“Animali come noi”: Berrino e il paradosso della gallina felice
La nuova puntata di “Animali come noi” potrebbe essere definita la puntata della delusione e non certo per la struttura del programma
Franco Berrino è un epidemiologo, lui è per molti il baluardo dell’informazione medica sulla sana alimentazione, il simbolo della scienza che racconta fatti. Non c’è stata occasione in cui non abbia sostenuto a spada tratta le considerazioni delle linee europee di prevenzione del cancro che dicono una cosa semplice, ossia di basare la propria alimentazione su cibi prevalentemente vegetali e integrali. Berrino non ha mai sostenuto apertamente l’alimentazione vegana, chiariamolo.
Giulia Innocenzi ha intervistato il professore durante la terza puntata di “Animali come noi” su Rai2 cercando di capire da lui quali fossero i “rischi” per la salute per chi sceglie un’alimentazione vegana. Berrino risponde: “L’alimentazione vegana può essere pericolosa e far incorrere in carenze se mangi zucchero, cereali raffinati, bevande zuccherate… vegano sì, ma vegano intelligente” ma ancora prima spiega: “E’ innaturale prendere delle pillole di vitamine B12 per una ragione etica, cerchiamo di non essere ideologici” e anche Berrino, infine, inciampa fragorosamente nel “paradosso della gallina felice”. Forse non tutti lo conoscono, allora va spiegato.
Il concetto di base è che se una persona che ha scelto un’alimentazione a base vegetale lo fa per motivazioni etiche, quindi per non arrecare danni agli animali, non dovrà avere problemi nel mangiare un uovo, uno ogni tanto, da una “gallina felice“, una gallina che razzola nel prato, facendo bagni di polvere, dispiegando bene le ali. La questione è che oltre ai bagni di polvere andrebbe fatto un bagno di realtà: in Italia nel 2015 (dati più recenti tratti da Una Italia, ossia Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carne e Uova) sono state prodotte 12 miliardi e 816 milioni di uova e non sono bastate, tanto che il nostro paese ha importato circa 649milioni di uova dall’estero. Intendiamoci, il professore certamente si riferisce a realtà che conosce bene e delle quali lui stesso è acquirente diretto, il problema vero è l’informazione che passa in tv. Quante persone, dopo aver visto questa puntata, passando per il supermercato e leggendo “Allevate a terra” o “Senza gabbie”, penseranno: “Perfetto, sono galline felici!”? Eppure non è certo degli allevamenti a terra (sempre intensivi) che ha parlato Berrino.
Per questa produzione, si capisce, l’idea di un bel prato fresco per far razzolare 40 milioni di galline (solamente in Italia, dati CIWF) risulta un po’ utopico. Se è vero, come ha raccontato di recente Animal Equality nella sua indagine sulla ovaiole in Italia (le immagini tratte del video le vedete in questo articolo), che nel 2012 l’Unione Europea ha bandito le vecchie gabbie per galline, rimpiazzandole con “gabbie arricchite“, pare evidente che la condizione non sia affatto migliorata. Non dobbiamo sperare, però, che l’allevamento di galline a terra sia migliore, dato che sempre di capannoni stiamo parlando e di decine di migliaia di galline stipate senza mai poter vedere il becco di un raggio di sole (scusate il gioco di parole). Quindi, se vogliamo parlare di ideologie sarebbe opportuno vederne una sopra a tutte, quella definita “carnismo” dalla psicologa americana Malenie Joy, ossia quella che ci fa credere che mangiare alimenti prodotti in questo modo non sia affatto strano, bensì normale e necessario. Lo dicono bene le persone intervistate dalla Innocenzi “Le mucche se fanno più latte che va buttato, lo beviamo noi”, oppure “Sì è sempre fatto così, io non voglio cambiare, ho bisogno della carne”. Ecco.
Berrino affronta anche un altro tema, quello della vitamina B12 che sarebbe “innaturale assumere per una scelta etica”: su questo ha parlato bene Luciana Baroni, presidente della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana: “Non è innaturale assumere la vitamina B12 di sintesi batterica, è molto più innaturale assumere quella depositata nella carne degli animali o nei latticini e uova, anche per gli animali, infatti, vale la stessa considerazione fatta per noi umani: anche loro non mangiano più in maniera “naturale” e non sono quindi in grado di assumere questa vitamina dal cibo, ma devono anch’essi assumerla da integratori addizionati ai loro mangimi.”
A guardare bene una cosa innaturale c’è: sono le immagini che vedete qui, e quelle che le associazioni di inchiesta ci raccontano periodicamente. Nulla potrà convincere qualcuno che ha preso consapevolezza del processo produttivo che sta dietro a carne e derivati che quelle condizioni inimmaginabili per gli animali siano necessarie nel 2017.