Torero contro velociraptor, il video virale: “La corrida appartiene ad un’altra era” – VIDEO
Il video realizzato dalla ong francese Flac è molto ironico ma fa pensare e il messaggio è chiaro: la corrida è anacronistica, che Parigi la abolisca
La corrida è uno spettacolo preistorico: un torero nell’arena aspetta di battersi col suo “avversario” ma quando si alza il cancello non appare un toro, ma un velociraptor.
E’ il video che la Flac, ong francese che da anni si batte per l’abolizione della corrida in Francia, ha realizzato per la sua campagna contro questa pratica barbarica e per chiedere al governo di Parigi di abolirla definitivamente nella Camargue, l’unica regione dove ancora si consumano spettacoli di questo tipo.
La corrida in Francia
Può suonare strano, ma la corrida è una mifestazione che affonda le sue radici anche in territorio francese, non solo in Spagna e Portogallo. Nel 2011 è stata riconosciuta come “bene d’interesse culturale”, facendo risultare la Francia il primo paese ad aver incluso la tauromachia tra i propri beni culturali immateriali dopo la comunità autonoma di Madrid. In effetti una lunga tradizione di tauromachia si ha soprattutto nella parte meridionale della Francia (Aquitaine, Midi Pyrenées, Languedoc-Roussillon, e Provence dove celebre è l’arena di Arles di epoca romana).
Dopo anni di feroci battaglie da parte delle associazioni animaliste, nel 2015 la Corte d’Appello di Parigi ha infine rimosso la corrida dal Patrimonio Culturale Immateriale (PCI) di Francia e oggi è stata dichiarata illegale nel 90% del territorio francese ma continua a essere ammessa e praticata solo in qualche città nel sud del Paese (tra cui proprio la ragione della Camargue).
Sebbene la pratica della corrida sia aborrita dal governo francese così come dalla stragrande maggioranza dei cittadini di Francia (3 su 4), questa si continua a praticare in nome della difesa della tradizione, delle origine storiche e della propria cultura; un aspetto, questo, su cui fanno leva soprattutto gli organizzatori delle corride stesse, preoccupati dal crollo di spettatori e dalle sempre più crescenti petizioni e raduni di protesta.
Tortura o cultura?
Durante il corso della sua storia centenaria, la corrida è stata più volte abolita e ripristinata, oggetto di opinioni controverse in ogni epoca.
Tra chi la definisce una cultura da preservare e chi un’immane barbarie senza senso, la corrida ha da sempre destato le più accese proteste, più del circo e di qualsiasi manifestazione ludica con animali; del resto i numeri parlano chiaro: nell’ultimo secolo sono morti più di 40 fra toreri e picadores, a fronte di una media di circa 10.000 tori uccisi ogni anno (6 per ogni spettacolo).
Storia della corrida
Perché allora c’è chi la difende e la giudica uno spettacolo che fa parte della Storia di un paese? Perché la “corsa de toros” (corsa di tori) affonda le sue radici nella Tauromachia (dal greco “battaglia di tori”), uno spettacolo che ha origini antichissime, presumibilmente intorno all’800 d.C., e oggi come allora consisteva in un combattimento selvaggio fra uomini e bovini (tra cui anche vacche, vitelli o buoi castrati). Presso gli antichi greci, i romani e gli etruschi era una tradizione di grande importanza e l’uccisione del toro (animale sacro) simboleggiava la potenza dell’uomo sulla Natura ed era un sacrificio da dedicare agli dei.
La corrida moderna nasce però in Spagna nel XVII secolo diventando ben presto la fiesta Nacional del Paese. E infatti la corrida muove attualmente un giro di denaro che sfiora i 300 milioni di euro l’anno ed è per questo che la sua abolizione è un processo lungo e difficoltoso, ostacolato da lobby e interessi economici enormi.
Basta dare un’occhiata alle regole del combattimento per accorgersi che si tratta di uno scontro impari, tutto costruito attorno alla capitolazione del toro; il toro che entra nell’arena infatti è sottoposto a continui tormenti: prima i picadores a cavallo addestrati per ferire l’animale nei muscoli del collo con la pica e indebolirlo sempre di più, poi è la volta dei banderilleros che conficcano le loro aste appuntite nel fianco dell’animale e infine al matador spetta il compito di finire il toro con un colpo fatale tra le scapole (cosa che non provoca l’immediata morte della bestia ma ne prolunga l’agonia facendolo morire lentamente per emorragia polmonare).
Ma non finisce qui, perché il corpo martoriato dell’animale viene fatto sfilare lungo larena, trascinato affinché il pubblico possa osannare il coraggio del torero.
La LAV denuncia che le sevizie subite dal toro cominciano ben prima dello spettacolo vero e proprio: prima di entrare nell’arena, il toro è segregato in una stalla buia, dove viene drogato e ripetutamente percosso con sacchi colmi di sabbia. Per sbilanciare lo scontro e far vincere il matador, gli viene inoltre applicata vasellina negli occhi – per annebbiargli la vista – e trementina sulle zampe – per impedirgli di stare fermo durante il combattimento – e nelle narici e nella gola viene infilata della stoffa per impedirgli di respirare.
Per questo associazioni animaliste di ogni tipo, ma anche comuni cittadini chiedono a gran voce di mettere fine a uno “sport” violento, totalmente anacronistico, dove a soccombere non è sempre e solo il toro: solo l’anno scorso la Spagna si è fermata per la morte del matador ventinovenne Victor Marrio colpito da una cornata a un polmone durante la “feria dell’angel” a Teruel davanti a migliaia di spettatori attoniti. Ma gli incidenti, alcuni dei quali mortali, non si contano: in tutto, nel corso degli ultimi cento anni, in Spagna sono morte 134 persone per le ferite riportate da incornate negli spettacoli taurini, non solo corride, ma anche durante le corse dei tori, la più famosa delle quali si tiene a Pamplona per la festa di San Firmino il 6 luglio.