Il toro Ferdinand del cartone esiste davvero: ecco la storia
Il santuario The Gentle Barn sposa i valori trasmessi dal film “Ferdinand” e promuove il lungometraggio adottando un piccolo toro
Nelle sale cinematografiche, in America il 15 e in Italia il 21 dicembre, arriva “Ferdinand“, il film di animazione dedicato alla storia di un toro dal cuore tenero e gentile, diretto da Carlos Saldanha e prodotto da Blue Sky e 20th Century Fox. La storia oltrepassa i confini dello schermo e prende vita nel The Gentle Barn in California, santuario che ha adottato un piccolo toro attribuendogli proprio il nome Ferdinand con il fine di sostenere il film e il messaggio che vuole trasmettere.
Gli amanti degli animali e i fan del film, quindi, possono seguire le avventure del dolce toro anche nella vita reale, tramite i social media oppure facendogli direttamente visita nel santuario. In questo modo tutti i valori appresi dal film possono trovare un riscontro nel vita quotidiana e condurre le persone ad un maggiore grado di empatia. Il rifugio per animali, infatti, ha accolto il piccolo Ferdinand nella sua famiglia con il fine di insegnare alle nuove generazioni la gentilezza e la compassione verso tutti gli esseri viventi. Quindi i valori del santuario si uniscono armoniosamente con quelli dell’opera cinematografica in un progetto di ampio raggio che ha la pretesa di affermare quanto sia importante andare oltre le apparenze e le differenze in nome della pace e della gentilezza.
Un po’ di storia
Quella di Ferdinand è una bella favola che ispira grandi e piccini tratta dal libro “La storia del Toro Ferdinando” di Munro Leaf con le illustrazioni di Robert Lawson, uscito nel 1936 che non ebbe esattamente vita facile agli esordi: bandito dalla Spagna fino alla morte di Franco, bruciato come “propaganda” in Germania nazista, vietato nell’Italia fascista. Il libro, infatti, fu dichiarato proibito dalle dittature perché veicolava (e veicola) un messaggio pacifista riassumibile nel pensiero secondo cui vincere non vuol dire avere la meglio in un combattimento ma evitarlo. Ovviamente un concetto del genere non poteva essere accettato da Hitler e compagni di dittature. Alla fine della guerra il messaggio di pace però si diffuse nuovamente e le truppe USA regalarono 50 mila copie del libro ai bambini tedeschi. In America, infatti, il libro diventò popolare fin da subito e già nel ’38 la Disney gli dedicò un corto, premiato con l’Oscar.
Il messaggio di Ferdinand
Oggi il messaggio di pace e uguaglianza rivive grazie al lungometraggio che, tra una risata e l’altra, sprona lo spettatore a porsi delle domande e a riflettere su tematiche quali l’amicizia, la corrida, l’uguaglianza e la violenza. Infatti il toro Ferdinand è un animale mastodontico ma dal cuore tenero, più intenzionato a godersi i fiori e i campi che la brutalità della corrida. Cresce in una fattoria e instaura un bel rapporto con la famiglia che la possiede, però dopo aver raggiunto il peso di 900 kg viene portato nella “villa dei tori”, dove gli altri suoi simili aspettano solo il momento di scendere in arena, consapevoli che quella è l’unica alternativa per evitare il mattatoio. Da qui inizia l’avventura, in chiave comica, del nostro protagonista che progetta la fuga insieme ai suoi nuovi e vecchi amici per ritrovare la sua famiglia.
L’intenzione del regista Saldanha però non è politica, il suo obiettivo è quello di raccontare una buona storia, infatti afferma: “Io la carne la mangio, il mattatoio e la corrida ci sono in funzione del personaggio, ma se qualcuno volesse cogliere altri messaggi, va bene lo stesso.” Come sempre i film una volta proiettato assume vita propria e finisce, in un certo senso, per trascendere anche l’intenzione iniziale e ognuno, attraverso la sua sensibilità, può arricchirlo a sua volta.
La morale della favola? “Risolvere i problemi con l’esempio, non con la forza, accettare l’altro, non giudicare un libro dalla copertina, andare oltre l’aspetto e capire quanto siamo uguali, sono questi i messaggi sempre più attuali e necessari” come afferma lo stesso regista.