Deforestazione, Fao: agricoltura e allevamento le cause principali
Secondo l’ultimo report dell’organizzazione Onu, la deforestazione sta rallentando a livello globale, ma l’espansione agricola rimane la causa principale del fenomeno, soprattutto negli ambienti tropicali
Agricoltura e allevamento si confermano le principali cause della deforestazione mondiale. Mentre nei giorni scorsi a Glasgow, in occasione della Cop26, si discuteva di clima senza grossi riferimenti, né tanto meno impegni, sul tema dell’impatto della produzione alimentare, la conferma è arrivata direttamente dalla Fao. La nuova edizione della Remote Sensing Survey dell’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura ha evidenziato come, a fronte di un globale rallentamento della deforestazione mondiale, l’espansione agricola, in termini di acquisizione di nuove terre sia per le coltivazioni che per la creazione di pascoli, continui a essere la motivazione principale per la quale in tutto il mondo, in modo particolare nelle foreste, gli alberi vengono abbattuti.
I dati Fao
Realizzata in collaborazione con Google e la Nasa attraverso un sistema di rilevamento partecipativo che ha coinvolto le popolazioni locali, la survey della Fao ha stimato come l’espansione agricola determini in totale l’89,9% della deforestazione nel mondo, in misura di gran lunga maggiore a quanto ritenuto in passato. Tra la cause, il 52,3% è riconducibile alla necessità di avere a disposizione nuove terre da coltivare, al quale si aggiunge un ulteriore 37,5% collegato alla creazione di pascoli per l’allevamento di bestiame.
Ad essere interessati soprattutto gli ecosistemi tropicali: è nelle foreste che, tra il 2000 e il 2018, si è concentrata in modo particolare la deforestazione che, in Sud America come in Asia, continua a esercitare una forte pressione, anche a fronte di un rallentamento del fenomeno a livello mondiale che interessa anche queste aree.
Per quanto riguarda i due driver collegati all’espansione agricola i dati, però, non sono omogenei. Mentre in Asia e in Africa, per esempio, prevale quello legato alle coltivazioni, in Nord America e ancor di più in Oceania e in Sud America è la creazione di pascoli per l’allevamento intensivo a essere di gran lunga la prima causa di deforestazione. Per quanto riguarda l’Europa, il trend è in controtendenza: dalle nostre parti, infatti, causa della deforestazione sono soprattutto l’espansione urbana e la creazione di nuove infrastrutture.
L’Europa e la “deforestazione incorporata”
Il dato, però, non deve rallegrarci. Come aveva evidenziato bene un report del Wwf di qualche mese fa proprio l’Europa (e l’Italia in testa) è tra i primi importatori di “deforestazione incorporata“, ovvero quella inclusa nel consumo che facciamo di moltissimi alimenti (soia, olio di palma e carne in primis) la cui produzione e commercializzazione comportano la distruzione di foreste ed interi altri ecosistemi, come savane e praterie.
Nel periodo di studio del report Wwf, compreso tra il 2005 e il 2017, i Paesi dell’Unione – è stato calcolato – hanno causato il 16% della deforestazione associata al commercio internazionale, superando India (9%), Stati Uniti (7%) e Giappone (5%). Se si guarda ai prodotti, quelli maggiormente collegati al fenomeno sono stati soia, olio di palma e carne bovina, provenienti per lo più da Sud America e Sud-Est asiatico, seguiti dai prodotti legnosi prelevati da piantagioni come cacao e caffè. E per quanto riguarda la soia, più dell’80% di quella consumata in Europa, ricordava il rapporto, è stata usata per l’allevamento degli animali.
Pochi hanno contribuito a distruggere molto – era emerso dallo studio – se si considera che in Europa l’80% della deforestazione inclusa nei prodotti, di provenienza tropicale, lavorati e consumati nell’Ue, è stata causata da soli 8 Paesi, Germania in testa, seguita a ruota proprio dall’Italia (e poi da Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Francia, Belgio e Polonia).