Corte di Giustizia Europea: sì alla “bistecca vegana”, nessun impedimento per la dicitura dei prodotti
Pronunciamento storico e molto sensato da parte dell’Europa sul caso francese ma ora anche gli altri paesi europei, Italia compresa, dovranno adeguarsi.
“Bistecche” e “salsicce”, “cotolette” e “polpette”: secondo il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea, interrogata su uno specifico caso francese, i prodotti di origine vegetale che imitano o richiamano quelli di origine animale potranno chiamarsi come vogliono, compreso scegliere nomi che fanno riferimento agli omologhi “classici”.
Questo significa che secondo la Corte di Giustizia”qualora non abbia adottato delle denominazioni legali, uno Stato membro non può impedire, mediante un divieto generale e astratto, ai produttori di alimenti a base di proteine vegetali di adempiere, mediante l’utilizzo di denominazioni usuali o di denominazioni descrittive, l’obbligo di indicare la denominazione di tali alimenti”.
Insomma: una volta che sulle confezioni e nelle etichette sarà chiaro che cosa contiene quel prodotto vegetale, i consumatori potranno riconoscerlo anche come “bistecca di soia” senza che uno Stato dell’Unione possa obbligare i produttori a cambiargli nome. Compresa l’Italia che il luglio scorso, dentro la legge sulla carne coltivata, ha inserito anche la norma che impediva il meat sounding e che ora, di fatto, è inapplicabile dato che la legislazione europea prevale su quella dei singoli stati membri. Va anche chiarito che la legislazione sui nomi dei prodotti plant-based voluta dal Governo era già stata in parte messa da parte e inapplicata dopo che la voce del gruppo prodotti a base vegetale di Unione italiana food aveva segnalato con forza al Ministro il danno che la filiera ne avrebbe avuto. E va anche tento presente che di questa filiera fanno parte colossi che producono anche carne, come Amadori, per esempio, oppure aziende storiche e fortissime come Valsoia o, ancora, Granarolo e Nestlé.
“Garantendo chiarezza nell’etichettatura degli alimenti, possiamo promuovere le alternative a base vegetale e lavorare per raggiungere gli obiettivi ambientali, oltre a stimolare la competitività e l’innovazione dell’UE”, ha dichiarato Rafael Pinto, responsabile delle politiche dell’UE presso l’Unione Vegetariana Europea, in un comunicato stampa in cui si commenta la sentenza.
La Corte Europea si è pronunciata quindi venerdì 4 ottobre 2024 dopo un quesito specifico sottoposto da un gruppo di produttori di proteine vegetali francesi che si erano appellati contro un decreto della loro nazione contro il meat sounding. Ora la Corte, quindi, fa chiarezza ed elimina gli impedimenti a favore di un’etichettatura sensata. Inoltre restituisce ai consumatori lo scettro del comprendonio: difficile scambiare un burger vegetale con uno di carne animale, anche se si chiamano nello stesso modo e questo era chiaro anche prima del pronunciamento.
Un sondaggio condotto da YouGov e commissionato dal Good Food Institute Europe (GFI Europe) rivelò nel luglio scorso che “la maggioranza dei consumatori italiani considera appropriati termini come “hamburger” e “latte” per i prodotti plant-based. Il 69% degli intervistati ritiene che questi termini siano adeguati per descrivere gli alimenti a base vegetale, mentre il 68% crede che le aziende debbano poterli utilizzare liberamente per le alternative vegetali ai prodotti di origine animale.