Animali: si estinguono 1000 volte più velocemente, colpa della nostra alimentazione
Sconcertante: questa è l’unica parola che può spiegare quello che sta accadendo a livello globale a causa dell’allevamento e dell’agricoltura intensivi, il libro “Dead Zone” di Philip Lymbery
Philip Limbery appare sinceramente preoccupato mentre racconta quello che visto in due anni di ricerche sul tema della correlazione fra scelte alimentari e danni all’ambiente “La gente non sa cosa sta succedendo“, dice sconsolato durante il book-trailer di “Dead Zone: come l’allevamento intensivo distrugge la biodiversità” pubblicato da pochissimo in Italia da Nutrimenti. La visione d’insieme è proprio quello che manca per capire che le nostre scelte quotidiane a tavola influenzano in modo diretto la vita del nostro pianeta e dei suoi abitanti (compresi noi).
Cosa collega la nostra bistecca o il nostro hamburger doppio nel fast food vicino casa, alla vita del giaguaro? Ne rimangono sul pianeta solamente 15.000 e la loro sparizione è dovuta soprattutto alla distruzione del territorio sui cui vivono per fare spazio a coltivazioni intensive e allevamenti. Anche mangiare sushi non è certamente una bella abitudine: per poter garantire la quantità di pesce che finisce ogni giorno sulle tavole e i nastri trasportatori dei ristoranti “Alla you can eat” di tutto il mondo, le riserve di pesce scarseggiano e i pinguini africani si stanno estinguendo. Questi sono solo alcuni degli esempi ai quali fa riferimento Lymbery, direttore internazionale di CIWF, nel libro che racconta un viaggio inchiesta, di quasi due anni, da una parte all’altra del globo per raccontare direttamente gli effetti dell’allevamento intensivo sul nostro unico e preziosissimo pianeta.
L’allevamento e l’agricoltura intensivi stanno seriamente mettendo in pericolo l’ambiente: il 70 per cento della biodiversità terrestre globale minacciata è a rischio di estinzione a causa della produzione intensiva di cibo. “L’intensificazione dell’allevamento – spiega CIWF Italia – ha le sue preoccupanti implicazioni: per nutrire le decine di miliardi di animali allevati ogni anno nel mondo (sono quasi 800 milioni in Italia), è necessario coltivare intensivamente i cereali. Per fare questo e per fare posto a nuovi allevamenti, disboschiamo ogni anno una superficie equivalente a quasi la metà dell’Italia”. Dati incredibili che sembrano però non arrivare mai davvero alla sensibilità e alla cultura di massa internazionale, anche a livello politico. Nei grandi appuntamenti internazionali sul clima, il tema dell’allevamento intensivo e della diminuzione del consumo di carne non è praticamente mai all’ordine del giorno, al contrario invece, anche nel nostro paese, si chiedono (e ottengono) finanziamenti per promuovere il consumo di carne o latte.
“Un cambiamento immediato e radicale” è quello che serve secondo Lymbery per poter davvero cambiare le cose, ma la comunicazione, l’informazione continua a far fatica a passare: gli interessi sono enormi, più grandi e potenti di quanto nessuno di noi sia in grado di immaginare, eppure di mezzo c’è la nostra sopravvivenza e la follia che si abbatte sulle vite di milioni di animali, ridotti a macchine per produrre di carne e derivati. “Probabilmente – continua il presidente di CIWF – siamo l’ultima generazione che può cambiare le cose senza ritrovarsi a guardare indietro a un mondo in cui un tempo esisteva la fauna selvatica”.
Lymbery presenterà il libro in Italia il 24 aprile a Bologna durante il festival “GustoNudo”.
“Dead Zone: come l’allevamento intensivo distrugge la biodiversità” P. Limbery Nutrimenti