Farina di insetti nel cibo: quello che c’è da sapere
Davvero potremmo mangiarla senza saperlo? E perché si sta lavorando in questa direzione? Lo scopriamo insieme all’Efsa e alla FAO.
Anche se vengono definiti novel foods , gli insetti e la loro presenza sul mercato non sono una vera novità anche se nelle ultime settimane si è tornato a parlarne con maggiore frequenza data la decisione dell’Unione Europea di dare via libera all’utilizzo nei prodotti alimentari della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) come fonte di proteine.
Il dibattito è acceso soprattutto in Europa per la quale il consumo di questi animali è una novità culturale, infatti la FAO ha stimato che l’entomofagia è una pratica alimentare già seguita attualmente da circa 2 miliardi di persone nel mondo. Secondo stime recenti, circa 2111 specie di insetti sono consumate attualmente in circa 140 paesi, in particolare in Asia, Australia, Africa e Americhe.
Quali sono gli insetti che sono stati valutati “positivamente” da EFSA?
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), fondata nel 2002, fornisce consulenze scientifiche in merito alla possibilità di immettere sul mercato prodotti a scopo alimentare con l’obiettivo di “tutelare la vita e la salute degli esseri umani tenendo conto della salute e del benessere degli animali, della salute delle piante e dell’ambiente”. Ermolaos Ververis, responsabile scientifico di EFSA per i novel food, spiega: “Efsa, al momento, ha valutato la sicurezza di questi nuovi prodotti alimentari derivati da insetti e ha riscontrato che sono sicuri per il consumo:
- verme giallo essiccato (larva di Tenebrio molitor) (NF 2018/0241)
- formulazioni congelate ed essiccate di verme giallo intero (larva di Tenebrio molitor) (NF 2018/0802)
- formulazioni congelate ed essiccate di locusta migratoria (Locusta migratoria) (NF 2018/0803)
- formulazioni congelate ed essiccate di grilli domestici interi (Acheta domesticus) (NF 2018/0804)
- polvere di grillo domestico (Acheta domesticus) parzialmente sgrassata (NF 2019/1227)
- formulazioni congelate e liofilizzate di verme minore (Alphitobius diaperinus larva) (NF 2018/0125)
Va ricordato che è dal luglio dello scorso anno che gli insetti sono stati autorizzati dall’Unione Europa per il consumo alimentare, proprio dopo le valutazioni di Efsa.
È possibile che elementi derivati da insetti possano essere inclusi nei prodotti alimentari senza che ciò sia indicato in etichetta?
“La Commissione europea – continua Ververis – è responsabile della decisione sull’etichettatura dei singoli nuovi alimenti. Secondo le regole dell’UE, il nome degli insetti deve far parte dell’elenco degli ingredienti degli alimenti preconfezionati che stiamo consumando. Inoltre, deve essere chiaramente indicato che alcuni di questi prodotti possono causare allergie. L’etichettatura delle allergie (ad esempio “questo ingrediente può causare reazioni allergiche ai consumatori con allergie note a crostacei, molluschi e prodotti derivati e agli acari della polvere”) è obbligatoria per i quattro nuovi alimenti derivati dagli insetti autorizzati dal 2021″. Quindi, no, non sarà possibile scoprire di aver comprato delle patatine, del pane o una pasta che contengono proteine derivate dagli insetti senza che questo sia chiaramente indicato in etichetta.
I vegani mangiano gli insetti?
Chi segue un’alimentazione vegana non mangerà prodotti che contengono proteine fornite dagli animali, di qualsiasi specie essi siano, quindi chiaramente nemmeno gli insetti. Per chi segue un’alimentazione classica, invece, al momento gli insetti non sono al centro del dibattito etico e la stessa Efsa spiega che, pur occupandosi, come da definizione, anche delle questioni relative al benessere animale “Al momento non è stato (ancora) chiesto di valutare gli aspetti del benessere nell’allevamento degli insetti”. Eppure le modalità attraverso le quali questi animali vengono e verranno allevati sarà inevitabilmente intensiva (al fine anche di risparmiare risorse in termini di spazio e materie prime impiegate) e, per quello che si sa al momento, verranno uccisi in massa attraverso una procedura di congelamento, preceduta da digiuno di 24 ore per eliminare residui nel loro apparato digerente. Ad esso seguiranno lavaggio, trattamento termico, essiccazione, estrazione dell’olio (estrusione meccanica) e macinazione. Come spiega la Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, questo processo fa rientrare, per esempio, la farina di grillo, nella lista dei prodotti “ultraprocessati”.
Perché ci si sta muovendo verso questo tipo di proteine animali?
Una delle questioni più urgenti legate alla gestione delle risorse alimentari per il pianeta in futuro è legata alla richiesta di proteine di buona qualità, ad un prezzo accessibile e che abbiano un impatto limitato sull’ambiente. Secondo le stime della FAO, infatti, entro il 2050 la popolazione mondiale aumenterà fino a toccare i 10 miliardi di individui ma, nonostante gli sforzi in questo senso anche da un punto di vista tecnologico ,”né le proteine alternative o le carni coltivate in laboratorio (non ancora disponibili sul mercato) – né la carne di origine animale coltivata in modo più sostenibile hanno attualmente un prezzo competitivo rispetto a manzo o maiale”, ed è per questo, continua la FAO che “il mondo ha una lunga strada da percorrere per fornire alla sua popolazione la quantità e la qualità delle proteine necessarie, a prezzi accessibili e in modo sostenibile e ottimale per la salute”. Ed ecco da dove arrivano gli insetti e il tentativo commerciale di inserirli nell’alimentazione come fonte di proteine di alta qualità. La stessa FAO sta lavorando da tempo ad un programma per intensificarne l’uso su larga scala.
Ne vale la pena?
Questo tipo di prodotti non stanno invadendo il mercato, come molti sembrano credere. Agostino Macrì, già Direttore del Dipartimento di Sanità Alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità e consulente per la sicurezza alimentare dell’Unione Nazionale Consumatori, ha risposto a questa domanda per il sito della Fondazione Veronesi: “Sicuramente la farina di grillo e altri prodotti a base di insetti potrebbero sostituire alcuni alimenti di origine animale -prosegue Macrì -, ma per adesso si tratta di un prodotto di nicchia che, oltretutto costa molto. Si parla di circa 70 euro al chilo, mentre quella di frumento costa due euro al chilo e la farina di soia, farina vegetale più vicina a quella dei grilli dal punto di vista nutrizionale, circa tre euro al chilo”.
La questione dell’impatto ambientale
Sempre secondo i dati dalla FAO, ci vogliono da due a dieci volte meno terreno agricolo per produrre un chilogrammo di proteine di insetti commestibili rispetto a un chilogrammo di proteine di suini o bovini; inoltre la produzione di emissioni di gas serra (GHG) da parte degli insetti è molto inferiore a quella del bestiame convenzionale. Per esempio, i suini producono da 10 a 100 volte più gas serra per chilogrammo di peso rispetto a vermi della farina. Ecco come mai, quindi, si torna a parlare di questa “soluzione”: in vista dell’aumento costante delle temperature, della popolazione e della scarsità di territori rimasti per avviare allevamenti intensivi, è chiaro che gli insetti sembrano rappresentare una strada valida.
Rimane apertissima sia la questione etica che quella culturale: il consumo di questi animali, da sempre legati in molte culture a sensazioni negative di repulsione, riuscirà ad essere normalizzato?