Un mondo senza animali
Insulina, trasfusioni, aspirina, pillola anticoncezionale: queste sono alcune delle scoperte scientifiche e dei metodi di cura che il professor Fabrizio Benedetti dell’Università di Torino, elenca nel suo libro “Un mondo senza animali” nel capitolo dedicato a quali sarebbero le “rinunce” che noi esseri umani dovremmo patire se decidessimo davvero di volere quella che Peter Singer chiamò “liberazione animale”.
Il volume di Benedetti, un piccolo pamphlet di un centinaio di pagine, ha uno scopo dichiarato: quello di analizzare nel modo più oggettivo possibile che cosa significherebbe per l’essere umano la liberazione animale, ossia il non utilizzare per nessuno scopo funzionale, coloro che accompagnano l’uomo sul pianeta, o meglio, coloro che lo abitano da molti più millenni di noi. Una tesi, questa, definita “Antispecismo debole” e che, certamente, porta ad una serie di domande complesse. “Siamo disposti – scrive Benedetti – a rinunciare all’antipolio, ai vaccini, alla chirurgia, a favore del benessere animale?”.
La posizione del professore è chiara: se possiamo certamente smettere (o meglio come lui scrive “rinunciare”) di mangiare carne, se non ci sarebbero grossi problemi nel non andare più al circo, a vedere una corrida o allo zoo, se senza dubbio possiamo decidere di acquistare prodotti per la nostra bellezza che non vengano testati sugli animali, è anche vero che, certamente, non tutti coloro che si dichiarano “animalisti” o “attivisti per i diritti animali” sarebbero disposti a non curarsi o a rinunciare alla quasi totalità delle tecniche mediche oggi conosciute “solo” perché provenienti dallo sfruttamento, avvenuto anche nel passato, degli animali.
Il libro è decisamente interessante anche se, altrettanto certamente, non parte da un’analisi oggettiva della questione dato che pone tutta la discussione sul piano della “riununcia” e non della scelta consapevole. Inoltre esiste un piano di ignoranza etica abbastanza evidente sul tema dell’alimentazione carnea e sul rapporto fra il vedere e il consumare. Si legge infatti nel libro “Dopotutto – scrive Benedetti nel capitolo dedicato ai “divertimenti” come la caccia – andare dal macellaio o uccidere con le proprie mani un animale, è la stessa cosa”. Non esattamente, e sarebbe interessante mettere a confronto Benedetti con Melanie Joy e con la sua teoria della “non connessione”, ma lo faremo in un altro articolo.
La conclusione del testo è che si debba andare nella direzione indicata dal progetto delle “Tre r”: rimpiazzare, ridurre e rifinire”. L’idea è quella di porre l’uomo, la ricerca e lo sviluppo, anche in campo medico, sul terreno della ricerca alternativa: se è vero che i grandi pilastri della medicina, che salva ancora oggi molte vite, sono basati proprio sulla sperimentazione e la vivisezione animale, è vero che siamo nel 2016 e che è tempo per l’essere umano di evolversi e di guardare finalmente al mondo attorno a sé come un luogo in cui non spadroneggiare, bensì convivere con chi ha lo stesso nostro diritto alla vita. Non stiamo nemmeno a ribadire che smettere di mangiare carne e derivati, smettere di indossare pellicce, pelle, usare cosmetici testati, cacciare, e molte altre attività umane, possono essere interrotte adesso, in questo preciso momento, senza nessuna vera conseguenza negativa su di noi (ma di certo positiva per gli altri animali), ma mettiamo sul piatto del tema “medico” tutto ciò che non è retroattivo: che la ricerca vada in quella direzione, che i finanziamenti ci siano, che la mentalità cambi e, nel frattempo, saremo sempre infinitamente grati a coloro che hanno lavorato perché non si morisse più di influenza o di poliomielite ma rimanendo grati anche verso le vite di altri animali che sono stati sacrificati per questo e, finalmente, cambiare pagina.
Fabrizio Benedetti
Un mondo senza animali
Carocci Editore
euro 10,00