Il veterinario che salva i ricci: “Uno di loro mi ha cambiato la vita”
Il dott. Vacchetta ci racconta la storia del suo Centro di Recupero Ricci e ci spiega cosa fare quando incontriamo uno di questi animali in difficoltà
“Il nostro amore per gli animali si misura dai sacrifici che siamo pronti a fare per loro”. In questo aforisma dello zoologo ed etologo austriaco Konrad Lorenz sembra essere racchiusa l’essenza dell’attività svolta l’attività dal Centro Recupero Ricci “La Ninna” di Novello, in provincia di Cuneo. Si tratta di un’associazione no-profit che lavora ogni giorno per aiutare, curare e salvaguardare i ricci selvatici che vivono nei giardini e nei parchi cittadini vicino alle nostre abitazioni, dove spesso se ne trovano esemplari feriti e affamati o cuccioli rimasti soli. Abbiamo incontrato il dott. Massimo Vacchetta, medico veterinario che si occupa del centro e dei suoi ospiti, per saperne di più sulla sua attività e, soprattutto, per avere qualche dritta su cosa fare qualora ci si imbatta in uno di questi piccoli e tenerissimi animali selvatici in difficoltà.
E’ vero che a ispirare la nascita del vostro centro è stato un piccolo riccio orfano?
Sì, è stato l’incontro con la piccola Ninna a far nascere in me l’idea di un Centro di Recupero Ricci, nato nel 2014. Circa 4 anni fa lavoravo in due ambulatori veterinari diversi e un giorno sono stato chiamato a sostituire un collega; quando sono arrivato ho trovato un piccolissimo cucciolo di riccio, che poteva avere al massimo 4 o 5 giorni di vita. L’ho visto e me ne sono letteralmente innamorato: l’ho portato a casa e ho cercato online forum e siti che spiegassero come prendersi cura al meglio di un riccio orfano. Col tempo ho scoperto che il “mio” riccio era una femmina, così ho scelto di chiamarla Ninna. Nonostante tra noi si fosse instaurato un legame fortissimo e una parte di me mi dicesse di tenere la Ninna in casa, alla fine ha vinto il buon senso e ho scelto di liberarla in un bel prato qua nelle vicinanze. Ho interpretato l’incontro con lei come una richiesta di aiuto da parte della Natura e ho sentito la necessità di portare avanti una “missione”: aprire un centro per aiutare questi animali in difficoltà come una sorta di riscatto contro le aberrazioni commesse dall’uomo. La storia della Ninna ha portato anche alla nascita di un libro, 25 grammi di felicità – Come un piccolo riccio può cambiarti la vita, scritto da Antonella Tomaselli. Parte del ricavato della vendita viene devoluto al Centro, che è una Onlus sostenuta solo dal lavoro di volontari.
Ci racconti la vostra “giornata tipo”
Possiamo definirci un “piccolo ospedale” per ricci, siamo una dislocazione del Centro Recupero Animali Selvatici di Bernezzo. Ogni giorno nutriamo e accudiamo 70 esemplari di ricci che sono con noi, al meglio delle nostre capacità. Se sono disabili, il più delle volte vittime di incidenti causati dall’uomo, cerchiamo di rendere la loro vita migliore, sapendo che comunque trascorreranno nel nostro centro il resto della loro esistenza. Se, invece, sono feriti in maniera lieve il nostro compito principale è quello di curarli e guarirli in fretta, in modo che possano tornare presto in libertà.
I ricci quindi non possono vivere con noi come “animali domestici”?
Assolutamente no, sono animali selvatici che non possono in nessun modo vivere nelle nostre case, anche perché si tratta di una specie protetta in pericolo di estinzione e la loro detenzione è considerata illegale nel nostro paese.
Dove li recuperate, di solito?
Spesso sono le persone del posto a portare nel nostro centro ricci feriti o in difficoltà, prelevati da parchi e giardini pubblici e privati, contattandoci prima sulla nostra pagina Facebook o per telefono. Ma essendo il nostro centro un punto di riferimento importante nel nord Italia per la riabilitazione dei ricci, molti arrivano da noi anche dalla Liguria, dalla Lombardia e dal resto del Piemonte.
Perché è sempre più facile imbattersi in questi piccoli animali selvatici in città?
Com’è intuibile, ancora una volta la colpa è dell’uomo: l’edilizia selvaggia e le nostre attività di intervento sul territorio stanno distruggendo il loro habitat naturale, ovvero la zona preboschiva. I ricci sono poi animali insettivori onnivori e si cibano prevalentemente di insetti, lumache e carcasse di piccoli animali; l’utilizzo massiccio di insetticidi e lumachicidi fa sì che i ricci non trovino più cibo a sufficienza nel loro habitat naturale e che si debbano quindi spostare in altre zone, che spesso corrispondono ai parchi cittadini o ai giardini privati.
Ricci feriti o in difficoltà: cosa fare in questi casi?
La prima cosa da fare è assicurarsi che il riccio non perda sangue dal naso o dalla bocca, perché questo è spesso sintomo di un trauma cranico importante. Se notiamo ferite, abrasioni o escoriazioni dobbiamo subito rivolgerci a un medico veterinario esperto in piccoli animali o al centro di recupero più vicino, avendo cura di trasportare l’animale in uno scatolone tenendolo al caldo con delle coperte. Se siamo di fronte a un esemplare che non presenti ferite evidenti, ma vogliamo comunque essere certi che stia bene, dobbiamo provare a prenderlo in braccio, avendo l’accortezza di usare dei guanti o un panno per evitare di pungersi: se non si “appallottola” è sicuramente un esemplare malato, ferito o comunque in difficoltà, perché tendenzialmente un riccio in salute usa questa posizione come arma di difesa. Se, fatta questa prova, ci rendiamo conto di esserci imbattuti in un esemplare semplicemente spaventato ma non ferito, dobbiamo posizionarlo in un luogo tranquillo – magari sotto un cespuglio – ma mai a più di cento metri da dove lo abbiamo trovato. Questo per evitare di allontanarlo troppo dalla sua tana, dai luoghi che conosce e da eventuali cuccioli se si tratta di una femmina.
Quali sono, invece, gli errori da evitare?
Innanzi tutto parliamo di alimentazione: quando troviamo un riccio in difficoltà non dobbiamo mai nutrirlo con latte vaccino e pane, perché davvero molto pericolosi per la sua salute; alimentiamolo, invece, con crocchette o cibo umido per gatti. È poi importante tenere i ricci lontano dai cani, perché queste due specie spesso non vanno d’accordo e ciò potrebbe andare a discapito del riccio. Sottolineo ancora che i ricci in salute non devono mai essere portati via dal proprio territorio.
Il vostro centro è aperto anche al pubblico: quali attività vi si possono svolgere?
Il nostro centro è aperto alle visite, ma sempre previo contatto telefonico e comunque con gruppi di persone molto piccoli perché i ricci sono animali schivi e hanno bisogno di tranquillità. Piuttosto, vorrei segnalare un’iniziativa che portiamo avanti da qualche tempo con successo, l’adozione a distanza: con un piccolo contributo mensile è possibile adottare simbolicamente un piccolo riccio in difficoltà e contribuire alla sua riabilitazione, ricevendo in cambio le sue foto, la sua “carta d’identità” e aggiornamenti costanti sul suo stato di salute. Un’iniziativa significativa anche per i più piccoli, che possono imparare a conoscere questi piccoli animali ma soprattutto capire l’importanza di aiutare gli animali in difficoltà, a qualsiasi specie appartengano.