Addestratore ucciso dalle tigri, Marchesini: “Dovere morale trovare una soluzione per gli animali”
“L’aspetto istintivo e quello legato all’addestramento coesistono negli animali e un certo grado di imprevedibilità non può mai essere dimenticato, ora va cercata una soluzione”
“L’adrenalina che cerca chi frequenta il circo per vedere gli animali “feroci” è dovuta ad un fattore che non può essere ignorato: l’aspetto istintivo, genetico degli animali selvatici, un aspetto che determina sempre un rischio”. Queste le parole dell’etologo Roberto Marchesini sulla vicenda della morte del domatore Ettore Weber, 61 anni, lo scorso 4 luglio, attaccato da alcune tigri durante le prove di uno spettacolo.
Eventi di aggressione verso gli umani da parte di animali in cattività sono abbastanza rari ma non per questo impossibili. Il professor Marchesini spiega con precisione che cosa significa avere a che fare con un animale selvatico. “Il fattore dell’imprevedibilità del comportamento animale, c’è sempre, perché il comportamento di tutti i mammiferi è dovuto a due aspetti: da una parte abbiamo l’apprendimento attraverso l’ esperienza, dall’altra abbiamo il livello genetico e istintivo. La parte appresa è dovuta al contesto nel quale l’animale è stato cresciuto e addestrato: queste tigri conoscevano la relazione con l’uomo, perché faceva parte del loro mondo, ma il fatto che mettano in atto certi comportamenti, come saltare, salire sugli sgabelli non significa che stessero bene e non significa nemmeno che la loro componente istintiva fosse dimenticata”.
Marchesini ci tiene a precisare inoltre, di essere sempre stato contrario ai circhi: “Detesto anche gli spettacoli senza animali come quelli dei lanciatori di coltelli, figuriamoci quelli durante i quali una tigre deve camminare su due zampe o un elefante deve camminare a testa in giù, si tratta di spettacoli completamente diseducativi e che privano gli animali dei loro diritti a vivere secondo la loro etologia profonda, ed è anche per questo che ora c’è il dovere morale di trovare un posto dove far stare questi animali, non voglio nemmeno sentire nominare la parola “eutanasia”, oltre al fatto che sarebbe una soppressione eutanasica, dato che questo animali stanno benissimo”.
E ora le tigri che fine faranno?
Che destino verrà riservato agli animali? Lo spiega l’Enpa che se ne sta occupando: “Gli animali sono in buone condizioni di salute ma si trovano ancora nelle gabbie di trasporto e sotto sequestro dato che la struttura dello zoo safari di Fasano alla quale sono state temporaneamente affidate, non è in grado di ospitarle nei suoi spazi. Lasciando da parte ogni considerazione relativa alla struttura dove sono stati portati gli animali, che è pur sempre un luogo di cattività, ci troviamo a gestire una situazione di emergenza. Le tigri – spiega la coordinatrice regionale Enpa per la Puglia, Daniela Fanelli, che ha condotto il sopralluogo a Fasano – non hanno spazio sufficiente né a muoversi né a sgranchirsi. Si trovano dunque in una situazione di costrizione e dopo una settimana non è più concepibile che vengano detenute in tali condizioni”.
Nel frattempo proprio Enpa ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di trovare una soluzione nell’ambito della rete europea dei santuari dato che quelli del nostro Paese non hanno gli spazi necessari ad accogliere 8 animali di quel tipo garantendo loro una vita dignitosa. “Noi – sostiene l’associazione- non ci rassegniamo all’idea che questi animali possano finire in uno zoo anche se è uno scenario teoricamente possibile data la difficoltà nel gestire animali di questo tipo”.
Secondo Marchesini ora l’aspetto più importante è che vengano messe in campo persone altamente competenti:”Si tratta di animali che hanno vissuto un’esperienza di attacco ad un essere umano, ciò significa che ora esiste una maggiore probabilità che il comportamento aggressivo possa ripetersi: non sono semplicemente “tigri”, bensì animali cresciuti ed addestrati in cattività che in più hanno vissuto questa esperienza”.