Boston vieta la vendita di animali nei negozi
La città americana segue a Chicago, Los Angeles e San Francisco con un provvedimento che mira a agevolare il percorso di adozione da canili e rifugi. E in Italia?
Boston vieta la vendita di animali domestici nei negozi. Lo scorso 2 marzo, l’amministrazione comunale della città americana ha varato all’unanimità una delibera che vieta la vendita di cani, gatti e conigli nei negozi di animali, negli allevamenti commerciali, in parcheggi e mercati.
Questa ordinanza, detta “Puppy Bill Mill” e firmata con soddisfazione dal sindaco di Boston Martin J. Walsh, mira a sollecitare l’affidamento di quegli animali che vivono già in rifugi e canili. I negozianti che al momento vendono animali cresciuti in allevamento potranno lavorare a stretto contatto con queste strutture, agevolando le associazioni animaliste nel percorso di adozione.
Soddisfazione dagli attivisti per i diritti degli animali: “Siamo davvero contenti di vedere come Boston continui ad essere leader sul tema” ha dichiarato Kara Holmquist, direttrice del “Massachusetts Society for the Prevention of Cruelty to Animals”. Un provvedimento del genere, che a Boston entrerà in vigore a fine 2017, non è però nuovo in America: oltre a numerose piccole cittadine, alcune grandi città come Chicago, Los Angeles e San Francisco hanno negli ultimi anni emanato questa direttiva.
E da noi? Dietro il commercio di animali si nascondono verità che non vorremmo ascoltare. Anche in Italia, molti dei cuccioli presenti e acquistabili nei negozi provengono dall’Est Europa, cresciuti in condizioni estenuanti e umilianti, tra scarsa igiene, scarsi controlli veterinari e l’impossibilità di sviluppare rapporti sociali di livello con gli umani e con i simili. Queste fabbriche di cuccioli sono sostenute anche nel nostro Paese, dai negozianti, dagli allevatori e da tutti quelli che invece di adottare un animale da un rifugio o da un canile lo comprano selezionandolo in vetrina. A quando in Italia una nostra “Puppy Bill Mill“?
Yuri Benaglio