Anita Krajnc, l’angelo silenzioso dei maiali da macello

Anita Krajnc - Toronto Pig Save

Nella metropoli canadese di Toronto ogni settimana, tre volte a settimana, circa cinquemila maiali vengono trasportati nel macello “Quality Meat Packers“. Che in italiano possiamo tradurre con un “Imballatori di carne di qualità”. Un nome che però nasconde un luogo in cui vengono uccisi decine – migliaia, in questo caso – di maiali. Da qualche tempo la strage è un po’ meno silenziosa: tre volte a settimana i membri dell’associazione Toronto Pig Save si ritrovano all’incrocio tra due strade, vicino a un semaforo, in cui passano i camion che trasportano quei maiali. Non fanno nulla, stanno in silenzio, ma il loro silenzio rende assordante la strage dei suini per chiunque assista alla scena. Hanno solo dei cartelli tra le mani, ma niente urla o rabbia. L’unico gesto che compiono è tutto fuorché una protesta, ma allo stesso tempo è la protesta più forte: i “manifestanti” porgono bottiglie d’acqua ai maiali attraverso le fessure del camion.

Toronto pig save
A capo dell’associazione c’è Anita Krajnc, è lei che ha fatto nascere questo movimento. Tutto ha avuto origine nello stesso modo: qualche anno fa Anita passeggiava con il suo cane in giro per la zona di Toronto in cui abitava ogni volta vedeva i camion del macello riempire la strada con il loro tremendo carico. I rumori dei versi dei maiali erano assordanti. Intervenire, in quel momento, per Anita, «era la cosa più ovvia da fare: bisognava organizzarsi e agire». Il concetto di “agire” ha tante sfumature, ma lei ha scelto la meno brusca: lei e altre decine di persone si ritrovano tre volte a settimana “armati” di cartelli e bottigliette d’acqua. Non coprono il rumore dei versi dei maiali con le loro urla, tutt’al più li placano offrendono loro dell’acqua fresca.
Toronto pig save

«Quello che trovo curioso e anche un po’ spaventoso è che ho vissuto per anni vicino al macello e non è mai stato fatto nulla»: mai una protesta, mai una manifestazione, mai un corteo. La zona era abituata a questo passaggio di camion con centinaia di maiali a carico. Centinaia di maiali schiacciati l’uno contro l’altro, sofferenti, malati e diretti verso il locale macello: in estate la temperatura a bordo è altissima, se già in città si arriva ai 30°, mentre l’inverno è assai rigido e loro non hanno alcuna protezione: «Le condizioni del trasporto sono infernali, alcuni muoiono per attacco cardiaco d’estate o per congelamento d’inverno», racconta.

Anita ama leggere, divora libri assai velocemente, racconta che la sua associazione è ispirata a Gandhi e Tolstoj: il primo, fermo e convinto sostenitore della forza della non violenza che si ritrova in una forma particolare anche nei membri della Toronto Pig Save; il secondo, che durante la carestia del 1891-1892, provò a organizzare una vendita di cibo per la popolazione in crisi, dando il la alla creazione di 246 mense, strutture mediche di fortuna e asili nido per educare e alfabetizzare una Russia che era ancora in gran parte analfabeta. Anita dice: «Stiamo piantando dei semi e ogni giorno poniamo la questione in primo piano per l’opinione pubblica. La gente che vede i camion adesso ne parla a casa, a scuola, a lavoro. Abbiamo pian piano ottenuto l’attenzione dei mass media, adesso abbiamo anche una certa risonanza sui social network».

«I maiali sanno chi sono i loro amici e chi no, i nostri sit-in sono quasi sempre positivi». Talvolta i manifestanti di Toronto Pig Save cedono il passo alla commozione e si lasciano andare alla rabbia, ma i casi sono rarissimi. Tanto che i primi a solidarizzare con loro sono proprio i camionisti e i lavoratori del macello: «Alcuni prendono i nostri volantini e poi diventano addirittura sostenitori dei diritti degli animali, il nostro gruppo sostiene i maiali ma anche i diritti dei lavoratori». Anita e il suo gruppo offre loro panini con affettato vegetale: un modo per tendere la mano, per non creare barricate. Per ora, l’obiettivo di Anita è quello di espandere il più possibile l’eco della protesta pacifica e silenziosa, ma non per questo non rabbiosa, della sua associazione: «La testimonianza è l’inizio della consapevolezza», dice. E ancora: «Una volta vista la situazione di persona, il proprio sostegno diventa più profondo, solido e sincero. Quando i testimoni saranno tanti, allora ci sarà un vero cambiamento sociale epocale per gli animali: la loro liberazione sarà inarrestabile e il mondo sarà un luogo più felice per tutti».

Domenico D’Alessandro

Le immagini dei maiali sono delle fotografa e attivista JoAnne McArthur. Alcuni di questi scatti si trovano nel libro “We Animals – Noi animali” edito da Safarà 

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