Il decreto Clima è legge: sull’alimentazione nemmeno una parola

Nessuna delle attività che prenderanno il via grazie alle nuova legge toccano il tema dell’alimentazione: trasporti, nuove piante in città e qualche incentivo per la spesa sfusa.

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Il Green News Deal italiano è diventato legge, ma non esiste nel testo un solo riferimento al tema dell’impatto dell’alimentazione sull’ambiente e meno che meno nessun tipo di incentivo all’alimentazione vegetale. Eppure gli allevamenti intensivi nel nostro paese sono la seconda causa di inquinamento.

Dopo un iter lungo e travagliato i voti favorevoli al decreto Clima alla Camera sono stati 261, i contrari 178 e 5 gli astenuti. Hanno votato a favore le forze di maggioranza e hanno votato contro le opposizioni di Lega, FdI e Forza Italia. Ecco alcuni dei punti presentati come maggiormente innovativi:

1 – Bonus mobilità, ossia chi rottama entro il 31 dicembre 2021, autovetture e motorini inquinanti può richiedere un bonus mobilità di 1.500 euro per le auto e di 500 euro per i motocicli per l’acquisto di un abbonamento al trasporto pubblici locale, bici (anche elettriche) e servizi di sharing mobility.

2Mobilità scolastica: saranno stanziati 10 milioni all’anno fino al 2021 per il rinnovo degli scuolabus, da sostituire con mezzi ibridi o elettrici nelle città sopra i 50 mila abitanti sotto procedura di infrazione per smog eccessivo.

3Incentivi per i negozi che allestiscono i cosiddetti “green corner” destinati alla vendita di prodotti sfusi e alla spina. L’incentivo è fino a un massimo di 5 mila euro e può essere richiesto sia dai piccoli negozi che dai grandi supermercati.

E l’alimentazione?

Nel Marzo 2019 l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) pubblicò i risultati di una ricerca che indagava i fattori di maggior inquinamento nel nostro paese. In Italia, unendo le quantità di particolato primario e secondario, gli allevamenti intensivi risultavano la seconda fonte di inquinamento totale da polveri dopo il riscaldamento dovuto alle attività commerciali. In sintesi gli allevamenti inquinano di più di auto e moto, producendo il 50% delle emissioni a effetto serra. Gli allevamenti di animali hanno un solo scopo: quello di produrre carne, latte, uova e (come scarto) pellame per abbigliamento e arredamento, eppure non esiste un solo riferimento nel decreto Clima a questo tema, né attraverso inventivi economici, né sotto forma di eventuali pianificazioni di campagne informative: nemmeno nell’introduzione al testo si citano le scelte alimentari dei cittadini.

Eppure il decreto cita proprio l’Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (organismo delle Nazioni Unite che si occupa della valutazione dei cambiamenti climatici) ricordando come la “variabilità climatica sia fortemente legata alle attività umane”. Peccato che il report dell’Ipcc, frutto di due anni di lavoro da parte di 107 esperti provenienti da 52 paesi, abbia anche sottolineato con forza che

Per limitare l’innalzamento della temperatura globale a 2°C è necessario un cambiamento diffuso delle abitudini alimentari verso diete a basse emissioni di carbonio, che prevedono un consumo maggiore di vegetali e frutta e una sostanziale riduzione di consumi di carni rosse.

Eppure nessuna azione viene prevista dalla nuova legge italiana che pur rappresentando un evidente passo avanti e una conquista, sembra non voler assolutamente affrontare il tema dell’educazione alimentare e della necessità, al di là di valutazioni di carattere etiche o ideologiche (pure necessarie), di modificare le nostre abitudini alimentari diminuendo i consumi di carne e derivati, alimenti la cui catena produttiva, sia a livello locale che internazionale, hanno (e hanno avuto) un impatto devastante sul clima. Un’occasione persa, un testo “pallido”, che punta tutto sul tema della mobilità, con un tono rassicurante verso i cittadini, senza smuoverli minimamente dalle loro abitudini e spostando ancora una volta il problema sull’inquinamento da parte di macchine e moto.

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