“Siete pazzi a mangiarlo!”: i retroscena dell’industria del cibo
Origano diluito con sommacco, tè pieni di pesticidi, confetture alla frutta senza frutta…quanto può essere oscuro il lato segreto dell’industria alimentare?
“Benvenuti nel lato oscuro dell’industria alimentare” è così che Cristophe Brusset accoglie il lettore del suo libro “Siete pazzi a mangiarlo”, un titolo che certo non fa ben sperare l’ignaro consumatore che si appresta a fare la spesa nel supermercato di fiducia sotto casa. Cristophe Brusset, ingegnere francese che ha lavorato molti anni nel settore dell’industria agroalimentare come ingegnere ai massimi vertici delle più grandi multinazionali alimentari, testimone e complice di quello che avviene dietro le quinte dei processi produttivi del cibo svela in un libro-confessione tutti i retroscena che le etichette dei prodotti non riportano, che le pubblicità mascherano dietro gli slogan, che perfino gli ispettori sanitari a volte troppo “teneri” tendono a ignorare.
“Nel caso specifico, il Bene era tutto ciò che aumenta il profitto, il male era perdere soldi. La menzogna, la dissimulazione, la malafede e persino la truffa, senza essere degli scopi in sé, erano positive, se miglioravano i risultati attesi”. Certo anche il consumatore (o “gonzumatore”) non ci fa proprio una bella figura; del resto con la sua “ignoranza crassa”, la totale disattenzione e l’obiettivo fisso del risparmio risulta essere una preda facilissima da gabbare. “La maggior parte dei consumatori manca di spirito critico e si lascia prendere in giro facilmente. Non è educata all’igiene alimentare di base e non ha veramente voglia di informarsi. Non sa leggere le liste degli ingredienti e non capisce niente dei valori energetici e nutrizionali”.
Le principali truffe ai danni del consumatore
La sottigliezza della nomenclatura
C’è una bella differenza tra “originario di” e “trasformato in”. Le cosiddette “erbe di Provenza” sono in realtà un mix di timo originario del Marocco, di rosmarino proveniente dalla Tunisia, di basilico e maggiorana egiziani, insomma luoghi ben lontani dalla campagna francese e che vendono le loro materie prime a un prezzo notevolmente inferiore rispetto all’originale prodotto in patria; e i “porcini di Bordeaux”? Importati direttamente dalla Cina, dai paesi dell’Est e addirittura dal Sudafrica; per non parlare delle lumache, piatto tipico della cucina francese, originarie dell’est Europa, se non di Cernobyl e dintorni.
Insomma prodotti spacciati per francesi ma che la Francia non hanno mai visto…o meglio: sono passati, a un certo punto della catena produttiva, dal Paese ma sono stati coltivati o cresciuti in un’altra parte del mondo. Anche solo un banale quanto fasullo “controllo visivo” sulla qualità del prodotto importato basta a fargli ottenere la dicitura “trasformato in”; a questo si aggiunga un nome “nostrano” per adescare il cliente e il gioco è fatto: “benché i nomi evochino il vostro paese e la tradizione, non sono altro che prodotti importati di qualità molto inferiore”.
La taroccatura del peso
Molto semplice: basta diminuire con astuzia il peso netto di un prodotto vendendolo però allo stesso prezzo e nella medesima confezione. Chi si accorgerà mai che quella marca di biscotti ha diminuito il peso della confezione da 15 frollini da 330g a 300g? Il prezzo in fondo non è cambiato…
Additivi, coloranti e aromi
“Nel vostro supermercato non esiste praticamente alcun prodotto alimentare che non contenga almeno uno, se non addirittura un intero, sapiente cocktail di additivi di ogni tipo”. Spesso la loro presenza non è indicata sulle etichette tra gli ingredienti perché sostituita dalla ben più rassicurante dicitura “coadiuvanti tecnologici”. La differenza tra l’una e l’altra sta semplicemente nel dosaggio: la quantità rimanente nel prodotto finito è molto più consistente per un additivo alimentare che per un coadiuvante tecnologico ma si tratta in entrambi i casi di non alimenti usati però nell’industria alimentare. Un bel paradosso.
Si tratta in effetti di sostanze riconosciute come cancerogene (nitriti, benzopirene), neurotossiche (solventi organici come l’esano) o allergizzanti (solfiti) ma che presentano innumerevoli vantaggi: stabilità chimica, intensità di colore e lunga conservazione e il cui utilizzo non è armonizzato a livello europeo; ciò significa che un determinato additivo può essere autorizzato in Germania ma non in Italia e viceversa, e anche il loro dosaggio massimo consentito cambia costantemente a seconda dei nuovi studi scientifici (e delle pressioni delle lobby).
