Rovagnati punta sul germoglio verde del “benessere animale”
Per la sua nuova linea di salumi “Naturals”, Rovagnati parla di prodotti sani e che rispettano il benessere animale
“Buoni, sani, giusti”: così Rovagnati, azienda italiana che produce salumi, pubblicizza la sua nuova linea di prodotti “Naturals”, definendoli sul proprio sito tali “perché naturali e rispettosi della tradizione, dell’ambiente e del benessere animale“. Per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente, l’azienda dichiara di utilizzare solo packaging riciclabile all’80% e di minimizzare le emissioni di gas inquinanti, ma è la questione sul benessere animale ad aver suscitato le maggiori perplessità.
Gianluca Felicetti, presidente LAV, ha infatti definito i Rovagnati, sul proprio profilo Facebook, “spacciatori di violenza a pagamento che si rifanno il trucco”, puntando il dito anche e soprattutto contro chi li sostiene. Sotto accusa sui social anche il simbolo di un germoglio che ricorda una “V” riportato sulle confezioni a fianco della dicitura “benessere animale”, tacciato di essere ingannevole per i consumatori perché associato, ormai sempre più spesso, all’assenza di ingredienti di origine animale nei vari prodotti.
Rovagnati: una grande azienda che risponde al sentimento nazionale?
Ciò su cui l’azienda fa leva per promuovere i nuovi prodotti “Naturals” è, appunto, il presunto benessere animale custodito dietro a questa produzione. In particolare, Rovagnati dichiara di non utilizzare ormoni della crescita nei propri allevamenti, dalla nascita fino alla macellazione degli animali. Allo stesso modo, l’azienda rifiuta la castrazione senza anestesia e quella chimica, così come l’estrazione dei denti e il taglio delle orecchie dei suini. L’impegno, inoltre, è quello di minimizzare la necessità di tagliare la coda agli animali, che vengono nutriti solo con mangimi a base vegetale.
Per quanto riguarda le condizioni di vita degli animali, l’azienda dichiara di fornire piena libertà di movimento alle scrofe fino a 7 giorni prima del parto, senza l’impiego di gabbie gestazionali. Allo stesso modo, è vietato l’utilizzo di pavimentazioni a stecche (che potrebbero ferire le zampe dei suini, ndr), ed è garantita una sufficiente quantità di paglia e mangime a tutti gli animali, oltre ad arricchimenti ambientali utili per assicurarne il benessere. “Suinetti felici, ambiente pulito” pare essere il motto di Rovagnati “Naturals”, che assicura di prendersi cura dei propri animali “per garantirgli libertà comportamentali e ampi spazi, proteggere la loro salute, alimentarli al meglio e sottoporli il meno possibile allo stress della morte“.
Ma perché l’apertura di questa nuova linea di prodotti e questo nuovo look che strizza l’occhio al mondo “veg” e che punta tutto o quasi sul benessere animale? Rovagnati, bisogna sottolinearlo, non è la prima grande azienda a parlare di “animali felici” e benessere animale nei propri allevamenti, tanto che sempre più spesso i produttori puntano su pubblicità in cui vediamo animali pascolare felici in grandi spazi all’aperto. Un recente sondaggio condotto da YouGov per CIWF ha rivelato che “la maggior parte degli italiani intervistati considera l’allevamento intensivo come un sistema crudele con gli animali e sarebbe disposta a pagare di più per prodotti più rispettosi del benessere degli animali”.
Ecco quindi svelato l’arcano. Quella di Rovagnati (e di tante altre aziende del settore), quindi, parrebbe un’abile mossa di mercato che risponde al più recente e comune sentimento nazionale, che vuole gli italiani sempre più interessati a ciò che avviene all’interno degli allevamenti intensivi e al trattamento riservato agli animali. Sentimento confermato anche dai dati di Eurobarometro sul benessere animale 2016, che vedono gli italiani come il popolo che più vuole sapere e conoscere sulle condizioni di vita degli animali negli allevamenti e che più chiede un maggior benessere per gli animali da compagnia (82%) e da allevamento (86%). Molto interessante anche l’utilizzo di un simbolo da parte di Rovagnati, una sorta di germoglio verde che sembra disegnare una “V” e che, con pochissima immaginazione, ricorda davvero un simbolo di certificazione o segnalazione di prodotti a base vegetale. Non dimentichiamoci che la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che la parola “latte vegetale” potrebbe trarre in inganno il consumatore. Chissà che cosa si potrebbe dire, allora, di questo simbolo stilizzato.
Rimane un dato: il benessere animale anche se garantito con standard specifici dalla legge, come aveva spiegato ai microfoni di Vegolosi.it l’avvocato Alessandro Riucciuti, non allontana nemmeno di un metro la verità che si nasconde nel sistema di alimentazione a base carnea ossia la nascita e la morte di milioni di animali (sono circa 13 milioni all’anno in Italia i suini macellati), senza che ve ne sia nessuna reale necessità, dato che l’alimentazione a base vegetale fornisce tutti i nutrienti necessari e un sacco di gusto.