Viaggio nel mondo dell’insalata: sceglierla e cucinarla
Un nome generico per indicare una varietà infinita di verdure diverse: conosciamo meglio l’insalata, protagonista dell’estate e della cucina light ma con gusto
Col nome generico di “insalata” viene designato un mondo di varietà e tipologie di verdure completamente diverse tra loro. L’unico accorgimento da tenere presente per tutte le famiglie di insalata è che dopo l’acquisto in busta, una volta a casa, non va lasciata nella sua confezione. Per farla durare più a lungo trasferitela in una ciotola pulita, copritela con un panno umido e riponetela nel cassetto in basso del frigorifero. L’insalata certificata come biologica, sempre da preferire perché le foglie in generale sono molto porose, non viene trattata con concimi o additivi chimici, pertanto potete sottoporla ad un lavaggio meno accurato. Conosciamo meglio le varietà esistenti di insalata.
Cicorie
Le cicorie hanno un sapore leggermente amarognolo dovuto al contenuto di acido cicorico e svolgono un’azione stimolante sul fegato e le vie biliari. Le tipologie più consumate sono:
Pan di zucchero: i ceppi di pan di zucchero sono di colore verde chiaro e possono pesare fino a due chili. A completa maturazione, tutto il cespo imbianca. Le sue foglie grandi, carnose e molto resistenti, sono avvolte su se stesse. Possono essere staccate ad una ad una e poi tagliate a fette. Il prodotto è tendenzialmente una coltura autunnale con semine e/o trapianto nell’estate (luglio/agosto) mentre la raccolta avviene tra ottobre e dicembre.
Quando il pan di zucchero è bello croccante e non appassito può essere conservato in frigo o in un locale fresco anche per diversi giorni. Questo tipo di cicoria si può mangiare quando è tenera e fresca, cruda in insalata, oppure cotta nell’acqua salata, scolata e condita con olio e limone. Ottima anche saltata in padella!
Indivia belga: a foglie bianche e sottili, si caratterizza per il torsolo centrale piuttosto duro. E’ ideale nelle diete ipocaloriche perché sazia con poche calorie specie se consumata cruda come antipasto. In generale però i suoi utilizzi in cucina sono molti e vari: oltre che in insalata a crudo (magari abbinata a mele e agrumi) è ottima saltata in padella con pinoli e un filo d’olio, nelle zuppe e nelle torte salate.
Al momento dell’acquisto, sceglietela priva di macchie scure, con la punta fresca e le foglie ben chiuse: l’aspetto deve essere quello di un grosso sigaro compatto.
Noi vi consigliamo di provarla così: Tofu e Indivia all’arancia.
Radicchio: si distingue per il caratteristico color porpora. Può essere di Verona (tondeggiante) o di Treviso (a foglie allungate e coste bianche, anche detto Spadone) mentre particolarmente pregiato è il radicchio rosso di Chioggia. Il radicchio rosso viene utilizzato crudo (particolarmente nelle misticanze), per arricchire e dare colore a insalate miste e cotto, soprattutto come condimento per il risotto; in realtà, però, è piuttosto versatile e può essere utilizzato in molte altre preparazioni (tenendo presente le differenze tra tipologie): il radicchio di Verona, per la sua forma allungata ma compatta, costituisce un prodotto ideale da grigliare, mentre il tardivo di Treviso è un ingrediente fondamentale per i primi piatti tradizionali della zona. In generale i radicchi cotti vengono sbollentati o saltati in padella con olio, sale, limone o aglio.
Una varietà a parte è il cosiddetto radicchio variegato, un ortaggio di color verde-giallognolo puntinato in rosso-violaceo avente il cespo aperto; quello più noto e riconosciuto è di Castelfranco. Il radicchio variegato di Castelfranco è ottenuto dall’incrocio tra il rosso di Treviso e l’indivia scarola.
Noi vi consigliamo di provarlo così: Fusilli di mais con radicchio e mandorle.
Catalogna: conosciuta anche come cicoria asparago, è un tipo di cicoria coltivata soprattutto in Veneto e nel Lazio durante il periodo autunnale.
La catalogna si consuma tendenzialmente cotta: come prima cosa occorre togliere le foglie esterne se appassite o rovinate. Quindi eliminate la base e tagliate le foglie a pezzi, anche grandi e sciacquatela sotto l’acqua corrente, muovendo la verdura con le mani in modo da rimuovere tutta la terra presente. La preparazione più facile prevede che la catalogna venga immersa nell’acqua fredda, portata a ebollizione e lasciata cuocere per circa 15 minuti. Dopo averla scolata bene, gustatela condita con poco olio evo, un po’ di succo di limone, aglio tritato finemente, poco sale e qualche cappero.
