Il buco dell’ozono si sta chiudendo: uno studio lo conferma al 95%

Uno studio pubblicato su Nature ha dato conferma di una tendenza già registrata: una buona notizia

Buco dell'ozono migliora

Il buco dell’ozono non è letteralmente un buco, bensì una riduzione significativa della concentrazione di ozono stratosferico (O₃) sopra l’Antartide durante la primavera australe (da settembre a novembre). La buona notizia emersa da uno studio pubblicato da Nature da parte del MIT (Massachusetts Institute of Technology) è che secondo i dati questo assottigliamento si sta riducendo significativamente grazie alle contromisure prese negli anni Ottanta con il Protocollo di Montreal.

Buco dell’ozono, perché si sta risolvendo

La causa principale del buco dell’ozono è l’emissione di sostanze chimiche a base di cloro e bromo, come i clorofluorocarburi (CFC), utilizzati in frigoriferi, spray aerosol e altri prodotti industriali. Queste sostanze, una volta rilasciate, salgono nella stratosfera, dove la luce solare le scompone, liberando cloro e bromo che distruggono le molecole di ozono. Grazie al Protocollo di Montreal del 1987, l’uso dei CFC è stato fortemente limitato, e oggi il buco dell’ozono mostra decisivi segnali di recupero, anche se il processo è lento. “È emozionante – ha dichiarato uno dei ricercatori, Susan Solomon- pensare che alcuni di noi possano vedere il buco dell’ozono scomparire completamente nel corso della propria vita”.

Cosa dice lo studio del MIT

I ricercatori hanno utilizzato una tecnica di indagine scientifica avanzata chiamata “fingerprinting” per distinguere l’effetto specifico della riduzione dei CFC sul recupero dell’ozono, separandolo da altri fattori come la variabilità naturale del clima. Questa metodologia ha permesso di attribuire con elevata certezza statistica (circa il 95%) la chiusura progressiva del buco dell’ozono alle misure adottate per limitare l’uso dei CFC a riprova del fatto che le iniziative corali e politiche prese in modo tempestivo siano una soluzione reale ai problemi ambientali mondiali.
Lo studio sottolinea che, se questa tendenza continuerà, entro il 2035 si potrà osservare un anno in cui non si registreranno più impoverimenti stagionali dell’ozono antartico, segnando la definitiva chiusura del buco.

Il sistema di indagine “fingerprint”, sostengono i ricercatori, potrebbe essere un ottimo metodo di indagine anche per le questioni complesse legate alla crisi climatica.

Immagine: Depositphoto.com

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