Autosvezzamento vegano: la guida completa con la pediatra
Tutto quello che c’è da sapere sull’autosvezzamento vegano: che cos’è, quando e come iniziare e quali sono le principali differenze tra svezzamento e autosvezzamento.
È la domanda che tutti i genitori iniziano a porsi quando si avvicina fatidico il compimento del sesto mese di vita del proprio bambino. Autosvezzamento o svezzamento tradizionale? Baby food e pappette o piccoli assaggi dalla tavola dei genitori? E come gestire questo passaggio in sicurezza, evitando ansie da rischio di soffocamento e, soprattutto, garantendo un’alimentazione equilibrata dal punto di vista nutrizionale? Se poi in famiglia si segue un’alimentazione vegetariana o vegana i dubbi aumentano. Ne abbiamo parlato con Carla Tomasini, pediatra nutrizionista della Rete Famiglia Veg e mamma vegana ed ecco tutto quello che c’è da sapere sull’autosvezzamento vegano.
Che cos’è l’autosvezzamento
L’autosvezzamento, o alimentazione complementare a richiesta, è la modalità di introduzione dell’alimentazione complementare al latte materno più antica e più fisiologica, quella che si usava fino a 50-60 anni fa, prima che l’industria creasse preparazioni ad hoc ben lontane da ciò che era stato fatto per millenni. Oggi è stata riscoperta come fosse l’acqua calda e molti la definiscono “moda”. Nella pratica si tratta di permettere al bambino di partecipare ai pasti con tutta la famiglia, osservare e sperimentare nella maniera in cui è pronto, nelle tempistiche in cui sviluppa naturalmente le sue abilità innate esercitandosi e acquisendo una moltitudine di nuove informazioni sugli alimenti: consistenza al tatto, temperatura, colore, odore, sapore e infine consistenza in bocca alla masticazione.
Si può fare autosvezzamento vegano?
Sia lo svezzamento vegano che l’autosvezzamento sono ormai suffragati dalla letteratura scientifica, quello che ci manca sono studi dedicati ai due argomenti insieme. Possiamo dire per ora, grazie alle molte famiglie che lo portano a termine e ci raccontano la loro esperienza, che un autosvezzamento vegano è possibile e non presenta maggiori difficoltà rispetto a uno onnivoro, con il quale tra l’altro coincide grandemente dal momento che se si segue la fisiologia del bambino la carne è uno degli ultimi alimenti che si possono introdurre a causa della sua consistenza. Questo non succede con lo svezzamento “a pappette” dove invece l’industria permette l’introduzione di carne fin dall’inizio e spesso, seguendo schemi vecchi di alcune decine di anni, proponendola tutti i giorni fin dai 4-6 mesi, cosa che è ben lontana dalle raccomandazioni nutrizionali per lo svezzamento dell’Oms.
Quando e come cominciare l’autosvezzamento
L’alimentazione complementare dovrebbe essere iniziata sempre, in ogni tipo di svezzamento, solo quando il bambino è pronto per riceverla. L’Oms raccomanda di dare solo latte fino ai 6 mesi e da qui in poi iniziare lo svezzamento, salvo precise indicazioni del pediatra. Le variazioni individuali sono poche: alcuni bambini sono un po’ più precoci e possono fare assaggini fin dai 5 mesi se si mostrano curiosi. Altri invece sono pronti più tardi dei 6 mesi e ciò non costituisce alcun problema perché il latte può restare l’unico alimento più a lungo. Ogni bambino ha i suoi tempi e non è una gara. Procedendo per piccoli e progressivi assaggi dalla tavola dei genitori, non ci sono tabelle o indicazioni particolari da seguire per quanto riguarda tempistiche di introduzione degli alimenti e grammature.
I segnali
Ci sono alcuni segni che ci indicano qual è il momento opportuno per iniziare: il bambino sta seduto da solo, è interessato al cibo, lo porta alla bocca e ha perso il riflesso di estrusione (se il lattante spinge la lingua fuori quando viene avvicinato il cucchiaino è un chiaro segno che ancora si comporta come se fosse un capezzolo da succhiare). La dentizione, pur essendo un segno di maturità dell’apparato gastrointestinale, non è fondamentale, la masticazione avviene per lo più con le gengive.
L’autosvezzamento è una forma di alimentazione equilibrata?
Alla domanda se l’alimentazione complementare a richiesta è equilibrata bisogna rispondere valutando come mangiano i genitori. Se la loro alimentazione è squilibrata lo sarà anche quella del bambino, se l’alimentazione è salutare altrettanto lo sarà quella dei figli.
Qualche accorgimento sui nutrienti
Gli accorgimenti da tenere per garantire uno autosvezzamento vegano equilibrato sono praticamente gli stessi che per uno svezzamento tradizionale “a pappette”: porzionare in modo adeguato gli alimenti affinché rispettino le proporzioni di carboidrati-proteine-lipidi desiderabili. I cereali devono predominare, seguiti dai legumi e infine bisogna apportare piccole quantità di lipidi assolutamente di ottima qualità (ricchi di omega3, sfruttando fonti come frutta a guscio e semi in opportune preparazioni cremose).
