Carta o digitale: come si impara meglio?
Gli studi della linguista inglese Naomi S. Baron indagano come sta cambiando il nostro mondo di imparare con il digitale sul piano cognitivo, emotivo e pratico: ecco cosa ci raccontano
articolPc, tablet e smartphone ci permettono di entrare in ogni momento a contatto con una quantità infinita di informazioni, per non parlare di audiolibri e podcast, che ci rendono possibile l’incontro con una tragedia di Shakespeare mentre siamo imbottigliati nel traffico, o dell’universo di nozioni in modalità video attraverso corsi on-line, tutorial e lezioni a distanza con cui possiamo cimentarci tanto da imparare a suonare un sassofono o a cucinare un piatto brasiliano di Moqueca de peixe in versione vegana. In questo parco divertimenti per la conoscenza spesso, però, il rischio è quello di essere fruitori un po’ passivi di fronte a dispositivi che sembrano portarci via tempo ed energie, fornendoci molti fatti e nozioni che dopo pochi minuti, quasi con un senso di sopraffazione, tendiamo a dimenticare.
Una sorta di graduale addio alle pagine stampate, parrebbe, nel quale si racchiude quella che Naomi S. Baron, linguista e docente presso il Department of World Languages and Cultures dell’American University di Washington D.C., ha definito una “rivoluzione”, ossia il passaggio dall’apprendimento prevalente attraverso il supporto cartaceo a quello mediato dagli strumenti tecnologici. L’interazione con strumenti virtuali e digitali è molto importante in quanto modifica l’assetto generale della nostra mente e tutte le azioni che ne conseguono quali leggere, pensare, ragionare e ricordare. Ma qual è il mezzo migliore per imparare e quali sono i pro e i contro della lettura su libri cartacei o digitali? Audio e video, invece, possono offrire un valido contributo all’apprendimento? Le future generazioni impareranno a leggere bene, in modo profondo e ragionato, immersi in questa nuova cultura digitale?
Gli studi
Per capire se sia preferibile la lettura su carta a quella su un supporto digitale, Naomi S. Baron, nel suo recente saggio Come leggere: carta, schermo o audio?, si basa su due tipi di studi: nel primo si indaga la percezione dei lettori a seconda che il mezzo scelto sia la carta o lo schermo, nel secondo, più pratico, dopo aver fatto leggere a un campione di persone dei testi sia su carta che su schermo si valutano semplicemente i risultati di comprensione.
Queste ricerche hanno coinvolto circa 10.650 studenti americani tra il 2017 e 2019. Baron spiega che mentre la percezione prevalente è quella che la carta sia il mezzo migliore e preferibile al fine di una migliore comprensione, secondo i risultati sperimentali, invece, non si rilevano sostanziali differenze. La professoressa, però, nota come questi risultati siano cambiati negli ultimi tempi mostrando un peggioramento della qualità di comprensione dei testi digitali a causa dell’imprinting dovuto all’interazione con le piattaforme social, che ci hanno abituato a un atteggiamento multitasking, e ai livelli di distrazione maggiori mentre leggiamo.
La carta…
Baron ha analizzato le percezioni di lettura su carta e su schermo in base a tre fattori: emotività, aspetto cognitivo e praticità. Secondo le persone che si sono sottoposte ai test, leggere su carta è più rilassante, trasformandosi in una specie di rituale che coinvolge anche tatto e olfatto. Da un punto di vista cognitivo, inoltre, con la carta i lettori riscontrano un minor pericolo di distrazione, una maggiore sintonia con gli argomenti letti, nonché la sensazione che il contenuto si fissi più facilmente nella memoria.
… e il digitale
Il testo digitale, invece, è considerato “più divertente” e “appare più corto da leggere”, risulta più facile da scorrere e fornisce la possibilità di salvare documenti sul dispositivo utilizzato rendendone più semplice la classificazione e la reperibilità mediante una semplice ricerca. La maggior parte dei partecipanti agli studi ha inoltre rilevato di “esser tenuto più sveglio” dal digitale, di apprezzare la presenza di contenuti multimediali come video o immagini che aiutano la comprensione e il fatto di poter eseguire meglio ricerche specifiche. Infine, molti lettori apprezzano il digitale in quanto reca minori danni all’ambiente ed è più sostenibile economicamente.
Esiste, però, un aspetto contraddittorio nella lettura digitale che emerge nel saggio di Baron: il fattore della differenza fra lo scorrimento di un testo su di uno schermo rispetto all’atto di sfogliare una pagina. Benché la percezione di alcuni utenti sia positiva in merito alla funzione dello scorrimento ed esso sia effettivamente utile quando si cerca qualcosa in particolare o se si sta analizzando velocemente un testo, non vale lo stesso quando si legge con lo scopo di imparare. Secondo gli studi riportati da Baron, lo scorrere testi lunghi su uno schermo mentre si legge aumenta lo sforzo cognitivo portando a risultati inferiori nei test di apprendimento. Il problema, come avrebbe detto la poetessa e scrittrice statunitense Gertrude Stein, è che lì non c’è un “lì”. Lo scorrimento non offre marcatori di inizio o fine, mentre i confini di una pagina precisa danno ai lettori la sensazione di trovarsi in un luogo specifico.
Chi fine farà l’apprendimento nell’era digitale?
Non possiamo sapere con precisione quali saranno le conseguenze dell’apprendimento e della lettura digitali sulle capacità cognitive delle future generazioni essendoci praticamente in mezzo ma di sicuro, spiega Naomi S. Baron, queste dipendono dalle scelte che compiamo oggi e dalla nostra volontà a informarci adeguatamente. Da studi condotti in diversi Paesi di lingua inglese, emerge, per esempio, come siano molti i genitori che preferiscono la carta stampata come supporto per la lettura per i propri figli piccoli e in età prescolare. D’altra parte, però, rifiutando l’offerta digitale temono anche che i bambini restino indietro nell’apprendimento o nella preparazione scolastica durante la quale potrebbero dover interagire con tablet o mezzi digitali.
A favore degli schermi tattili, Barson r9irta gli studi degli specialisti della prima infanzia Natalia Kucirkova, professoressa di educazione e sviluppo della prima infanzia presso l’Università di Stavanger in Norvegia, e Barry Zuckerman, presidente emerito del Dipartimento di Pediatria presso la Boston University School of Medicine, per i quali l’uso dei dispositivi digitali nei bambini, in realtà, favorirebbe lo sviluppo del vocabolario, il controllo della motricità, la coordinazione oculo-manuale e la comunicazione. Secondo Barson, al momento non esistono, quindi, dati scientifici rilevanti a fronte dei quali demonizzare l’apprendimento attraverso i mezzi digitali, anzi. Sarà, quindi, sempre più necessario diventare consapevoli del mezzo che si sta utilizzando e delle strategie da mettere in pratica per fruirne al meglio. Gli studi su queste tematiche sono in pieno svolgimento perché siamo ancora immersi noi stessi nell’era digitale che stiamo provando a studiare.