Green Hill, sei mesi di sospensione per il veterinario. LAV: “Sanzione non proporzionata”
Solo sei mesi di sospensione per il veterinario di Green Hill, a fronte della radiazione dall’albo richiesta da LAV
Aggiornamento del 6 dicembre 2017
Sei mesi di sospensione dall’attività. Questa è la decisione presa dalla Corte Suprema di Cassazione contro il veterinario condannato in via definitiva per i maltrattamenti dei beagle di Green Hill: dal 25 novembre 2017 al 24 maggio del 2018, infatti, l’uomo non potrà esercitare la professione. “Una decisione che ci stupisce – commenta LAV – perché in considerazione della gravità delle azioni per le quali il veterinario è stato riconosciuto colpevole, avevamo chiesto la radiazione dall’albo“.
Il veterinario, infatti, è stato condannato a un anno e mezzo di reclusione per uccisione e maltrattamento dei cani dell’allevamento, oltre che alla sospensione di due anni dall’attività di allevamento. Come spiega l’associazione, inoltre, il medico in questione era uno dei principali artefici dell’uccisione dei cani “non più utili” alla struttura, perché affetti da una qualche patologia (anche curabile). Nello specifico, si parla di 6023 decessi tra il 2008 e il 2012, a fronte dei 98 decessi registrati nel periodo successivo al sequestro dei beagle. “All’azienda della Marshall – continua LAV – costava meno far riprodurre i cani a ciclo continuo, e sostituire così quelli “difettosi”, anziché curarli”. Una sanzione non proporzionata secondo l’associazione animalista, che a questo punto si chiede “di quali colpe debba macchiarsi un veterinario per essere radiato dalla professione”.
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Si chiude la vicenda processuale di Green Hill. Ieri la Cassazione ha infatti confermato le condanne per i gestori dell’allevamento di beagle di Montichiari che fu chiuso nel 2012 per maltrattamenti. Dopo quanto stabilito già in primo grado e in appello dal Tribunale di Brescia, la Suprema Corte ha rigettato ogni parte del ricorso presentato dalla difesa degli imputati condannando in via definitiva a un anno e sei mesi sia il cogestore della struttura, Ghislane Rondot, che il veterinario del canile, Renzo Graziosi. Pena di un anno invece per il direttore dell’allevamento Roberto Bravi. L’accusa per loro era di “maltrattamento e uccisione di animali senza necessità”. Confermata anche la sospensione delle attività e la confisca dei cani decisa nei due precedenti gradi di giudizio.
Una sentenza storica che stabilisce un precedente di principio importante, come sottolinea la Lav, che si era costituita parte civile durante il processo e alla quale il Tribunale di Brescia aveva affidato, insieme a Legambiente, la custodia giudiziaria dei 2639 beagle dell’allevamento dopo il suo sequestro: “La Corte di Cassazione ha definitivamente smantellato il teorema del cane-prodotto “da laboratorio” e “usa e getta”. Un’interpretazione innovativa e lungimirante, che pone il nostro Paese in una posizione di assoluta avanguardia orientandolo al rispetto delle esigenze etologiche anche in cani allevati e destinati ad uso sperimentale”. Ovvero, evidenzia ancora la Lega AntiVivisezione, la sentenza su Green Hill stabilisce che “il maltrattamento non è giustificabile neppure in un contesto produttivo di potenziale elevata sofferenza come un allevamento di cani per la sperimentazione”. Una battaglia vinta “culturale prima che processuale dall’esito per nulla scontato”, come ha commentato a “La Stampa” anche il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, che nel 2012 aveva disposto il sequestro della struttura e poi portato a processo i vertici dell’allevamento. “Il processo Green Hill non ha solo accertato condotte penalmente rilevanti, ma è stata l’affermazione di principi di civiltà”.
Accertate la responsabilità di chi era a capo della struttura, due i filoni dell’inchiesta su Green Hill che rimangono ancora aperti. A novembre torneranno in aula infatti due veterinari dell’Ats e tre ex dipendenti dell’allevamento accusati a vario titolo di maltrattamento e uccisione di animali, falsa testimonianza, omessa denuncia e falso ideologico per i quali sono state chieste condanne da 10 mesi a due anni.
Dovrà invece essere discussa in appello la sentenza di primo grado per 12 animalisti che nell’aprile 2012, dopo anni di manifestazioni e proteste con le quali chiedevano la chiusura dell’allevamento, vi fecero irruzione per liberare i beagle e che sono stati condannati a vario titolo per furto, rapina e resistenza a pubblico ufficiale.
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