studi o statistiche ufficiali indipendenti rese note sulla vera percentuale di successo, eppure vengono utilizzati di continuo”. Il punto è – come ci ha spiegato la dottoressa – che tra le diverse specie animali esiste una differenza enorme e non è detto che i risultati ottenuti sull’una siano validi anche per le altre. Questo fa sì, ad esempio, che i farmaci debbano per legge subire una seconda sperimentazione su “cavie” umane, dei volontari a cui viene dato un rimborso spese per sottoporsi ai test.
Quali animali per la sperimentazione?
Non solo ratti e topi ma anche ovini, conigli, bovini e macachi vengono dunque stabulati e sottoposti a procedure dolorose e aberranti, che spesso non hanno valenza per l’uomo. Ma non è tutto: come riporta PETA, sono migliaia anche i cani che quotidianamente finiscono nei laboratori di analisi per essere sottoposti a test ed esperimenti, specialmente quelli tossicologici. “In questi studi – afferma PETA – vengono iniettate nei cani grandi dosi di una sostanza in esame (un farmaco, un prodotto chimico industriale, un pesticida o un prodotto domestico), avvelendoli lentamente“. Il motivo del ricorso ai cani è lo stesso che li rende i “migliori amici dell’uomo”: si tratta di animali docili e mansueti che tendono a fidarsi facilmente dell’uomo, il che li trasforma in cavie perfette per ogni tipo di esperimento.
In tutto questo gioca un ruolo importante anche il nostro paese: ricorderete Green Hill, l’allevamento di Montichiari (Brescia) dal quale, nel 2012, sono stati liberati più di 2600 cani destinati ai laboratori di tutta Europa. Il tutto si è risolto con la condanna in Appello dell’allevamento bresciano. Da poco, però, ha avuto inizio un altro processo contro un gruppo di attivisti che cinque anni fa occuparono in modo pacifico gli stabulari del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano, mentre fuori centinaia di persone confluite con il corteo organizzato dal “Coordinamento Fermare Green Hill“ assediavano l’edificio. Un’azione eclatante contro la sperimentazione animale per portare alla luce quanto compiuto nei laboratori e tenuto nascosto agli occhi delle persone. I cinque attivisti, che si erano incatenati all’interno dello stabulario, dovranno rispondere dei reati di invasione di edificio pubblico, violenza privata e danneggiamento anche se, a quanto pare, nulla fu danneggiato. Per loro LAV chiede che siano “assolti per giusta causa”.
Ricerca etica? Solo con finanziamenti privati
I finanziamenti pubblici per la ricerca scientifica “alternativa” non esistono, almeno per ora. A dimostrarlo c’è la raccolta fondi lanciata qualche tempo fa dalla dottoressa Penco per finanziare la ricerca “etica” sul glaucoma, ma anche la raccolta firme lanciata da LAV per chiedere al Governo di stanziare il 50% dei fondi per la ricerca allo sviluppo dei metodi sostitutivi. “Dobbiamo rivolgerci ai metodi non animali, non perché lo vogliono gli animalisti, ma perché lo dice la legge – scrive l’associazione sul proprio sito – e per dare concrete speranze ai malati e al nostro pianeta, sempre più inquinato e tossico per tutte le specie che ci abitano”.
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