Cancro al seno, Harvard: il rischio aumenta consumando carne lavorata
Nel mese della prevenzione del tumore al seno, i ricercatori di Harvard confermano la correlazione tra consumo di carne lavorata e aumento dell’insorgenza di questa malattia
Il consumo di carne lavorata può aumentare del 9% l’insorgenza del tumore al seno: ad affermarlo, come riporta la stampa internazionale, sono i ricercatori dell’Università di Harvard, negli Stati Uniti, confermando quanto già dichiarato dall’OMS nel 2015, che aveva classificato la carne “processata” (ossia insaccati, wurstel, carne in scatola) tra i cancerogeni umani certi (nel gruppo che accoglie anche fumo, alcol, smog e arsenico). I risultati arrivano dopo una revisione di 15 studi computi in precedenza, raccogliendo i dati su oltre 1 milione di donne.
Anche se tramite questi studi non è facile stabilire una soglia massima per il consumo di questi alimenti, gli studiosi ritengono che anche solo una quantità di 9 grammi al giorno possa considerarsi rischiosa. Tra gli alimenti “incriminati” ci sono salsicce, bacon, würstel e salami, ma anche tutte quelle carni lavorate attraverso processi di affumicatura o stagionatura e addizionate con sale e conservanti. Sono proprio questi ultimi a essere considerati i maggiori responsabili dell’aumento del rischio.
Tumore al seno: si può prevenire con la dieta a base vegetale
Secondo l’AICR, il tumore al seno colpisce una donna su otto e rappresenta il 29% dei tumori che colpiscono le donne, con un tasso di mortalità del 17%. Eppure, secondo l’Associazione Italiana Oncologica Medica (Aiom) circa il 23% di queste forme tumorali si potrebbe prevenire con una sana alimentazione, riducendo il sovrappeso, svolgendo regolare attività fisica ed evitando fumo e alcol. “Lavori precedenti avevano collegato un maggiore rischio di insorgenza di alcuni tipi di cancro al consumo elevato di carne lavorata, e questa recente meta-analisi suggerisce che il consumo di carne può anche aumentare il rischio di cancro al seno – ha dichiarato Maryam Farvid, autrice principale dello studio – Per questo motivo, una riduzione del consumo di lavorata sembra utile per la prevenzione di questa malattia”.
In realtà, altri esperti suggeriscono come forma di prevenzione di evitare completamente questa tipologia di alimenti. Come ha spiegato la dottoressa Roberta Bartocci – biologa nutrizionista esperta di alimentazione vegetale e ideatrice della figura del VegCoach, professionista che affianca le persone intenzionate a seguire uno stile di vita più “green” partendo dall’alimentazione – “il cancro al seno si può prevenire almeno per il 50%, secondo quello che ci riferisce la letteratura scientifica, seguendo un’alimentazione a base vegetale”.
Ma non solo: la dieta vegana risulta protettiva anche nei confronti di altre gravi malattie come quelle cardiovascolari e il diabete, mentre uno studio condotto dal National Cancer Institute di Bethesda ritiene che il consumo di carne rossa e lavorata sia associato a un tasso di mortalità più elevato, ma anche connesso a ben 9 gravi e diverse patologie tra le quali cancro, ictus e diabete. Insomma, come ci ricorda la piramide alimentare stilata dalla Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana (SSNV), alla base della nostra alimentazione per restare in salute dovrebbero esserci cereali, frutta, verdura, legumi e frutta secca.