Crolla il consumo di latte negli USA ma in Italia no
La tipica immagine delle taniche di latte consumate direttamente dal frigorifero e “a canna” che abbiamo sempre visto in film e telefilm americani è destinata a mutare: forse vedremo bottiglie di latte di soia, oppure di aranciata e cola. Il consumo pro-capite di latte negli Stati Uniti, infatti, è diminuito del 37% sul totale, in un arco di tempo che arriva fino al 1970, mentre il dato diventa davvero sostanziale se si guarda al consumo di latte intero: qui il crollo è del 78%.
I motivi? Sostanzialmente tre: l’aumento di allergici e intolleranti al latte vaccino, il prezzo del latte intero e l’attenzione allo spreco (evitando di acquistare troppe bevande fra le quali il latte che ha un tempo di conservazione decisamente minore rispetto ad altre).
Nel nostro paese, invece, il consumo di latte non diminuisce: è di circa 2 miliardi di euro all’anno il giro d’affari del settore secondo i dati Nielsen 2013. Aumenta in particolare il consumo di latte uht, più digeribile e che si conserva con maggior facilità.
Va registrato però, sempre guardando ai dati che una fetta di popolazione, circa 1,5 milioni, ha abbandonato completamente il consumo di latte e che il 60% opta per latti vegetali (soia e riso in particolare). Il motivo è presto detto: l’aumenti delle intolleranze alimentari e la cattiva digestione. Inoltre al vaglio del parlamento resiste ancora la proposta di abbassare l’Iva sul latte vegetale al 4% (ora è al 22%) come ci ha raccontato in un’intervista il promotore della richiesta, Lorenzo Lombardi.
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