Una delle varietà più conosciute e diffuse in Italia è la catalogna di Chioggia, caratterizzata da coste large e bianche con le tipiche foglie dentellate. Mentre la catalogna di Gaeta, laziale, è caratterizzata da foglie frastagliate con gambi un po’ più lunghi. Infine, la catalogna del Veneto non ha le foglie frastagliate e possiede coste bianche.
Noi vi consigliamo di provarla così: Catalogna e alghe dulse.
Indivie
Le indivie si distinguono in due varietà:
Indivia riccia: pianta rustica facilmente riconoscibile per le sue caratteristiche foglie crespate ed assai frastagliate ed il suo retrogusto amarognolo. Fra le varietà in commercio troviamo la Ducale, l’Ascolana, la Dorana, quella di Rufec, la Samoa. Già conosciuta dagli Egiziani e utilizzata come farmaco, l’indivia riccia si può consumare sia cruda che cotta. Preparare l’indivia riccia ripassata è piuttosto semplice: dopo averla lessata e scolata vi basterà farla insaporire in padella con olio, aglio, peperoncino e, a piacimento, con dell’uvetta sultanina precedentemente messa in ammollo o dei pinoli tostati.
Scarola: caratterizzata da foglie larghe, lisce, dai bordi lievemente frastagliati, molto apprezzata per la sua consistenza croccante. Fra le tipologie piú note ci sono la Fiorentina, la Sardana, la Tarquinis e la Belga. La scarola è molto più ricca, rispetto all’indivia, di cellulosa, clorofilla e vitamina E, caratteristiche che la rendono meno digeribile. Il destino dell’insalata scarola è proprio quello di essere mangiata: il suo stesso nome infatti deriva dal latino “escarius” ovvero “commestibile”. Nella sua versione cruda, questo tipo di insalata a cespo non è particolarmente saporita ma rimane comunque un’alternativa leggerissima e originale da proporre al posto della solita lattuga! Ma basta un “giro” in padella e la scarola si trasforma come ben sanno a Napoli: tradizionale piatto natalizio napoletano è infatti la pizza di scarola, un rustico da consumarsi sia freddo che caldo. Viene preparato con un ripieno di scarola soffritta in olio con aglio, olive nere di Gaeta, capperi, pinoli, uva passa, il tutto in una pasta salata semplicemente fatta di farina, acqua e lievito.
Noi vi consigliamo di provarla così: Focaccia con scarola e noci.
Lattughe
Le lattughe si differenziano a seconda della forma e della tipologia di foglia: la lattuga a cappuccio è quella più diffusa, di forma rotonda e dalle foglie molto grandi, larghe e rugose. La lattuga da taglio, a costa lunga, è croccante, dotata di foglie molto allungate e viene detta anche lattuga romana, Pasqualina, Ricciolina, Lollo. La lattuga a foglia riccia o ondulata si caratterizza appunto per i margini arricciati delle sue foglie racchiuse in un cespo morbido; fra le denominazioni più diffuse troviamo Gentilina o Gentile, Batavia, Foglia di quercia verde e rossa.
Di bassissimo contenuto calorico, la lattuga è una miniera di vitamina K, importante per sangue e ossa. Contribuisce al buon funzionamento del sistema nervoso ed espleta un’azione rinfrescante, emolliente e depurativa (per questo si consuma preferibilmente d’estate). E’ inoltre ricca di potassio ed è ottima per gli ipertesi.
La lattuga viene consumata principalmente cruda se le foglie sono fresche e giovani, ma può anche essere bollita o stufata. A differenza della cicoria o del radicchio dal sapore amarognolo, la lattuga ha una tendenza dolce.
Le lattughe più consumate per la loro consistenza croccante sono:
Trocadero: il cespo si presenta compatto, con foglie alle volte anche leggermente bollose (come quelle del basilico), di dimensioni medio-grandi e di colore quasi completamente verde; solo la parte interna è croccante. È un ortaggio molto deperibile e quindi va consumato fresco e in giornata.
