“Animali come noi”: fra maiali “cannibali” e “benessere animale”
La prima puntata di un’inchiesta che si occuperà della realtà degli allevamenti intensivi in Italia: Giulia Innocenzi ha mostrato un lato oscuro, ma ormai sempre più sotto i riflettori dell’opinione pubblica
“I maiali sono cannibali, aggressivi di natura, sono 10 anni che lavoriamo affinché siano migliorate le loro condizioni” a parlare è Giovanna Parmigiani di Confagricoltura e già Presidente della Sezione di Prodotto Carni bovine e suine di Confagricoltura Piacenza: è ospite della trasmissione “Animali come noi” di Giulia Innocenzi, andata in onda su Rai 2 ieri 15 marzo alle 23.20. Il benessere animale, come spiega la Parmigiani, sarebbe al centro dei pensieri degli allevatori perché è da quello che si trae maggiore profitto. Quelli mostrati dalla trasmissione, i casi di allevamenti infestati da topi, con maiali ammalati e lasciati morire nei corridoi sono “casi isolati, dai quali ci dissociamo”.
La trasmissione ha portato nuovamente in televisione, anche se in tarda serata, una denuncia che ormai non ha più grandi segreti: gli allevamenti intensivi sono fabbriche in cui gli animali non sono altro che ingranaggi, pezzi di un processo che ha lo scopo di produrre di più a meno. Lo conferma la stessa Parmigiani: “L’etichettatura trasparente sulla provenienza degli animali? Io sono d’accordo – risponde – peccato che non so in quanti sarebbero in grado in Italia di permettersi una carne che costa il 40% in più a causa dei metodi di allevamento estensivi”. E’ chiaro, il sovraffollamento, i maiali lasciati morire, la selezione genetica (confermata dalla Parmigiani) di scrofe che possano allattare più piccoli, è volto ad unico obiettivo: produrre più carne e farla costare meno. Eppure in Italia di carne se ne mangia già troppa.
E’ sempre e solo questo il motivo che spinge un mattatoio italiano, il macello Martelli di Dosolo in provincia di Mantova mostrato durante la trasmissione, a far macellare 380 maiali all’ora da operai che si ammalano di malattie professionali legati alla ripetizione compulsiva degli stessi movimenti. Sono alcuni di loro a parlare ai microfoni della trasmissione: “Ci avevano concesso 10 minuti di pausa in più – spiegano – ma ce li fanno recuperare, 5 al mattino e 5 alla sera”. Una fabbrica, appunto. Martelli e i suoi non si fermano a rispondere alle domande della Innocenzi, si negano al telefono e scappano in macchina davanti alla telecamere. Lo stesso sindaco di Dosolo, che è anche il medico che avrebbe dovuto verificare le condizioni di lavoro degli operai non risponde alle domande.
La trasmissione è divisa in due ma, e non ci si aspettava nulla di diverso, non è un inno all’etica animalista, bensì al racconto di una realtà di cronaca che racconta i processi produttivi di un prodotto acquistato dagli italiani. L’etica, dicevamo: purtroppo l’aspetto di sensibilizzazione rispetto alle condizioni da tortura degli animali è stato “affidato” ad un’unica parte con attivisti che fermano camion diretti ai macelli, attività che non ha nessuno scopo pratico, se non quello di mostrare che spesso chi guida i camion lo fa perché “deve farlo, è un lavoro come un altro”. Un peccato non aver coinvolto in quel frangente (e solo probabilmente nella parte di spedizione verso gli allevamenti) le associazioni animaliste come Essere Animali o Animal Equality che nel panorama italiano stanno facendo davvero la differenza in termini di professionalità e di utilità pubblica: mostrare quel lato della battaglia animalista avrebbe fatto bene al pubblico generalista, avrebbe fatto bene capire che non ci sono solo lacrime e parole di conforto ai maiali nei camion, dietro all’attività di chi vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sulla follia degli allevamenti da carne. La stessa Innocenzi ha rivelato i dati di ascolta: erano 607mila le persone davanti alla tv. Dato l’orario, un buon risultato. Nel frattempo CIWF Italia ha chiesto che il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin dia risposte sul tema dei mancati controlli in quegli allevamenti: arriveranno?