Cosa abbiamo imparato sulle uova grazie alla tv? – Indovina chi viene a cena
Pastorizzate, vendute a miliardi, già sgusciate, poco controllate: che cosa ci ha raccontato “Indovina chi viene a cena” sulle uova che finiscono nei nostri piatti
“Fresche” anzi “freschissime”: pare che le uova dentro a tortellini, torte, biscotti e merendine siano cadute dal cestino del contadino direttamente dentro all’impasto delle pietanze da supermercato. Eppure non è esattamente così, non potrebbe esserlo in nessun modo, e al consumatore basterebbe pensarci invece di far fede al disegno sulla confezione.
Sta di fatto che di bisogno di informare ne rimane sempre tanto, tantissimo, ed ecco le la nuova puntata di “Indovina chi viene a cena” su Rai tre, condotto da Sabrina Giannini, ha raccontato alcuni fatti sulla produzione della uova nel nostro paese.
1 – Nel nostro paese ogni anno vengono prodotte (o sarebbe meglio dire “fabbricate”) ben 12 miliardi di uova. Una cifra decisamente importante che allontana definitivamente qualsiasi idea di “uovo da galline felici”, almeno dalle necessità della grande industria. Servono tante uova, al minor costo e dando meno da mangiare alle galline.
2 – La maggior parte di queste uova non finiscono con il loro guscio nei supermercati, bensì diventano ingredienti degli ovoprodotti, ossia dei lavorati industriali che hanno il pregio di far risparmiare tempo alle industrie, anzi, addirittura, guadagnarne. Uovo e tuorlo, insieme o separati, vengono pastorizzati a 62 gradi e venduti alle aziende che producono dolci, biscotti etc.
3 – Anche se sono pastorizzate la legge permette la dicitura “uova fresche“. Quello che non è più possibile sapere dalle etichette di biscotti, panettoni, colombe, torte e pasta fresca è se dentro agli ovoprodotti ci siano o meno degli additivi, perché? Facile, perché la normativa intende questi lavorati come “coadiuvanti tecnologici” e non devono quindi essere indicati in etichetta.
4 – I 2/3 degli allevamenti in Italia, e quindi i 2/3 delle uova prodotte, arrivano da galline allevate in gabbia. Le gabbie, grazie ad una legge europea entrata in vigore il 1 gennaio 2012, devono essere “arricchite”: un po’ più grandi, con una vela in plastica per creare privacy alla gallina e con qualche filo di paglia come consolazione. Sta di fatto che la immagini negli allevamenti in gabbia parlano chiaro: di arricchito e arricchente per questi animali, non c’è proprio nulla.
5– Non tutti gli allevamenti biologici sono uguali: solo alcuni prevedono il pascolo per le galline tutto il giorno. In questo caso un uovo può costare da 45 a 50 centesimi di euro l’uno, contro i 30/35 centesimi di quello da allevamento in gabbia.
6 – I maschi delle pollastre sono inutili alla produzione, quindi vengono tritati vivi alla nascita. Sono inutili perché non sviluppano abbastanza velocemente il petto.
7 – Il prodotto più utilizzato in Italia, le uova, è il meno controllato. A gestire i controlli degli allevamenti di uova in Italia è il Ministero della Salute che, nell’ultimo report datato 2015, spiega che su 12 miliardi di uova, il campione analizzato è di sole 1234.
8 – Per capire se davvero in un prodotto sono state utilizzate delle uova fresche, l’unico modo è controllare la scadenza. Se il prodotto scade dopo mesi, non ci saranno di certo uova davvero fresche nella lavorazione, bensì pastorizzate.
9 – La gallina “brown” è quella brevettata dopo una selezione genetica durata 50 anni. Quando gli allevatori la comprano, ricevono un vero libretto di istruzioni, come quello di un frullatore, per capire come nutrirla, che cicli di luce siano migliori per farla produrre meglio, come, insomma massimizzare la sua resa. Il massimo assoluto? Un uovo al giorno da una gallina che mangia poco. Peccato che il suo ciclo di vita produttivo sia di circa un anno e mezzo, mentre in natura vivrebbe fino ad 8 anni.