“Mangiato bene?”: le 7 regole per riconoscere la buona cucina
Dopo anni di scrittura – prima libri, poi ancora libri e tanti articoli su carta e on line – Roberta Schira fa tesoro di quello che le hanno insegnato, di quello che ha imparato da sola e di ulteriori osservazioni e consigli elargiti da alcuni dei più titolati maître à penser dell’enogastronomia. Il risultato è un agile manuale che chiunque si occupi di cibo a diverso titolo dovrebbe adottare. Più che un libro di cucina, infatti, questo è un testo sulla critica culinaria. Per la prima volta un autore opera uno sforzo di sintesi per tracciare il profilo della “buona critica”, per stabilire alcuni criteri oggettivi che consentano di esprimere un giudizio attendibile e autorevole, non solo secondo il proprio gusto personale.
A parere di chi scrive è già un grande merito aver chiarito che non c’è niente di peggio del “siamo tutti critici enogastronomici”. E questo non tanto per mettere in discussione il sacrosanto diritto di esprimersi da parte di ognuno, quanto per far chiaramente intendere un altro concetto: non si può giudicare davvero un cuoco o una cucina senza avere una sufficiente esperienza di assaggi, senza termini di paragone, senza una “scuola”. Esattamente come non si può valutare un pittore senza conoscere la storia dell’arte. Un conto è dire “mi piace – non mi piace”, cosa che a loro modo sanno comunicare anche il cane e il gatto di casa, un conto è scrivere una recensione per un pubblico di lettori.
Ed ecco l’altro aspetto fondamentale toccato dalla Schira: i lettori. È per loro che si scrive. Sembra ovvio, ma non lo è. C’è chi scrive per se stesso, chi scrive per compiacere il ristoratore, chi ha in mente uno sponsor o un produttore che paga il conto.
Se dunque chi scrive di gastronomia non può fare a meno di leggere questo libro, proprio l’aver cercato di elencare le 7 regole principali per riconoscere la buona cucina lo rende assolutamente raccomandabile anche per chi cucina, sì proprio loro, i cuochi e le cuoche di professione, e tutti coloro che si dilettano a fruire di leccornie o a prepararne per gli amici e i parenti.
Vediamo in sintesi quali sono “i fondamentali”, secondo l’autrice.
Primo, la qualità degli ingredienti, possibilmente il meglio che offre il mercato. Sfoltire (le spese) su tutto, se necessario, ma mai sui prodotti che finiscono nei piatti.
Secondo, la tecnica, “saper manipolare e trasformare la materia in piatto finito, nel rispetto della sua essenza, della tradizione e della scienza”. Laddove la scienza è al servizio dell’arte di “manipolare e trasformare”…fin dai tempi della scoperta del fuoco e dell’invenzione delle pentole.
Terzo, il genio. Che in sintesi si può tradurre nella spinta motivazionale e nella capacità di esprimerla e comunicarla: perché proprio così anziché in un’altra maniera… e talvolta – anche se molto raramente – un piatto può diventare un’opera d’arte.
Quarto, equilibrio e armonia. Ci può essere equilibrio perfetto in un panino gourmet (Roberta azzarda la “formula del panino perfetto”) come nel più ardito e insolito degli accostamenti, e al contrario si può assassinare la migliore e più pregiata delle materie prime imponendole la convivenza con un comprimario impossibile.
Quinto, l’atmosfera. Il “non so che” che fa la differenza tra “quel” locale e un locale qualsiasi. Difficile da definire con esattezza, ma scomponibile in tanti fattori, per avvicinarsi a un’analisi seria: l’ambiente, l’accoglienza, la competenza del personale, la coerenza fra i vari elementi (o al contrario la presenza di evidenti stonature).
Sesto, il progetto. L’idea che l’insieme non sia casuale ma faccia parte di un un disegno più ampio, nel quale il cuoco o il locale si colloca. Beh, per chi segue vegolosi.it, la sesta regola è metabolizzata di default: un vegetariano o un vegano probabilmente la metterebbero in testa.
Settimo, il valore. Cioè la definizione del “giusto” quando si comincia a parlare di conto, di prezzo: “Ciò che ho pagato è proporzionale a ciò che ho ricevuto?”. E qui certamente una buona consapevolezza sulle sei regole precedenti aiuta a darsi una risposta in modo pressoché infallibile.
Il manuale si conclude con una serie di contributi eccellenti (da Carlo Petrini a Oscar Farinetti, da Camillo Langone a Paolo Marchi) e con un epilogo che ha il pregio, davvero non da poco per un’autrice cui giustamente non manca l’autostima, di rimettere il tutto in discussione… Perché é sempre più meritorio aprire un dibattito, piuttosto che spegnerlo con sentenze definitive.
Roberta Schira
Salani Editore
Saverio Paffumi