Salute, Baroni: “L’alimentazione è fondamentale, ma la prevenzione metterebbe in crisi il PIL”
Quanto pesa la formazione medica sulla nostra salute? E quanto ne sanno (o dovrebbero saperne) i medici di alimentazione?
Non è sempre facile trovare medici, nutrizionisti o dietisti, in grado di poter seguire con vera cognizione di causa un paziente vegetariano o vegano. In realtà si fa ancora fatica a farsi indirizzare nel migliore dei modi per “prevenire” invece che guarire, soprattutto quando diete prescritte o pranzi e cene negli ospedali sembrano tutto fuorché seguire le linee guida internazionali sulla prevenzione di alcune malattie molto gravi nel nostro occidente, come diabete, sindrome metabolica, obesità e problemi cardiovascolari. Abbiamo raggiunto la dottoressa Luciana Baroni, presidente della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, per farle qualche domanda sul tema della formazione dei medici sul tema “alimentazione”.
Il tema dell’alimentazione che spazio ha nella formazione universitaria di base di un medico?
È difficile poter rispondere a questa domanda in modo univoco, in quanto ogni ateneo è autonomo e può decidere il percorso di studi all’interno delle normative ministeriali. Certo è che gli insegnamenti di nutrizione non rientrano tra quelli fondamentali (ora chiamati “caratterizzanti”), ma possono essere comunque inseriti nel piano di studi come affini od opzionali.
Perché questo aspetto così importante per la salute umana non ha il giusto spazio?
In generale il concetto che la nostra alimentazione e il nostro stile di vita influenzano la nostra salute è un’acquisizione relativamente recente, e poiché richiede un impegno personale modificarli, il paziente è ben contento di sentirsi dire che la sua malattia può invece essere curata con i farmaci. Purtroppo è una questione di educazione della popolazione.
Quali sono le ricadute, secondo lei, sulla salute dei pazienti e sull’informazione data loro dovute a questa mancanza?
È stato stimato proprio recentemente che la salute è influenzata per almeno il 50% dal nostro stile di vita, di cui l’alimentazione è la variabile principale. Educare la popolazione alla prevenzione primaria, cioè a comportarsi in modo da poter prevenire le malattie con uno stile di vita virtuoso avrebbe certo una importante ricaduta sulla spesa sanitaria, ma potrebbe anche influenzare negativamente il PIL, perché non sarebbe più necessario un fiorente mercato dei farmaci. Inoltre richiede molto tempo, che in una sanità in cui gli operatori sono sempre meno è difficile da trovare.
Quanto e come viene considerata, dal punto di vista della formazione, il tema dell’alimentazione a base vegetale?
Questo tema è inserito in alcuni corsi di studio universitari, di solito come giornate nel contesto di un corso più ampio. Esistono tuttavia alcune pregevoli realtà, come ad esempio il Master Universitario in alimentazione e dietetica vegetariana dell’Università Politecnica delle Marche, unico in Europa e che è stato per questo esportato in lingua inglese, spagnola e portoghese. Vengono poi organizzati corsi sull’alimentazione vegetariana da varie associazioni/società, alcuni con relatori di dubbia competenza, altri con relatori qualificati, come ad esempio il nostro prossimo “Workshop sull’alimentazione vegetariana” che si terrà a Milano il 20 maggio o il convegno “Alimentazione ecosostenibile: alimentazione a base vegetale e recupero del “mangiare” della tradizione” che si terrà a Genova il prossimo 4 maggio.