Il fascino del packaging
“Quando si ha un prodotto da vendere, soprattutto se è di qualità mediocre o addirittura scadente e la concorrenza infuria, la cosa migliore da fare è curare la sua presentazione: la confezione”. E’ compito del reparto marketing fare in modo che il prodotto in questione abbia un aspetto irresistibile, una confezione scintillante, che emerga sulle decine di altre presenti sugli scaffali del supermercato e faccia immediatamente pensare al consumatore “lo voglio!”. Poco importa che poi il prodotto all’interno sia di pessima qualità, in questo caso l’abito fa il monaco e l’apparenza è tutto. Per questo una regola di base da tenere presente è evitare, quando si fa la spesa, quei prodotti con la confezione scintillante, con i colori chiassosi e le immagini patinate, con nomi inventati e troppo artificiosi: trattasi di puro e semplice fumo negli occhi.
Allungamento del TMC
Prima di tutto una distinzione tra la data di scadenza (ossia la data limite di consumo – “da consumarsi entro”-) e il termine minimo di conservazione o TMC (“da consumarsi preferibilmente entro”).
La prima indica un tempo piuttosto ravvicinato oltre il quale può diventare pericoloso (rischio di intossicazione) consumare quel determinato prodotto e vale essenzialmente per i cibi freschi come yogurt e formaggi che contengono naturalmente microrganismi. Si tratta di una data limite fissata dal produttore o regolata da una normativa precisa (ad esempio per il latte crudo): entro quei tempi consumare quel cibo non costituisce un pericolo a patto che la catena del freddo sia rispettata (cosa che non accade sempre soprattutto nel caso degli hard discount dove le merci vengono spesso lasciate a scaldarsi lungo le banchine di scarico) o che i prodotti non vengano illegalmente rietichettati per guadagnare un paio di giorni sulla data originaria di scadenza.
Il secondo (TMC) indica la scadenza oltre la quale il prodotto perde le sue “qualità specifiche”: significa che consumare quell’alimento non è pericoloso, semplicemente questi avrà perso di sapore o di vitamine, o di colore e così via. Rientrano in questa categoria tutti quei prodotti che si possono conservare per mesi o addirittura anni senza rischio di avvelenamento (legumi, biscotti, pasta…). Troppo facile in questo caso allungare oltre il ragionevole i tempi di conservazione di un determinato alimento dato che è difficile stabilire con criteri assoluti che esso si sia “sensibilmente deteriorato” nel giro di una settimana, un mese o un anno. Come si fa a sapere se quel vasetto di paprika ha superato da tempo il suo TMC? Se non è totalmente insapore o non ha cambiato colore passando da rosso a bruno, il consiglio è acquistare prodotti con la scadenza il più lontano possibile.
Le spezie: terreno minato
Il mondo delle spezie è quello in cui la truffa e il raggiro sono più facilmente perpetratili e meno smascherabili, soprattutto se parliamo di spezie in polvere. Sul banco degli imputati troviamo principalmente il peperoncino, il pepe, l’origano e lo zafferano. Triturare insieme alla spezia pura piante insapori simili all’originale (sommacco invece di origano), escrementi e peli di topo, pinheads (pepe privo del suo olio essenziale, residuo del processo di lavorazione) è un gioco da ragazzi se questa poltiglia viene diluita e mischiata con del prodotto di qualità in modo che i limiti di legge non vengano oltrepassati.
Come difendersi al supermercato
Alla luce delle rivelazioni di Brusset, sembrerebbe impossibile mangiare sano se non autoproducendo frutta e verdura. Non è così, per fare una spesa di qualità basta solo qualche accorgimento di base e molta attenzione. Ecco i consigli di Brusset:
1. Controllare le origini: il sistema di norme e controlli europei è il più rigoroso al mondo per cui è importante privilegiare sempre i prodotti locali (anche perché, tra l’altro, fa bene anche all’economia nazionale) ed evitare i prodotti con dicitura “extra UE”, un’origine geografica troppo vaga e indefinita per essere affidabile.
2. Evitare i primi prezzi: banalmente, la qualità costa.
3. Privilegiare le grandi marche: tra i primi prezzi, i prodotti a marchio del supermercato e le gradi marche solitamente queste ultime sono le più affidabili dal momento che l’emergere di uno scandalo per un’azienda leader sarebbe una catastrofe.
4. Evitare polveri e puree: come si è visto per le spezie è molto più facile nascondere le imperfezioni di un prodotto attraverso la sua trasformazione e più è minuscolo il risultato finale più alto è il rischio che si tratti di merce contraffatta.
5. Controllare bene la lista degli ingredienti e le etichettature: controllare sempre che si tratti di ingredienti naturali, con una composizione semplice e il minimo di additivi.
6. Controllare le confezioni e le date di scadenza: meglio i barattoli di vetro allo scatolame (banalmente non si vede all’interno e il materiale contiene vernici) e al cartone riciclato (è vero, fa bene al pianeta ma può contenere oli molto pericolosi).
7. Diffidare dei marchi di garanzia: il commercio “equo e solidale”, pur basandosi su ottimi principi, spesso viene sfruttato semplicemente per ottenere profitto da multinazionali che non hanno nessun interesse a promuovere un commercio sano e privo di intermediari. Il marchio di certificazione più serio e affidabile da questo punto di vista è Fairtrade.
Non resta che aggiungere… buona spesa (da oggi con un pizzico di consapevolezza in più)!
Cristophe Brusset
“Siete pazzi a mangiarlo!”
Piemme
14,37 euro
Serena Porchera