Per i bimbi piccoli è bene limitare l’assunzione di fibre per evitare problemi quali coliche gassose, stipsi paradossa o diarrea dal momento che l’intestino dei bambino non è ancora in grado di gestire apporti consistenti di fibre, ma anche perché il senso di sazietà che forniscono i cibi ricchi di fibre potrebbe indurre il bambino a mangiare meno e quindi ad assumere in minor quantità gli altri nutrienti. Per questo motivo, è consigliabile prediligere inizialmente cereali raffinati, legumi decorticati o privati della buccia e introdurre le verdure a poco (pur tenendo in considerazione che con l’autosvezzamento la quantità di questi cibi che il bambino è in grado di gestire da solo è già di per sé limitata).
Bisogna prestare un po’ di attenzione ai minerali importanti e critici nell’alimentazione vegana quali ferro, calcio e zinco, ricordandone le fonti principali e offrendole spesso. Per un migliore assorbimento del ferro vegetale si consiglia l’aggiunta di vitamina C ai pasti, ad esempio con una spruzzata di limone.
E il sale?
L’uso del sale non è proibito: si consiglia alla famiglia di usarne poco, volendo anche di abolirlo se lo desiderano, per la salute di tutti, ma se ne è presente un po’ nelle preparazioni non costituisce un problema. Infatti, il principio dell’autosvezzamento è quello di lasciar assaggiare e non di imboccare riempiendo lo stomaco con un pasto intero. Le proporzioni di cibo ingerito sono ben diverse nei due tipi di svezzamento, almeno all’inizio: la pappetta sostituisce fin subito una intera poppata sia a pranzo che a cena, riducendo rapidamente l’introito di latte. Al contrario, nell’autosvezzamento si possono fare molti assaggi in tutti i pasti che però restano a base di latte per molto più tempo perché difficilmente un lattante riuscirà a sfamarsi con gli assaggi solidi per le prime settimane. I due tipi di svezzamento vengono a coincidere nella pratica verso l’anno di vita, proprio il momento in cui si accetta l’introduzione di sale. Le quantità di sale introdotto nei primi mesi sono quindi praticamente le stesse.
Autosvezzamento o svezzamento tradizionale: come scegliere?
Non possiamo scegliere noi, ovvero né il genitore, né il pediatra. Solo il bambino ci indicherà l’approccio più adatto a lui e la scelta giusta starà nella capacità di osservare e ascoltare il proprio bambino. Ci sono bambini che apprezzano le pappette per molti mesi e crescono bene così e ce ne sono altri che mostrano un rifiuto totale fin dall’inizio obbligando i genitori a iniziare un autosvezzamento. Uno svezzamento si trasforma invariabilmente nell’altro visto che tutti i bimbi sono incuriositi dal cibo dei genitori e sono portati a fare assaggi ed avvicinarsi prima o poi al cibo solido. La stragrande maggioranza si stufa delle pappette verso i 9 mesi e chiede un cambio di consistenza. Verso l’anno quasi tutti mangiano preparazioni solide adattate all’età come fanno gli autosvezzanti e le due modalità vengono a coincidere nell’arco di poche settimane o mesi.
Autosvezzamento e sicurezza
Tutti i genitori e gli educatori dovrebbero seguire un breve corso sulle manovre di disostruzione pediatrica o anche un tutorial della Croce Rossa su Youtube, qualunque tipo di svezzamento si segua. Va osservato comunque che i bambini che si approcciano al solido fin dall’inizio acquisiscono migliori capacità di gestire gli alimenti, sia con la manipolazione e l’osservazione attraverso cui li studiano parecchio prima di portarli alla bocca e infine sentendoli e studiandoli con la parte anteriore della bocca, ancor prima di passare a masticarli e deglutirli. Il processo avviene lentamente e consente di imparare in poche settimane a gestire consistenze completamente diverse tra loro. Questo allenamento fa sì che spesso siano proprio questi bambini ad avere meno probabilità di essere colti inaspettatamente dal soffocamento. Ciò che è veramente importante è sapersi approcciare adeguatamente a questa evenienza e saper intervenire con una manovra di disostruzione solo quando realmente necessario (il soffocamento non va confuso con il riflesso faringeo che è una sorta di conato di vomito che i bimbi piccoli possono avere quando il cibo va oltre la metà della lingua), ricordando che questo evento può accadere anche per ingestione di parti di giochi, piccoli oggetti per terra e anche a svezzamento ormai concluso.
Dopo l’anno
Dopo il compimento dell’anno di età non cambia praticamente nulla dal momento che l’autosvezzamento è uno svezzamento graduale che conosce solo le tappe di sviluppo del bambino e non i calendari inventati.
Integratori: sì o no?
Non bisogna mai scordare l’integrazione di vitamina B12 nei bambini che seguono un’alimentazione a base vegetale inizierà da quando le quantità ingerite diventano abbastanza consistenti: finché si tratta di assaggi si può attendere, purché la mamma vegana che allatta sia adeguatamente integrata.
In generale, è bene ricordare che l’autosvezzamento comporta l’assunzione da parte dei bambini esattamente degli stessi integratori di uno svezzamento “a pappette”. Per evitare squilibri o carenze i genitori devono avere una alimentazione sana ed equilibrata. È chiaro che se si alimentano a base di cibo spazzatura o surgelati sarà meglio evitare l’autosvezzamento nella maniera più assoluta, ma lo stesso problema di ripresenterà allo scoccare dell’anno. Tanto vale fare lo sforzo per migliorare le abitudini alimentari di tutta la famiglia.
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