Iceberg: ha una forma rotonda, dalle foglie molto larghe, concave e rugose, e dalla consistenza croccante. È il tipo di lattuga più utilizzato in cucina per le guarnizioni, e, dato che resiste anche al calore, è spesso utilizzata nella preparazione dei toast e dei panini.
Noi vi consigliamo di provarla così: Insalata di lattuga, ceci e carote.
Erbe di campo
Tra le erbe selvatiche di campo, quelle cioè che crescono spontaneamente le più famose sono:
Songino (Valerianella Locusta): insalata di piccole dimensioni, il songino si presenta di colore verde brillante, con foglie carnose, morbide, dolci, delicate e di forma leggermente allungata raggruppate in tanti piccoli cespi. Il songino è presente tutto l’anno – anche se il periodo migliore per la sua crescita è tra giugno e agosto -, e si può trovare anche in prati e terreni dalla composizione più sabbiosa. Si consuma crudo per apprezzarne appieno le proprietà nutritive: è infatti ricco di vitamina A, B, C e sali minerali come potassio, ferro e fosforo.
Noi vi consigliamo di provarlo così: Plumcake vegano al soncino.
Rucola (Eruca Sativa): è pianta rustica e selvatica, dalle foglie frastagliate e allungate, che si distingue per il suo sapore amaro e pungente. Oltre che al classico utilizzo in insalata (ad esempio con limone e mais ma anche nella misticanza) si può condire la pastasciutta con un speciale pesto alla genovese a base di rucola. Il condimento viene ottenuto seguendo la classica ricetta per il pesto alla genovese, soltanto che si sostituisce, totalmente o in parte, il basilico con le foglie di rucola.
Non tutti sanno che la rucola ha una storia molto antica. Già ai tempi dei Romani, trovava impiego come ingrediente aromatizzante per i cibi, ma anche come presunta sostanza afrodisiaca; la sua coltivazione si è sviluppata in tutta l’area del Mediterraneo e nell’Asia centro-occidentale. Al giorno d’oggi, viene abbondantemente coltivata in Veneto, ma anche nel nord Europa, nel nord America ed in India.
Noi vi consigliamo di provarla così: Gnocchi in salsa vegana di rucola.
Fiori
I fiori non hanno solo scopi decorativi di abbellimento e profumazione delle nostre case e giardini ma possono essere consumati freschi o essiccati nella dieta giornaliera, basta solo sapere quali sono quelli commestibili. I fiori commestibili infatti sono ricchi di proteine, vitamine e oli essenziali, possono essere utilizzati nella preparazione di dolci, insalate, decotti e sciroppi benefici.
Insalatine croccanti e mix di fiori dai mille colori come nella tavolozza di un pittore, gerani odorosi nei dessert e nei dolci al cucchiaio, fiori di begonia nascosti in sorbetti, gelati e dolci freschi estivi…sbizzarritevi a creare meraviglie culinarie con i fiori. Classici come quelli di zucca oppure particolari come borragine, tarassaco, malva, sambuco, lavanda, rose, margherite e viole. Da utilizzare in insalate, tisane, cocktails, risotti, ma anche nei secondi come contorno: aggiungere fiori nei piatti può servire a dare colore, sapore e fantasia.
Misticanza
Uno dei contorni classici della cucina romana è la misticanza, all’apparenza semplice e banale, ma gustoso e salutare. Si tratta di verdurina di campo mista mescolata insieme per dare vita a un insieme di sapori unici, immancabili la domenica a pranzo sulla tavola di chi, a fine pasto, non poteva farsi mancare qualcosa per “sciacquare” la bocca e alleggerire lo stomaco. Quali erbe occorrono per comporre la misticanza? La lista è lunga: indivia, rucola o rughetta, crescione, pimpinella, cicoria selvatica, finocchio selvatico, erbanoce, caccialepre, cresta di gallo, porcellana, tarassaco, erba stella, portulaca, raperonzolo, crespigno, minutina, papala (papavero), barba di frate, cerfoglio, orecchio d’asino.
Il termine “misticanza” si ispira infatti proprio al concetto di mescolanza, riferendosi all’unione di differenti tipi di verdure servite crude.
Trovare la vera misticanza, anche nei ristoranti, oggi è molto difficile: pochi sanno riconoscere e abbinare le varietà di erbe richieste dalla ricetta ed alcune di esse sono difficile da trovare. Se mai vi capiterà però di assaggiare la vera misticanza ricordate di consumarla condita con olio, sale e aceto e niente più, nel rispetto della tradizione.
Serena Porchera