In Italia si mangia meno carne ma si macellano più animali: ecco l’analisi degli ultimi 10 anni
L’associazione Essere Animali ha pubblicato un report che analizza la situazione dal 2009 al 2019: meno carne rossa ma più pollo, pesce; crollo per i consumi di carne di coniglio e cavallo, ma formaggi e uova ancora alti.
Le abitudini si cambiano, la prova c’è. Anche se in Italia i numeri sono strani, i dati degli ultimi dieci anni dimostrano che il racconto delle condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi, così come gli allarmi per la salute espressi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2016, funzionano. I consumatori sanno di più e consumano diversamente.
Nel report “Dieci anni di zootecnia in Italia“, l’associazione Essere Animali ha mirabilmente analizzato e spiegato i dati che riguardano allevamento, macellazione e consumo di carne e derivati come latte, formaggio e uova nel nostro paese, dal 2009 al 2019, mostrando come l’Italia abbia in parte modificato le proprie abitudini alimentari, anche se a favore solo di alcune specie animali come bovini e suini e a discapito di polli e pesci.
Il report evidenzia come nell’arco di dieci anni il consumo pro capite di carne sia calato del 7%, percentuale che trova conferma nella diminuzione sia della quantità di carne prodotta nei macelli italiani, che di quella importata dall’estero.
Cala il consumo ma aumentano le macellazioni: perché?
Le informazioni fornite nel 2016 dall’OMS in relazione alla probabile cancerogenità della carne rossa e alla sicura cancerogenità delle carni lavorate (come prosciutti, salami, etc.), ha costituito un enorme giro di vite nel nostro paese. In tanti hanno deciso di non acquistare più questi prodotti o acquistarne in quantità ridotta. Tutto questo però non ha significato un massiccio passaggio a fonti proteiche vegetali bensì uno spostamento degli acquisti verso carni bianche e pesce.
Gli appelli alla “limitazione a giuste dosi che non nuocciono a nessuno” e l’invito a consumare carni bianche perché più salubri e digeribili hanno semplicemente spostato leggermente la bilancia dalle carni rosse a quelle bianche.
Infatti come spiega il report di Essere Animali che ha messo insieme dati Istat, BDN (Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica), elaborazione Ismea su dati Istat, Eurostat, elaborazione EUMOFA su dati Eurostat e SINAB (Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica, spiega: “Il consumo di carne avicola non ha subito una battuta d’arresto, al contrario, nel 2019 ha sfiorato i 20 kg pro capite all’anno (+10% rispetto al 2010).
Per vitelli, mucche e maiali stanno crescendo sensibilità e sdegno per le condizioni di allevamento, ben più difficile risulta creare empatia nei confronti di un pollo o di un pesce. – Essere Animali
Il numero di polli macellati, con 50 milioni di animali in più, ha raggiunto i 511 milioni nel 2019, traducibile in una crescita dell’11%“. Meno maiale e mucca in tavola, ma più pollo e pesce. Anche i dati sulla pesca e gli allevamenti ittici non raccontano nulla di buono: “Il consumo di pesce pro capite continua ad aumentare. Nel 2017 ha superato i 30 kg annui con una crescita del 50% rispetto al 2010. Il quantitativo di animali immessi sul mercato proviene da due categorie produttive: pesca e acquacoltura”. Il report segnala anche che nonostante le carni bianche vegano percepite come “più sane” in questo settore subentra la questione dell’uso di antibiotici a scopo precauzionale, somministrati agli animali in quanti stipati a centinaia di migliaia nei capannoni nei quali vengono allevati: “Secondo uno studio condotto dall’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie) – si legge nel report – siamo primi in Europa per numero di morti legate all’antibiotico-resistenza17. Questo dato va di pari passo con i numeri emersi in questi anni: il 70% degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli allevamenti e, secondo un’indagine di Altroconsumo, nel 63% dei campioni di carne di pollo sono presenti batteri resistenti agli antibiotici”.
Meno carne di agnello, ma più ovini allevati: colpa del latte
Il numero degli ovini macellati nel corso degli ultimi dieci anni è dimezzato, con quasi 3 milioni di animali in meno e il consumo pro capite di carne ovicaprina che si è ridotto a meno di 1 kg all’anno (-30%). Questo calo è da imputare in modo principale alla diminuzione del numero di agnelli macellati, oltre 2 milioni in meno. Un altro dato significativo che testimonia il passaggio dell’orientamento produttivo da carne a latte è l’aumento degli ovini allevati (+28%) rappresentato soprattutto da pecore destinate alla produzione di latte, 1,3 milioni di individui in più rispetto al 2010.
Buone notizie per conigli e cavalli
Il numero dei conigli macellati in questi anni è calato del 30%, con oltre 7,5 milioni di animali uccisi in meno; anche le importazioni di carne dall’estero hanno subito un ridimensionamento (-25%). La motivazione di questo cambio nei consumi è da ricercare con tutta probabilità nella crescente presenza dei conigli come animali da compagnia nelle case degli italiani (se ne stimano circa 3 milioni)32. Questa nuova presa di coscienza ha portato, negli ultimi 5 anni, alla chiusura del 60% degli allevamenti nel polo italiano più produttivo, quello del trevigiano. Anche gli equini sembrano essere sempre meno graditi come pietanza. Il consumo di carne equina, infatti, è in diminuzione:il numero di macellazioni in Italia ha subito un calo pari a quasi il 70%, con oltre 45.000 cavalli risparmiati, mentre viene registrata una lieve flessione anche dell’importazione di carne dall’estero.
E il latte? Crollo nei consumi
Il report di Essere Animali evidenzia anche un crollo nel consumo di latte. Gli italiani oggi ne bevono 7,6 litri in meno rispetto a dieci anni fa, mentre aumentano gli acquisti di bevande vegetali, più digeribili e facilmente accessibili in tutti i supermercati. Rimane stabile il consumo di formaggi e quello di uova, quest’ultimo solo in leggera flessione.
E quindi?
I dati sono solo parzialmente incoraggianti, e sono il frutto di una normale preoccupazione dei consumatori verso la propria salute e solo parzialmente per quella delle condizioni degli animali, se non per alcune ristrette categorie come conigli e cavalli con le quali è più semplice un immediato riscontro empatico (così come per gli agnelli, anche se non è mai chiaro, che il latte di pecora, ancora fortemente prodotto per consumo diretto o per la realizzazione di formaggi, viene prodotto solo se le pecore hanno cuccioli, ossia agnelli che se non dirottati nuovamente alla filiera del latte, verranno macellati e esportati). Un ruolo fondamentale lo hanno svolto le grandi campagne di informazione seria e puntuale delle associazioni animaliste che con le loro inchieste, alcune delle quali passate anche in tv grazie a trasmissioni come “Indovina chi viene a cena”, “Report” e alcuni servizi realizzati dal Tg2, hanno garantito uno sguardo non edulcorato e falsato dalla pubblicità sul sistema di produzione di carne e derivati. La strada è lunga, anzi lunghissima, ma ognuno di noi è in grado fin da subito di cambiare le proprie abitudini alimentari scegliendo un’alimentazione 100% vegetale, perfetta per gli animali, per la salute e per l’ambiente.
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