C’è una carta che è fatta con le alghe (e altra con il cioccolato o i kiwi)

Lo studio di alternative alla cellulosa continua ed ha anche precedenti fortunati

Negli anni Novanta la laguna veneta venne invasa in modo anomalo dalle alghe: troppo caldo, troppo inquinamento. Fu un’azienda a trovare una soluzione, perché quelle alghe non potevano solo essere prelevate e buttate, molto meglio trovargli una nuova vita, magari in un processo produttivo funzionale. E fu così che nacque Alga Carta un prodotto che tutt’ora viene utilizzato e che rappresenta un modo per trasformare un problema in un’opportunità.

Nel frattempo Favini, l’azienda che ha inventato l’Alga Carta, ha lavorato sul cercare strade alternative e meno impattanti per la produzione della carta. Un esempio? Gli scarti alimentari. Cioccolato, cocco, fibre di agrumi, di mandorle o di kiwi finiscono a sostituire il 15% della fibra della cellulosa solitamente tratta dagli alberi. C’è anche la carta realizzata completamente senza alberi perché tratta dal bambù e da scarti della lavorazione del cotone. C’è da dire che nel frattempo il problema della sovrabbondanza di alghe a Venezia è rientrato ma non certo in molte altre aree marine europee ed è da lì che che l’azienda vicentina “pesca” il suo materiale.

Questa carta, chiaramente, non è per tutti. Riviste, aziende, moda la utilizzano per progetti speciali perché la questione (un po’ come per la carne coltivata) è sempre la scalabilità economica, come spiega Roberta Lombardi, Sustainability Manager e consulente strategica per le piccole e medie imprese: “Le alghe rappresentano un materiale straordinario: crescono rapidamente, non sottraggono terreno alle coltivazioni alimentari, assorbono grandi quantità di anidride carbonica e possono essere coltivate in ambienti marginali come acque salate. Ma quali sono gli ostacoli all’adozione su larga scala? Anzitutto, i costi. La produzione di questi nuovi materiali è attualmente più onerosa rispetto alle carte tradizionali. Le economie di scala non sono ancora state raggiunte, e questo rende l’investimento iniziale significativo per le case editrici, per esempio. Un altro nodo cruciale riguarda la standardizzazione. L’industria editoriale necessita di materiali con caratteristiche costanti e prevedibili. Le tecnologie attuali devono ancora garantire un livello di uniformità che soddisfi pienamente le esigenze di produzione industriale”.

Due pack realizzati da aziende con carta tratta da scarti della sua stessa produzione: nella fattispecie cioccolato e petali di rose

Ci sono tanti scenari diversi per la produzione di alternative alla carta. Per esempio una coppia di scienziati del Politecnico di Zurigo, Patrycja Kucharczyk e Adam Korczak, hanno lavorato alla creazione di fibre di cellulosa tratte dal lavoro di microrganismi che si nutrono di rifiuti organici. E non dimentichiamo anche una delle alternative più famose. Nel 1997 la Eco Maximus in Sri Lanka iniziò ad utilizzare le fibre tratte dallo sterco di elefante per produrre carta. L’idea non nasceva dalla necessità di trovare un nuovo utilizzo ad uno scarto ma in questo caso dalla volontà di trovare una chiave di collaborazione fra gli abitanti delle campagne dello Sri Lanka e gli elefanti che venivano abbattuti dall’uomo perché distruggevano i raccolti. “Se l’elefante viene visto come un valore economico che contribuisce significativamente al benessere delle persone, le stesse non vorranno vederlo scomparire dal territorio” spiega l’azienda sul suo sito.

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