Cina, il governo: “Mangiate meno carne”
Anche la Cina si unisce a quei paesi dell’Unione Europea, come Paesi Bassi e Regno Unito, che hanno già promosso la riduzione del consumo di carne per contrastare l’epidemia di obesità
Dalla Cina un’inaspettata svolta ambientalista: il Ministero della Salute, con una serie di linee guida, esorta i cittadini a limitare il consumo personale di carne e uova a 200 grammi al giorno (rispetto ai 300 grammi attuali). Una riduzione del genere può sembrare minima, ma in realtà l’impatto finale è consistente: 100 grammi in meno di questi prodotti a persona fa sì che il consumo nazionale si dimezzi.
La Cina si unisce agli altri paesi dell’Unione Europea che hanno già promulgato limitazioni simili per contenere l’impatto ambientale derivante dall’allevamento oltre che per contrastare il fenomeno obesità. Tra questi: Olanda, Svezia, Danimarca e Regno Unito. Con questa operazione di progressiva riduzione, WildAid stima che le emissioni di gas serra si ridurrebbero dell’1,5% a livello mondiale.
Gli animali nella cucina cinese
La tradizione culinaria cinese considera cibo specie animali che nella maggior parte del mondo non lo sono: i cani (tristemente noto e oggetto di continue petizioni per la sua immediato abolizione è il festival della carne di cane che si ripropone annualmente), gli orsi (di cui si mangiano le zampe) e lo squalo (usato per preparare una costosissima zuppa).
La zuppa di pinne di squalo risale alla dinastia Song (decimo secolo d.C.) ed è sempre stata al centro dei banchetti reali. Con il miglioramento della condizione economica, tuttavia, è diventata sempre più ambita anche dalla nascente classe media nonostante il sapore, a detta degli stessi cinesi, sia abbastanza disgustoso. Eppure viene consumata da tutti soprattutto come simbolo di raggiunto benessere: un chilo di pinne arriva a costare anche 1.200 dollari, una porzione fino a 70 e una zuppiera per 12 raggiunge facilmente i 150 dollari. Il risultato di questa è stata la strage di molte specie di squali (circa 73 milioni all’anno), la maggior parte delle quali a rischio estinzione.
Serena Porchera