L’impatto ambientale dell’obesità: è con la carne che si “spreca” di più
Secondo il Metabolic Food Waste, che calcola lo spreco di cibo legato a obesità e sovrappeso, è con i prodotti di origine animale che impattiamo di più sull’ambiente, anche quando sprechiamo il cibo
Cibo “sprecato” perché il nostro corpo non ne ha fisiologicamente bisogno. È quello consumato inutilmente in condizioni di obesità e sovrappeso, pericoloso per la salute del singolo e dispendioso per quella della collettività. Ma quanto? Ha provato a calcolarlo Unsustainability of Obesity: Metabolic Food Waste, lo studio di Mauro Serafini ed Elisabetta Toti che per la prima volta, qualche anno fa, ha messo in correlazione la quantità di cibo sprecato quando si mangia più del necessario e l’impatto ambientale in termini di consumo di acqua, suolo ed emissioni di CO2 del “cibo in più”.
È il cosiddetto “spreco metabolico” calcolato sulla base di un nuovo indice messo a punto dai due ricercatori italiani, il Metabolic Food Waste, dal quale emerge come proprio i prodotti di origine animale siano quelli a comportare le conseguenze peggiori sull’ambiente.
Cos’è il Metabolic Food Waste
Il Metabolic Food Waste definito dalla ricerca è l’indice che calcola, in chili, la quantità di cibo che porta all’eccesso di grasso corporeo e al suo impatto sull’ambiente espresso in emissioni di anidride carbonica, consumi di acqua e suolo. “Lo spreco alimentare metabolico – spiega Serafini, professore di Alimentazione e Nutrizione Umana all’Università di Teramo – rappresenta un nuovo concetto di spreco rispetto a quello classico, ovvero al cibo che sprechiamo quotidianamente da consumatori ed è associato a un concetto di salute. Se siamo obesi o in sovrappeso è perché abbiamo mangiato troppo, più cibo di quello di cui necessitavamo. Il Metabolic Food Waste quantifica quindi lo spreco associato all’obesità, ai kg in eccesso”.
Sull’Italia, la ricerca del 2016 ha stimato 1319 e 762 milioni di chilogrammi di cibo sprecato rispettivamente per la popolazione in sovrappeso e per quella obesa, per un totale di oltre 2 miliardi di chili. Tradotto in impronta ambientale, tutto questo cibo in eccesso corrisponde a 1466 milioni di chilogrammi di anidride carbonica equivalenti, 2246 metri cubi di acqua e 19612 metri quadrati di terreno (per la popolazione obesa).
L’impatto dei cibi di origine animale
Dallo studio emerge come siano proprio i prodotti di origine animale quelli a contribuire maggiormente al Metabolic Food Waste, seguiti da cereali, legumi, tuberi, zuccheri, dolci e bevande alcoliche. Anche quando l’apporto dietetico corrispondente al MFW viene tradotto in indici ecologici, i prodotti animali evidenziano i valori più alti per emissioni di carbonio, consumo di acqua e uso del suolo. “È evidente – analizza Serafini – che tra i gruppi alimentari quello che impatta di più è rappresentato dai cibi di origine animale, che richiedono una concentrazione e una quantità di risorse molto molto più elevata rispetto agli alimenti di origine vegetale”.
Una dieta plant based, dunque, come l’alimentazione raccomandabile per stare meglio e sprecare e impattare meno? “È evidente che avere un’alimentazione a base prevalentemente vegetale è sicuramente una scelta salutistica e preventiva per due motivi: innanzitutto perché apporta tutte le sostanze bioattive presenti negli alimenti vegetali e poi perché in questo modo si riduce il consumo di altri generi di alimenti che possono portare a uno stress da cibo. Certamente, con attenzione nel non eccedere nel consumo di carboidrati e cibi processati. Anche l’impatto ambientale dell’alimentazione vegetariana e vegana è evidentemente più bassa rispetto a quello alla dieta di un onnivoro”.
Europei spreconi
In cima alla lista degli “spreconi” ci siamo noi europei con 39,2 milioni di tonnellate di cibo sprecato associato a sovrappeso e obesità, come spiega un altro studio realizzato sempre da Serafini e Toti insieme a Carla di Mattia sull’impatto del food waste metabolico nei Paesi della Fao. Anche analizzando i dati a livello geografico, i prodotti lattiero-caseari, le uova e la carne si confermano gli alimenti maggiormente connessi allo spreco e impattanti in fatto di emissioni di anidride carbonica, consumi di acqua e suolo. “Come affermato dalla EAT-Lancet Commission – ricorda lo studio degli italiani – il consumo di carne nel mondo è circa il 288% volte superiore alla quantità suggerita per una dieta equilibrata e sana. Ovviamente, ridurre il consumo di carne, latticini, latte e uova nei paesi industrializzati deve essere una priorità per ridurre l’onere ecologico dei prodotti animali”.
Minimo consumo di prodotti di origine animale, alto consumo di alimenti di origine vegetale ed eliminazione dalla dieta tutti i prodotti processati, sia di origine animale che vegetale è, dunque, quanto suggerisce lo studio. Eppure, sottolinea Serafini, quale sia il modello di alimentazione ideale capace di tenere insieme in maniera perfettamente coerente salute e tutela dell’ambiente è ancora oggetto di studio da parte delle scienza.
“Al momento manca una valutazione onnicomprensiva dei due aspetti”, spiega lo studioso. Un esempio? L’olio d’oliva, alimento dalle grandissime virtù nutrizionali ma dal forte impatto ambientale, soprattutto dal punto di vista dell’impronta idrica. O, ancora, alcuni prodotti, di quali ancora non è stato valutato a fondo l’impatto ecologico. “Al momento mangiamo troppi prodotti di origine animale, non solo carne, ma anche latte. Dovremmo ridurli in maniera drastica e importante. Il discorso relativo a dieta, salute umana e salute del pianeta è ancora in divenire: c’ è ancora molto da fare – evidenzia – prima di riuscire a dirimere questo trilemma”. Fondamentale rimane “capire come possiamo ridurre l’impatto ambientale tenendo da conto il nostro benessere e la nostra salute. Chi è obeso – conclude Serafini – purtroppo crea problemi a se stesso, al sistema sanitario nazionale, ma anche all’ambiente. Una maggiore attenzione nel tentare di non diventare sovrappeso o obesi è un interesse sia per la salute della persona che per il pianeta stesso”.