Carne e inquinamento dei fiumi: il report di Greenpeace e i dati italiani

“Il costo nascosto della carne”: il titolo del nuovo rapporto dell’associazione ambientalista racconta un altro aspetto dell’impatto della produzione industriale di carne sul nostro pianeta.

Bisogna preoccuparsi. La produzione di carne, il latte e il formaggio sono un problema, una bomba ad orologeria ecologica che sta emergendo sempre con maggior chiarezza, da fonti diverse, da punti di vista diversi. Quello di Greenpeace, per esempio, non è il monito di chi punta ad eliminare la produzione di carne nel mondo, né quello di chi ha come obiettivo la liberazione animale. Eppure le analisi e i dati dell’ultimo rapporto sullo stato di inquinamento delle acqua superficiali, fornisce dati molto chiari.

Chi inquina e come

“L’allevamento su scala industriale, conosciuto anche come allevamento intensivo, occupa circa il 75 per cento dei terreni ad uso agricolo a livello globale – spiega Greenpeace nel documento – questo sistema necessita di enormi quantità di mangime, acqua e farmaci. Grandi quantità di pesticidi, fertilizzanti sintetici e letame vengono utilizzati su questi campi. Il letame derivante dall’agricoltura industriale spesso contiene residui di metalli e farmaci veterinari come gli antibiotici. Attraverso l’allevamento intensivo quindi, farmaci ad uso veterinario, pesticidi, metalli e dosi eccessive di nutrienti finiscono nell’ambiente e nei corsi d’acqua, formando veri e propri “cocktails” di sostanze che danneggiano i nostri delicati ecosistemi.” Abbastanza semplice da capire anche se non è ancora chiaro quanto questa mescolanza di sostanze possa essere pericolosa. Non ci si domanda, “se” è pericolosa, solamente “quanto”.

I campioni prelevati da Greenpeace in tutta Europa (10 paesi in tutto, compresa l’Italia) hanno analizzato 29 fiumi e canali di irrigazione nelle regioni con un’alta concentrazione di allevamenti intensivi.

In totale sono stati rilevati 20 farmaci e fra questi 12 antibiotici e oltre 100 pesticidi diversi

Alcune concentrazioni di sostanze, come quelle dei nitrati, sono risultate al di sotto della soglia di attenzione ma in Italia, per esempio, sono 9 i pesticidi individuati nell’acqua che non sono più autorizzati dalla Unione Europea.

La mappa che mostra i tre canali analizzati in Italia da Greenpeace

Conseguenze

Mentre i dati raccolti mostrano che ogni anno in Europa vengono prodotte 47 milioni di tonnellate di carne (circa 1,8 chilogrammi alla settimana per abitante), la PAC, ossia la Politica Agricola Comune finanzia proprio gli allevamenti intensivi, sussidi pubblici.
Ma quali, secondo l’associazione ambientalista, potrebbero essere le conseguenze della presenza di questi elementi inquinanti nelle acque superficiali?

  • Sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici
  • Minaccia alla vita per diverse specie acquatiche
  • Crescita delle fioriture algali a causa dell’eccessiva presenza di nutrienti
  • Danni non ancora chiari, generati dai cocktail di sostanze

“La PAC, non è riuscita finora a proteggere efficacemente le persone e l’ambiente dall’inquinamento provocato dall’agricoltura industriale. Per decenni, i sussidi pubblici sono stati erogati senza tenere sufficientemente conto degli impatti ambientali e hanno quindi contribuito all’espansione di una produzione di carne e prodotti lattiero-caseari sempre più industrializzata”. Secondo Greenpeace i soldi pubblici dovrebbero essere usati in modo molto diverso ossia per “sostenere quegli agricoltori che adottano metodi ecologici per coltivare in modo sano, diversificato e sostenibile quanto serve per la nostra alimentazione, o quelle aziende che allevano il bestiame in modo ecologico, limitandosi a produrre solo la quantità di carne e prodotti lattiero-caseari che il pianeta è in grado di sostenere”.

Greenpeace, già con il rapporto “Meno è meglio” dello scorso aprile, aveva chiarito la sua linea di pensiero rispetto alla produzione di carne e latticini: diminuzione e miglioramento dei meccanismi di produzione. Il concetto di “allevamento ecologico” si basa sull’idea di “bestiame ecologico”: nutrire gli animali ruminanti su praterie e suini e pollame con residui di cibo o residui di raccolto. L’associazione, in vista della riforma della PAC, chiede all’Unione Europea di intervenire modificando le proprie linee politiche ed economiche rispetto al tema dell’allevamento.

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